Attività del Consiglio Pareri deontologici e ordinamentali

Parere in materia deontologica sulla sussistenza di incompatibilità dell’incarico avverso una parte già assistita

È stato chiesto parere deontologico riguardo alla sussistenza di incompatibilità per l’avvocato nell’assunzione del mandato contro una parte già, in precedenza, assistita.

La questione può essere riassunta nei termini che seguono.

L’Avvocato richiedente riferisce di avere assunto alla fine del mese di marzo del corrente anno, il mandato da parte della signora X e del signor Y (moglie e marito), relativamente ad una questione avente ad oggetto i rapporti tra loro ed un vicino confinante, il signor Mevio, circa un immobile sito nel Comune di Altoreno Terme.

La signora X ed il signor Mevio, lontani parenti, sono divenuti nel 1988 proprietari dell’immobile ciascuno per una porzione, con parti comuni. Nel 2012 si sono rivolti insieme ad un legale (collega che condivide le spese di studio con la Richiedente ma in assenza di alcuna forma di associazione) per la proposizione di domande di usucapione di alcuni terreni dagli stessi utilizzati ma non attinenti a quelli adiacenti all’immobile predetto. Le cause di usucapione sono state due: una promossa dal signor Mevio conclusasi con sentenza nell’anno 2014, l’altra dalla signora X che ha visto l’intervento del signor Mevio e si è conclusa nell’anno 2016. L’intervento volontario adesivo svolto dal signor Mevio è avvenuto con l’assistenza nel 2014 della Collega richiedente.

Entrambe le sentenze dei due procedimenti sono passate in giudicato per assenza di proposizione di impugnativa ed i rapporti tra la Collega ed il signor Mevio sono cessati con la comunicazione della sentenza nell’anno 2016.

La signora X d il signor Y si sono rivolti alla Collega al fine di verificare la possibilità di comporre le questioni insorte con il signor Mevio relativamente alle parti comuni dell’immobile sito nel Comune di Altoreno.

L’Avvocato evidenzia che, non solo trattasi di questione avente ad oggetto proprietà diverse dai terreni di cui all’azione di usucapione radicata nel 2013 e intervento nel 2014, ma non ha neppure avuto mai alcuna informazione e/o notizia circa la proprietà, l’uso o quant’altro attinenti alle case di cui oggi discutono, in occasione del mandato ricevuto dal signor Mevio nell’anno 2014.

L’Avvocato, avendo ricevuto comunicazione via e-mail del nuovo collega che assiste il signor Mevio con richiesta di astenersi dalla difesa della signora X nei confronti del signor Mevio, essendo stata in passato patrocinatrice del signor Mevio, manifestando l’intenzione di adempiere ai propri doveri deontologici, ha chiesto al Consiglio dell’Ordine i seguenti pareri:

Sussiste elemento di incompatibilità per la scrivente, nel rispetto dei doveri deontologici, nell’assunzione del mandato da parte della signora X per lo svolgimento di azione possessoria nei confronti del signor Mevio per i fatti attinenti alle chiusure dell’accesso all’area comune? Sussiste elemento di incompatibilità per la scrivente, nel rispetto dei doveri deontologici, l’assunzione del mandato da parte della signora X, nei confronti del signor Mevio per lo svolgimento di azione di mediazione volta alla disciplina dell’area comune (corte comune) antistante alla casa…oggetto di attuali contestazioni? Sussiste elemento di incompatibilità per la scrivente, nel rispetto dei doveri deontologici, l’assunzione del mandato da parte del signor Y nei confronti del signor Mevio, per lo svolgimento di azione di tutela quanto ai beni mobili di sua proprietà non più presenti nel vano scale comune e di mediazione quanto alle questioni poste da controparte relativamente alle opere di intervento nella casa sita in comune di Altoreno Terme nel corso della riunione (non svolta in mia presenza) di dicembre 2022?

Il quesito attiene all’assunzione di incarichi contro una parte già assistita.

 Il codice deontologico forense (“c.d.f.”) prevede all’art. 68 che:

  1. L’avvocato può assumere un incarico professionale contro una parte già assistita solo quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale.
  2. L’avvocato non deve assumere un incarico professionale contro una parte già assistita quando l’oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza.
  3. In ogni caso, è fatto divieto all’avvocato di utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito.
  4. L’avvocato che abbia assistito congiuntamente coniugi o conviventi in controversie di natura familiare deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno di essi in controversie successive tra i medesimi.
  5. L’avvocato che abbia assistito il minore in controversie familiari deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno dei genitori in successive controversie aventi la medesima natura e viceversa.
  6. La violazione dei divieti di cui ai commi 1 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione da due a sei mesi. La violazione dei doveri e divieti di cui ai commi 2,3 e 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.”

La ratio della disposizione deontologica predetta va ricercata nella tutela dell’immagine della professione forense, ritenendosi che non sia decoroso né opportuno che un avvocato muti troppo rapidamente cliente, passando nel campo avverso senza un adeguato intervallo temporale (ex pluribus CNF sent. 43 del 25.02.20).

L’avvocato non può né deve assumere un incarico professionale contro una parte già assistita, se non dopo il decorso di almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale (comma 1), ma anche dopo tale termine deve comunque astenersi dall’utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito (comma 3). Peraltro, il divieto de quo non è soggetto ad alcun limite temporale se l’oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza (comma 2), ovvero quando dovesse assistere un coniuge o convivente more uxorio contro l’altro dopo averli assistiti congiuntamente in controversie di natura familiare (comma 4), ovvero ancora quando abbia assistito il minore in controversie familiari e poi dovesse assistere uno dei genitori in successive controversie aventi la medesima natura o viceversa (comma 4) (CNF pres. f.f. Melogli, rel. Di Maggio, sent. n. 142 del 17.07.21).

Per completezza, si rammenta l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, che trova conferma in numerose decisioni della Corte (ad es. Cass. Civ. S.U. 20.05.2014 n.11024) in forza del quale l’avvocato che accetti incarichi professionali contro l’ex cliente prima che sia decorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto viola l’art.51 (oggi 68) del codice deontologico.

L’assunzione di un incarico contro un ex-cliente è ammessa quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale e l’oggetto del nuovo incarico sia estraneo a quello espletato in precedenza. Tali condizioni devono ricorrere congiuntamente. (CNF pres. Masi, rel. Bertollini, sent.n. 139 del 7.07.21)

Il divieto di assumere l’incarico nei confronti dell’ex cliente (art. 68 cdf, già art. 51 codice previgente), prescinde dalla natura giudiziale o stragiudiziale dell’attività prestata a favore di quest’ultimo, giacché è sufficiente una prestazione professionale nella più ampia definizione di assistenza, così come è irrilevante il motivo per il quale la dismissione del mandato sia avvenuta, ossia per revoca o rinuncia (CNF pres. Masi, rel. Melogli, sent.176 del 17.10.2022).

Per i motivi sopra esposti, alla luce di quanto illustrato dal Collega, in considerazione del lasso di tempo trascorso tra la cessazione del mandato (2016) e l’assunzione del nuovo incarico (2023), della diversità del petitum e dello scaturire dello stesso da un rapporto diverso, si ritiene di poter dare una risposta positiva circa la possibilità di mantenere il mandato conferitole dalla signora X nei confronti del signor Mevio.

Ciò detto circa il quesito, ci corre infine l’obbligo di precisare che:

  • con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;
  • ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tanto meno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;
  • pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.

Informazioni sull'autore

Redazione