Aggiornamenti in pillole

Bologna, una delle sedi designate dell’E.P.P.O.

EPPO è l’acronimo inglese di European Public Prosecutor’s Office. Indica la Procura Europea, diventata operativa il 1 giugno di quest’anno. E Bologna è tra le sedi italiane prescelte per l’insediamento di due Procuratori Europei. Attualmente parrebbe insediato un unico Procuratore, nella sede individuata dalla Peocura di Bologna, quella dell’ex Giudice di Pace, in Via Barontini.

Cenni storici

La proposta presentata dalla Commissione europea per istituire la Procura europea risale al 2013.  Per essere adottata, doveva essere approvata all’unanimità dal Consiglio e ottenere l’approvazione del Parlamento europeo. Dopo oltre tre anni di negoziati, il Consiglio non è riuscito a raggiungere un accordo unanime sulla proposta e prendendo atto dell’assenza di unanimità, nel febbraio 2017 ha confermato l’esistenza progettuale di questa istituzione di cooperazione rafforzata. Nell’ottobre 2017 il Consiglio ha adottato il regolamento EPPO, che è entrato in vigore il 20 novembre 2017 (2017/1939), con una iniziale adesione di 18 Stati membri:  Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica ceca, Estonia, Germania, Grecia, Spagna, Finlandia, Francia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Portogallo, Romania, Slovenia e Slovacchia, ai quali immediatamente si sono uniti Austria ed Italia. L’EPPO viene individuato come l’autorità che, a talune condizioni, si incaricherà di indagare e perseguire reati di frode ai danni dell’UE e altri reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione: viene pertanto pensato per convergere gli sforzi di contrasto europei e nazionali al fine di combattere la frode ai danni dell’UE.

La struttura della Procura europea

La Procura europea è un “organo dell’Unione indivisibile che opera come un ufficio unico con struttura decentrata” (art. 8, Reg. UE). I suoi organi, assistiti dal personale dell’EPPO e da un Direttore amministrativo, possono essere così sinteticamente illustrati.

L’ Ufficio Centrale di EPPO,  che si trova in Lussemburgo, è guidato dal Procuratore Capo Europeo, la dott. Laura Codruța Kövesi ed è formato da un collegio di ventidue procuratori europei, ovvero da un procuratore per ogni stato che ha aderito ad EPPO.

Rappresenta l’Italia nel Collegio di EPPO in Lussemburgo il Dott. Danilo Ceccarelli, che riveste anche il ruolo di Vice Procuratore Capo Europeo. Un secondo livello è appunto rappresentato dalle sedi decentrate che si trovano in ciascun Stato aderente.

Nelle sedi decentrate EPPO opera attraverso procuratori europei delegati (PED) che sono magistrati che fisicamente rimangono nel territorio nazionale, ma delegati dalla Procura Europea.

L’Italia è lo Stato che ha maggiori PED rispetto agli altri Stati. Il Decreto Legislativo n. 9/2021, entrato in vigore il 6 febbraio di quest’anno, indica le norme che adattano l’ordinamento giuridico nazionale al Regolamento UE 2017/1939. Nonostante non fosse necessaria una normativa di adeguamento nazionale, in quanto il Regolamento, come tale, ha valore erga omnes direttamente negli Stati aderenti, è comunque stato necessario l’emanazione di un provvedimento legislativo di adeguamento in quanto la figura del PED (il procuratore europeo delegato) mancava nel nostro ordinamento giudiziario e quindi necessitavano norme che ne individuassero le regole per il funzionamento, oltre anche alla necessità di individuare come dovrà pervenire in EPPO la notizia criminis. Il D.Lgs  stabilisce che la competenza ad individuare i PED spetta al CSM (Consiglio Superiore della Magistratura). Il Decreto Ministeriale successivo del 15 Aprile 2021 ha avuto, conseguentemente, ad oggetto “la determinazione del contingente complessivo dei Procuratori europei delegati (PED) e le  individuazioni delle sedi di servizio”. Il Decreto ministeriale in questione prevede nello specifico venti unità complessive distribuite tra nove sedi di servizio che accorperanno due o tre distretti di Corte d’Appello ciascuno. Le sedi di servizio sono presso le Procure di Roma, Milano, Napoli, Bologna, Palermo, Venezia, Torino, Bari, Catanzaro.

Pertanto a livello nazionale le indagini saranno condotte dai PED organizzati in camere permanenti (composte da tre membri) con il compito di monitorare ed indirizzare le indagini adottando le decisioni operative.

La peculiarità di EPPO è data dal fatto che essa non è integralmente “altro” rispetto ai Paesi che vi aderiscono e nella cui organizzazione è funzionalmente inserita. L’obiettivo che intende perseguire è quello di concentrare in capo a un organico di magistrati specializzati, che rispondono esclusivamente ad EPPO, la cura delle indagini e dei processi relativi ai reati PIF. D’altro canto, però, grazie alla struttura decentrata, l’EPPO opera sulla base di una profonda conoscenza del sistema giudiziario e della lingua nazionale, nonché del sistema di iniziativa penale e delle prassi locali di svolgimento del processo. Non vi è infatti una procedura comune per le indagini dell’EPPO, dato che ogni Paese ricorrerà alle proprie regole nazionali. Infine, la competenza investigativa dell’EPPO si affianca e non si sostituisce a quella degli Stati aderenti: gli Stati non vengono spogliati del potere di indagare sui reati di competenza EPPO e tale potere si “riespande” ogni qual volta la Procura europea decide di non avviare indagini. Nel caso dell’Italia, il Procuratore generale presso la Cassazione è stato indicato quale autorità nazionale competente per la risoluzione dei contrasti di competenza tra l’EPPO e le procure nazionali, nonché per le determinazioni relative all’assunzione di procedimenti che l’EPPO ritenga di dismettere. Le determinazioni assunte dal Procuratore generale vengono, in ogni caso, comunicate al Ministro della giustizia (d.lgs. n. 9 del 2021).

Il Reg. UE (considerando 12) richiama i principi fondamentali sui cui si basa la creazione della Procura europea. Da un lato, l’obiettivo di combattere i reati PIF si ritiene possa essere meglio perseguito a livello dell’UE (principio di sussidiarietà). Dall’altro, il Reg. UE si limita a disporre quanto strettamente necessario per raggiungere tale fine e garantisce di incidere sugli ordinamenti giuridici e sulle strutture istituzionali degli Stati membri nella misura più contenuta possibile (in conformità al principio di proporzionalità).

Sul piano ordinamentale interno, le disposizioni più importanti sono quelle che definiscono lo status dei Procuratori europei (PE) e dei Procuratori europei delegati (PED). Il d.lgs. n. 9 del 2021 ha disciplinato nel dettaglio la procedura nazionale di designazione dei candidati e ha cercato di coordinare le norme UE con quelle che regolano lo status dei magistrati italiani. Tali disposizioni, comunque, vanno sempre lette e inquadrate nel contesto generale del Reg. UE. Per quanto riguarda invece lo status e la nomina del Procuratore Capo europeo si ricorda, per completezza (ex art. 14, Reg. UE), che il Procuratore Capo è nominato di comune accordo dal Parlamento europeo e dal Consiglio per un mandato non rinnovabile di 7 anni, partendo da una rosa di candidati stabilita da un comitato di selezione altamente qualificato. Il Procuratore Capo risponde delle attività generali dell’EPPO dinanzi al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione.  I due Sostituti del Procuratore Capo sono invece nominati dal Collegio EPPO tra i Procuratori europei per un mandato rinnovabile di 3 anni di durata non superiore a quella dei loro mandati di Procuratori europei

Di cosa si occupa la Procura Europea

L’articolo 9 del d.lgs. n. 9/2021 attribuisce ai procuratori europei delegati (PED) le funzioni e i poteri spettanti ai pubblici ministeri nazionali, in relazione alle indagini di competenza della Procura europea, sottraendoli alle direttive dei procuratori della Repubblica e alla vigilanza del procuratore generale presso la corte d’appello. Consente inoltre al procuratore europeo, in attuazione del regolamento, di svolgere le funzioni requirenti in Italia, in presenza di specifici presupposti e previa decisione della Procura europea.  Essi pertanto eserciteranno tali poteri in via esclusiva e fino alla definizione del procedimento. Essi risponderanno, nell’esercizio delle funzioni attribuite loro dal Regolamento, alla Procura europea.
Nel perseguimento delle fattispecie criminose lesive degli interessi finanziari dell’Unione, in ogni caso, la competenza dell’EPPO deve essere considerata prevalente rispetto alle eventuali rivendicazioni delle competenze nazionali, dunque in relazione ad esse gli Stati membri devono astenersi da qualsivoglia azione, fatta salva la necessità di adottare misure eccezionali, fintanto che la Procura europea non abbia deciso se svolgere o meno le opportune indagini. In caso di disaccordo sulle questioni relative all’esercizio della competenza, saranno le autorità nazionali competenti a decidere in merito all’attribuzione della stessa. La Procura europea esercita la sua competenza o avviando direttamente – tramite un procuratore europeo delegato (PED) dello Stato interessato – un’indagine su uno dei reati su cui ritiene avere titolarità o, quando le indagini sono avviate da una procura di un Paese aderente, esercitando l’avocazione.

Nel sito del Consiglio Europeo si trova una pagina dedicata ad EPPO ove si legge “Le istituzioni e gli organi dell’UE, nonché le autorità competenti dei 22 Stati membri che hanno aderito all’EPPO, devono segnalare a quest’ultima qualsiasi condotta criminosa a danno del bilancio dell’UE. Anche le persone fisiche possono segnalare presunti casi di frode e altri reati”. A tal fine esiste un sito di riferimento

https://www.eppo.europa.eu

La Procura Europea è dotata di poteri di indagine e di esercizio dell’azione penale e potrà, in conformità al diritto nazionale applicabile, disporre misure cautelari personali, anche tramite lo strumento del mandato di arresto europeo. Al procuratore delegato devono essere riconosciuti i medesimi poteri del pubblico ministero interno anche in materia di misure cautelari reali, specialmente al fine di evitare la dispersione o l’inquinamento probatorio. Restano salve ulteriori condizioni previste dall’ordinamento interno per il compimento di uno specifico atto, nonché l’eventuale intervento giurisdizionale quando previsto.
Il Regolamento lascia impregiudicati i sistemi nazionali degli Stati membri per quanto riguarda il modo in cui sono organizzate le indagini penali.
Per quanto concerne le misure investigative elencate all’art. 30, ci si limita a constatarne l’evidente pervasività: a) perquisizione di locali, terreni, mezzi di trasporto, abitazioni private, indumenti o altro bene personale e sistemi informatici, nonché qualsiasi misura cautelare necessaria a preservarne l’integrità o a evitare la perdita o l’inquinamento di prove; b) produzione di qualsiasi oggetto o documento pertinente in originale o in altra forma specificata; c) ottenere la produzione di dati informatici archiviati, cifrati o decifrati, in originale o in altra forma specificata, inclusi i dati relativi al conto bancario e i dati relativi al traffico; d) “congelamento” (rectius: sequestro) degli strumenti o dei proventi di reato, compresi i beni (e le somme), di cui si prevede la confisca da parte del giudice competente, ove vi sia motivo di ritenere che il proprietario o chi possiede o ha il controllo di detti proventi o strumenti di reato si adopererà per vanificare il provvedimento di confisca; e) intercettazione delle comunicazioni di cui l’indagato o l’imputato è destinatario o mittente; f) tracciamento e rintracciamento di un oggetto mediante mezzi tecnici, comprese le consegne controllate di merci.

È stato già scritto e considerato il grande rilievo che assume la circostanza, apparentemente marginale, secondo cui la nuova Procura Europea sarà competente anche ad indagare sui reati commessi non solo dalle persone fisiche ma anche dalle persone giuridiche. La previsione, pur non espressamente contemplata nel nuovo Regolamento, si può evincere da una serie di elementi, in particolare dalla previsione contenuta all’art. 39 del Regolamento che, nel disciplinare i casi in cui è prevista la possibilità di archiviazione delle indagini penali in materia di competenza EPPO, contempla espressamente tra gli stessi quello della «morte dell’indagato o dell’imputato o liquidazione della persona giuridica indagata o imputata»: il riferimento alla liquidazione della persona giuridica «indagata o imputata» non lascia dubbio alcuno sul fatto che la nuova Procura Europea è chiamata ad esercitare la propria attività di indagine anche sugli Enti. E ciò si può ancora evincere anche dal fatto che l’EPPO è competente per i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione di cui alla Direttiva PIF, reati contemplati, com’è noto, dagli artt. 3, 4 e 5 della predetta Direttiva che, peraltro, all’art. 6 stabilisce espressamente la necessità e le condizioni perché sia affermata per i predetti reati la «responsabilità delle persone giuridiche». Inoltre all’art. 2, comma 1, n. 2 è esplicitamente previso che, per ‘persona’, deve intendersi qualsiasi persona fisica o giuridica, così lasciando intendere chiaramente che tutti i riferimenti alla «persona» contemplati nel Regolamento devono intendersi espressamente riferiti anche alle persone giuridiche.

L’EPPO pertanto eserciterà l’azione penale davanti alle giurisdizioni nazionali e la Procura europea intratterrà comunque una stretta collaborazione con Europol, Eurojust e Olaf, nonché con i Paesi UE non aderenti alla cooperazione rafforzata, le autorità di paesi terzi e le organizzazioni internazionali.

La funzione giudicante non è, invece, oggetto di disciplina da parte del regolamento EPPO e continuerà a restare puramente nazionale.

Alcune parziali considerazioni

La Procura Europea quindi ha competenza con riferimento ai reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea così come definiti dalla Direttiva cd. PIF (2017/1371) in caso di condotte che coinvolgono la competenza di più Stati membri ed in caso di superamento di soglie di rilevanza previste dallo stesso Regolamento istitutivo. Il Regolamento prevede, inoltre, la competenza della Procura UE anche per le condotte di partecipazione in associazione criminale le cui attività siano dirette alla commissione dei reati di cui alla Direttiva PIF e per tutti i reati connessi alle frodi contro gli interessi finanziari dell’UE. L’art. 86 del Trattato sul funzionamento della UE, così come lo stesso Regolamento istitutivo, consentono in prospettiva un possibile ampliamento delle competenze ad altri ambiti di crimini transnazionali. Il Regolamento UE garantisce che l’indagato goda di tutti i diritti sanciti dalla legislazione nazionale e dalla legislazione dell’UE oltre che dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea richiamando esplicitamente le direttive UE in tema di garanzie processuali:

  • diritto all’interpretazione e alla traduzione (64/2010);
  • diritto all’informazione e all’accesso ai documenti (13/2012);
  • diritto a un avvocato e di comunicare e informare un terzo in caso di arresto (48/2013);
  • facoltà di non rispondere e presunzione di innocenza (343/2016);
  • diritto al patrocinio a spese dello Stato (1919/2016);
  • diritto di presentare elementi di prova e di chiedere la nomina di esperti e l’audizione di testimoni. (ancora 343/2016).

Proprio con riferimento alla garanzia dei diritti, tuttavia, emergono non poche criticità dal Regolamento istitutivo dell’EPPO.

Se, infatti, il principio della “lex loci” appare più sicuro non chiedendo al giudice di applicare un diritto diverso dal proprio, dall’altro lato non sembra risolvere il problema delle indagini transnazionali, poiché, una volta superata la frontiera, vi sono delicate implicazioni con riferimento al mutato sistema di riferimento con conseguente aggravio delle procedure e la dubbia utilizzabilità delle prove raccolte, dal momento che non tutti gli ordinamenti degli Stati membri partecipanti hanno un sistema processuale analogo a quello italiano. Più specificamente, i principi di oralità e del contraddittorio nella formazione della prova comportano una separazione netta tra la fase delle indagini e quella dibattimentale Nell’ambito del processo penale italiano, infatti, difficilmente supererebbero il vaglio di ammissibilità elementi di prova dichiarativa raccolti nella fase delle indagini. Quanto sopra evidenziato, inoltre, assume rilevanza ancora maggiore solo si consideri che il modello misto di cooperazione in materia di prove transfrontaliere adottato dal citato Regolamento crea il rischio concreto del cd “forum shopping” nella raccolta delle prove dal momento che la Procura Europea potrebbe scegliere di raccogliere le prove in un determinato Stato membro sulla base dello standard di tutela dei diritti fondamentali connaturato alla sua legislazione, il tutto con evidente nocumento della posizione giuridica di indagati e imputati. Una ulteriore ipotesi di “forum shopping” di tutto rilievo è quella relativa alla scelta della giurisdizione nella quale esercitare l’azione penale.

Inoltre, il regolamento delega all’organo giurisdizionale dello Stato membro di vigilare – in base al diritto nazionale pertinente – sul rispetto del principio di imparzialità del giudice e dei diritti dell’indagato e dell’imputato sanciti dalla Carta, dal diritto internazionale pertinente e dalle Costituzioni degli Stati membri in funzione dell’ammissibilità delle prove: ne deriva la coesistenza di diversi standard valutativi da Stato a Stato con gravi ripercussioni sulla tutela dei diritti fondamentali dell’indagato/imputato. Non di meno, è stato da più parti evidenziato, la scelta di affidare il controllo giurisdizionale sugli atti procedurali della Procura Europea ai Giudici degli Stati membri e non direttamente alla Corte di Giustizia, non pare  si  possa ritenerla in grado di fornire una risposta efficace e tempestiva alle eventuali violazioni dei diritti dell’indagato. L’auspicio è che venga attribuito sul punto un ruolo centrale alla Corte di Giustizia (o ad una istanza giudiziaria specializzata europea) ciò apparendo necessario anche per dar luogo ad una giurisprudenza che risponda a canoni di uniformità e coerenza in relazione allo specifico ambito di operatività della Procura Europea. Altrettanto, un ruolo più forte della Corte di giustizia è altresì auspicabile anche in tema di controllo delle scelte relative allo Stato in cui esercitare l’azione penale. Si può pertanto ritenere che il compromesso che ha portato all’approvazione del Regolamento 2017/1039 dovrà trovare un’avvocatura ed una magistratura preparate e sensibili alla tutela dei diritti fondamentali.

E qui sta l’importanza di aprire momenti di studio e di confronto: indubbiamente l’avvocatura penalista si trova di fronte ad una importante sfida davanti alla quale pertanto si deve essere adeguatamente preparati ed attenti. Tanto più quando la nostra città è stata prescelta quale sede EPPO

Eppure non appare che sino ad ora vi sia stata alcuna particolare attenzione -neppure mediatica – a tale  innovazione.

UCPI, unitamente alle Camere Penali territoriali, sta promuovendo incontri, formazioni e implementando discussioni ed approfondimenti:

dal progetto Eulaw, che vede quale capofila la fondazione Lelio e Lesli Basso di Roma e del quale UCPI e’ partner insieme alle università del Lussemburgo, di Zagabria, al Consejo General de la Abogacía española e all’International Legal Advice center (Bulgaria):  si tratta di un  progetto  co-finanziato dalla commissione europea, che ha lo scopo di dare concreta attuazione  al regolamento EPPO ed offrendo per tale obiettivo una presenza di avvocati competenti ed in grado di supportare la conoscenza dell’istituto, del regolamento che ne disciplina il funzionamento, per fornire tutti gli strumenti necessari agli avvocati europei affinche’ siano portatori competenti nell’assicurare la tutela delle garanzie difensive, sensibilizzando quindi la importanza della dimensione europea che sempre piu’ la nostra professione dovra’ essere in grado di avere.

E ancora, la recente conferenza annuale di ECBA (European Criminal Bar Association) “Eppo meets european defence: striving for the highest standard of fair proceedings in europe”, con il sostegno della associazione degli avvocati penalisti tedeschi, è stata dedicata all’approfondimento delle tematiche connesse al Pubblico Ministero Europeo ed ha visto la partecipazione di avvocati penalisti di tutta Europa – anche in rappresentanza di numerose associazioni nazionali – e l’intervento di ben tre appartenenti al collegio dei procuratori europei oltre a numerosi Pubblici Ministeri europei delegati.

Pertanto, la capacità di aprire alla formazione, alla riflessione sugli aspetti sia pratici che critici che comporta la concreta attuazione della disciplina, con riferimento alle prassi ed ai metodi di funzionamento della nuova istituzione, sarà il vero banco di prova di quello che sarà questa cooperazione rafforzata, soprattutto se – come appare essere ad una prima visione- questa sia sbilanciata sul piano accusatorio: importante quindi che gli avvocati penalisti facciano sentire forte le loro voci e le richieste affinché l’attività sia orientata al più attento rispetto delle garanzie procedurali e dei diritti delle persone indagate e imputate.

Infine, molti sono stati i  provvedimenti nazionali integrativi emanati al fine di adattare l’ordinamento interno alle previsioni europee e consentire la piena funzionalità del nuovo organo giurisdizionale. Oltre alla legge n. 117 del 2019 hanno poi fatto séguito due decreti attuativi: il d.lgs. 14 luglio 2020, n. 75 di attuazione della direttiva PIF e il d.lgs. n. 9 del 2021, di cui si è già detto e relativo ai profili di carattere ordinamentale dei pubblici ministeri europei. EPPO ha poi adottato il suo regolamento interno per disciplinare l’organizzazione del proprio lavoro (Regolamento interno della Procura europea (2021/C 22/03).

Da ultimo, nel primi giorni del mese di novembre è stato sottoscritto un “protocollo di intesa tra  Consiglio Nazionale Forense e Procura Europea – Uffici decentralizzati in Italia (European Public Prosecutor’s Office – EPPO) per la promozione e la diffusione di best practices relative alla individuazione delle modalità di regolamentazione delle richieste di informazioni ex art. 335 c.p.p., formulate dai difensori di persone che siano state iscritte nel registro degli indagati della Procura Europea, denominato SICP-EPPO” : “per il raggiungimento delle finalità del protocollo – scrive il CNF – saranno organizzati eventi comuni per informare sulle attività svolte dall’EPPO”

La conquista finale di un passo storico che ha avuto inizio con le fasi operative di EPPO è fuori da ogni dubbio. Certo, saranno tanti i nodi al pettine da districare, ma questo non ci deve spaventare. Le riflessioni giuridiche non possono esaurirsi in poche battute, ma occorreranno fiumi d’ inchiostro di approfondimento. Importante è che alla base di tutte le riflessioni ci sia la convinzione profonda che una nuova fase storica si sta concretizzando.

Come è già stato rilevato da studiosi e giuristi specializzati in diritto europeo, importante è che questo evento sia accompagnato da un cambio di forma mentis da parte di noi operatori del diritto che esercitiamo ruoli diversi all’interno degli stati aderenti. Affinché noi giuristi, ognuno, nella mansione professionale che rivestiamo, acquisiamo sempre di più la consapevolezza giuridica che accanto agli organismi giudiziari nazionali esiste, adesso, un organismo giudiziario internazionale, europeo, ove si pratica la cd “una cooperazione rafforzata”.

L’impegno degli avvocati – ancora una volta – dovrà essere rivolto ad assicurare una difesa effettiva e competente: in tal senso è fondamentale rafforzare   una nuova categoria di penalisti preparati alla difesa davanti alle istituzioni europee.

Informazioni sull'autore

Donatella Iannelli