Aggiornamenti in pillole

La fatturazione elettronica – Tra ragioni e politiche e fiscali

«La fatturazione elettronica è un obiettivo faro dell’Agenda Digitale Europea poiché rappresenta una delle principali leve per diffondere la cultura digitale nel mondo delle imprese, efficientare i loro processi amministrativi e ridurre i costi di gestione».

Così ha esordito la relazione illustrativa al D.Lgs. n. 127 del 5 agosto 2015 che ha dato attuazione alle disposizioni in materia di fatturazione elettronica introdotte dalla Legge n. 23 dell’11 marzo 2014.

Ecco spiegate – almeno in parte – le ragioni che hanno indotto l’Italia ad aderire al percorso europeo fortemente indirizzato verso politiche comuni orientate verso un sempre maggiore e migliore sfruttamento delle c.d. TIC (Tecnologie dell’Informazione e Comunicazione)[1].

Certo è che nemmeno posso essere tralasciate (o rimosse dal pubblico dibattito) le peculiarità del “sistema Italia” che spiegano sotto un altro punto di osservazione la politica di casa nostra sia stata addirittura indotta a bruciare le tappe di quel percorso che i partner avvieranno da qui ai prossimi anni.

Ed ecco allora che il livello di evasione, elusione, abuso delle norme tributarie raggiunto in Italia spiega – per un’altra parte – l’introduzione della fatturazione elettronica.

Quello che è certo però è il sentimento comune dei cittadini: scetticismo, diffidenza e fastidio verso uno strumento, la fattura elettronica, vissuto non come opportunità della modernità ma ennesimo aggravio burocratico alla vita quotidiana e mezzo pervasivo di controllo su chi “lavora e paga le tasse”.

Resta e su questo dobbiamo concentrare il nostro sforzo di comprensione che l’intento del legislatore, almeno sulla carta, e stato quello di far compiere all’Italia anche grazie alla fattura elettronica un primo passo verso quella digitalizzazione delle imprese e dei professionisti che sembra essere, almeno questa è la speranza, la via obbligata per rendere il nostro mercato (sia interno che comunitario) via via più competitivo a livello globale.

Pertanto, lo strumento che per molti cittadini sembra essere il “mostro” da sconfiggere, se considerato in prospettiva – quali, tra le tante, il sensibile snellimento dei procedimenti interni delle imprese e la dematerializzazione dei documenti (fatture) – dovrà condurre imprese e professionisti non solo verso la nuova Era digitale ma anche ad efficientamento della gestione delle proprie attività amministrative.

Come accennato, l’altro aspetto di non poco conto che ha spinto il legislatore italiano ad accogliere entro i confini la fattura elettronica è il persistente tentativo di contrastare, o almeno ridurre sensibilmente, l’evasione fiscale.

È bene tenere sempre a mente che il tax gap Iva [2]del nostro paese è di circa 35 miliardi di Euro all’anno[3], mentre è meno conosciuta la sua composizione: circa 2 miliardi di Euro derivanti da evasione con consenso, 25 miliardi di Euro per truffe ed evasione senza consenso e circa 8 miliardi di Euro derivanti da omesso versamento.

Tutti questi numeri hanno portato il legislatore italiano, in deroga a quanto previsto dalla Direttiva 2006/112/CE[4], a introdurre la fattura elettronica dal 1 gennaio 2019 verso tutti i soggetti passivi IVA[5].

Salta subito all’occhio il regime delle esclusioni dall’obbligo e il numero delle deroghe[6]che determinano vistose ed irragionevoli differenze di trattamento a parità di condizioni professionali ed imprenditoriali.

È il caso infatti di ricordare che, in ambito di operazioni così dette  B2B e B2C[7], sono esonerati dall’obbligo di fatturazione elettronica: i soggetti non residenti o non stabiliti sul territorio nazionale, gli operatori sanitari[8][9]e le farmacie, le ASD[10], determinati produttori agricoli[11]ed in generale tutti i contribuenti passivi Iva che hanno optato per regimi di vantaggio (D.L. n. 98/2011) o regimi forfettari (D.L. n. 190/2014).

Se la ratio sottostante l’introduzione della fattura elettronica è senza ombra di dubbio più che meritevole, non si possono però nascondere i notevoli disagi “intertemporali” che ancora oggi stanno subendo i contribuenti obbligatoriamente “catapultati” nel mondo digitale.

Primo tra tutti è quello relativo ai costi-tempo[12]: tutti i soggetti passivi Iva hanno dovuto e dovranno dotarsi di software per gestire la fatturazione o abbonarsi a portali online che forniscono il sistema o ancora appoggiarsi ad un terzo professionista.

Chiaramente tutti questi costi hanno un valore economico che inciderà sui ricavi e sulle attività dei contribuenti che oggi sopportano sovrabbondanti oneri, economici e non, relativi ai vari pesi fiscali, burocratici e contabili[13].

Ad onor del vero va riconosciuto anche il tentativo dell’Agenzia delle Entrate che nell’ottica della c.d. tax compliance[14], sta cercando di mettere a disposizione (e anche a punto…) non solo servizi di informazione ma ha anche software gratuiti che possono essere utilizzati dai cittadini per l’emissione e la trasmissione delle e-fatture.

Più nel dettaglio, l’Agenzia delle Entrate ha reso gratuitamente disponibili una procedura web, un’applicazione utilizzabile da dispositivi mobile (denominata “Fatturae” disponibile sia per i supporti iOS e Android) e un software da installare su PC[15].

È senza dubbio apprezzabile lo sforzo dell’Agenzia nel predisporre i software.Ma nemmeno si può ignorare che ad oggi tali strumenti siano inadeguati – ad es. per il poco spazio di memorizzazione dei files – ed utili al più per quelle realtà produttive o professionali che emettono qualche decina di fatture all’anno.

Uno degli aspetti più problematici riguarda senz’altro l’obbligatorietà e unicità del formato di trasmissione della e-fattura che ad ora è solo quello Xml[16].

A tale inconveniente pare si sia rimediato se risulterà effettivo il recepimento, dal 18 aprile 2019, della Direttiva n. 2014/55[17]che impone al Sistema di Interscambio (c.d. SDI) di ricevere anche formati diversi secondo gli standard europei.

In ogni caso, l’adozione di nuovi formati sembra costituire l’opportunità di un linguaggio univoco tra il fornitore e il cliente. Questo linguaggio unico aprirebbe nuovi orizzonti di semplificazione e integrazione tra sistemi che fino al 2019 non erano immaginabili[18].

Insomma, la fattura elettronica è di certo uno strumento rivoluzionario che, come per qualsiasi rivoluzione-innovazione, porta con sé sia pro che contro.

Lungi dal voler giungere a conclusioni affrettate, sarà il tempo a “parlare” ma, indubbiamente, vi saranno, come in effetti vi sono state, problematicità di natura pratica derivanti dalla novità dello strumento.

Proprio per questo induce ad affermare che sarebbe stato opportuno e doveroso che il Legislatore avesse introdotto un più lungo periodo transitorio di “adattamento” allo strumento senza l’applicazione di sanzioni perlomeno per le violazioni di evidente lievità.

Quel che è certo è che giunto il momento – soprattutto per i “professionisti della legge” da sempre restii a tutto ciò che è tecnologico – di approcciare gli strumenti digitali (tra i quali la e-fattura sembra addirittura essere uno dei più marginali) come un una opportunità di rilancio e di sviluppo della professione magari abbandonando un po’ di “carta” a sicuro vantaggio della produttività e della professionalità.

avv. Mario Martelli
avv. Giovanni Caliceti

[1]Una delle sette iniziative “Faro” di Europa 2020 è lo sviluppo di un mercato unico digitale che sfrutta il potenziale della tecnologia per favorire innovazione, progresso e crescita economica

[2]Cfr. “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale contributiva anno 2018” redatta e validata in data 19 settembre 2018 dalla Commissione instituita ad hocdal MEF con Decreto Ministeriale del 28 aprile 2019.

[3]Il gapin valore oscilla in un intervallo tra i 34,8 miliardi (2013) e 36,7 miliardi (2011). Nel 2015, il gapIVA è diminuito di poco più di 1,6 miliardi rispetto a quello stimato per il 2014 che era pari a 36,5 miliardi. Mentre nel 2016 l’ammontare del gapIVA è stato di circa 34,9 miliardi, quasi invariato rispetto all’anno precedente.

[4]Gli artt. 218 e 232 della Direttiva 2006/112/CE non prevedono espressamente l’introduzione generalizzata della fattura elettronica, in quanto la stessa può essere trasmessa solo “previo accordo con il destinatario”.

[5]Si veda la “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale contributiva anno 2018” del 19 settembre 2018 in cui si precisa che: «L’attitudine dei contribuenti ad omettere la dichiarazione dell’IVA dovuta è pari al 22% dell’imposta potenziale nel 2011. Tale valore è il più elevato del periodo in esame e tra le cause che possono averlo condizionato un ruolo potrebbe essere stato svolto dall’acuirsi della crisi economica, aggravatasi nell’ultima parte dell’anno, che ha generato un clima di particolare incertezza tra i contribuenti. Inoltre, l’incremento dell’aliquota ordinaria, disposto a partire dal settembre dello stesso anno, potrebbe aver ulteriormente contribuito a deprimere tale compliance. Il gap presenta una tendenza decrescente negli anni successivi, attestandosi al 19,5% nel 2016».

[6]Almeno per tutto il periodo d’imposta 2019.

[7]Si veda “Fattura Elettronica, l’ABC per capire la rivoluzione scattata il 1° gennaio” di Alessandro Mastromatteo e Benedetto Santacroce, in “Il Sole 24 Ore” del 2 gennaio 2019: «L’obbligo di fatturazione elettronica riguarda la certificazione fiscale delle operazioni intercorse tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio nazionale, comprendendovi quindi non solo le cessioni di beni e le prestazioni di servizi realizzate nei confronti di soggetti passivi Iva (B2B: business to business) ma anche verso i consumatori finali (B2C: business to consumer). La gestione verso questi ultimi è stata semplificata per evitare che il consumatore finale debba prendersi un indirizzo telematico di posta elettronica certificata (Pec) destinatario o un Codice destinatario e per evitare che debba dotarsi di strumenti elettronici per ricevere la fattura».

[8]L’art. 10-bis del D.L. n. 119/2018, per il solo periodo d’imposta 2019, ha escluso dall’obbligo di fatturazione elettronica anche i soggetti che non sono tenuti all’invio dei dati al sistema TS.

Prima dell’intervento del c.d. Decreto Semplificazioni (D.L. n. 135/2018) erano esonerati solo medici e farmacie.

[9]I medici non sono però esonerati per le prestazioni non direttamente ricollegabili ad un paziente (es. per le prestazioni nei confronti della casa di cura il medico dovrà emettere la fattura elettronica).

[10]Sono esonerate le ASD che hanno optato per il regime forfettario (D.L. n. 398/1991) e che hanno conseguito nel periodo di imposta precedente un fatturato non superiore ad € 65.000

[11]Sono esonerati dall’emissione di fattura elettronica i produttori agricoli di cui all’art. 34, comma 6 del DPR 633/1972.

[12]PMI e piccoli professionisti saranno, probabilmente, i più colpiti a causa della minima, o inesistente, organizzazione interna.

[13]Attualmente il processo di fatturazione è semplificato – minor numero di elementi informativi da inserire – per le operazioni inferiori ad €100,00 ma pare che, per rendere pù agevoli gli adempimenti tributari, tale importo verrà innalzato ad € 400,00.

[14]La tax compliance, cioè l’adempimento spontaneo agli obblighi tributari da parte del contribuente, rappresenta la missionprincipale dell’Agenzia delle entrate, da raggiungere attraverso un’azione di prevenzione e contrasto all’evasione fiscale selettiva ed efficace ed una sempre maggiore qualità dei servizi d’informazione e assistenza offerta ai contribuenti.

[15]Cfr. Provvedimento Agenzia delle Entrate del 30 aprile 2019, pag. 11 e 12.

[16]Così come previsto dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 30 aprile 2018 la fattura trasmessa in un formato diverso da quello prestabilito (.Xml) si considera come non emessa con conseguenti sanzioni.

[17]Cfr. Direttiva 2014/55/UE del 16 aprile 2014: «È probabile che in futuro questi ostacoli al commercio interno dell’Unione aumentino a seguito dell’adozione di ulteriori norme nazionali e proprietarie non interoperabili, nonché della crescente diffusione o dell’introduzione obbligatoria negli Stati membri dell’utilizzo della fatturazione elettronica negli appalti pubblici.

È opportuno rimuovere o ridurre gli ostacoli al commercio transfrontaliero dovuti alla coesistenza di una pluralità di requisiti giuridici e norme tecniche sulla fatturazione elettronica e alla mancanza di interoperabilità. Per conseguire tale obiettivo, dovrebbe essere elaborata una norma europea comune per il modello semantico dei dati degli elementi essenziali di una fattura elettronica («norma europea sulla fatturazione elettronica»). La norma dovrebbe definire gli elementi di base che una fattura elettronica deve sempre contenere, consentendo in tal modo l’invio e la ricezione delle fatture elettroniche tra sistemi che si basano su norme tecniche diverse. Le norme tecniche nazionali esistenti, purché non siano in conflitto con questa norma europea, non dovrebbero essere sostituite né limitate nell’uso da tale norma e dovrebbe essere ancora possibile continuare ad applicarle parallelamente alla norma europea».

[18]Si veda “Fattura Elettronica, l’ABC per capire la rivoluzione scattata il 1° gennaio” di Alessandro Mastromatteo e Benedetto Santacroce, in “Il Sole 24 Ore” del 2 gennaio 2019.

Informazioni sull'autore

Mario Martelli

Informazioni sull'autore

Giovanni Caliceti