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Morricone e l’America

L’Avv. Gisella Levi Caroti, partner dello studio legale newyorkese Herzfeld & Rubin da più di trent’anni, assiste importanti clienti italiani in operazioni commerciali negli Stati Uniti. Lo studio legale Herzfeld & Rubin è un’istituzione nel panorama legale statunitense e io l’ho vissuto da vicino, perché ho trascorso due estati collaborando con l’Avv. Levi Caroti, nel suo studio, a Manhattan e la fortunata esperienza fa parte delle cose belle della mia vita.

Così, scrivo volentieri due righe per presentare l’avv. Levi Caroti ed il suo scritto, anche perchè tratta di una materia che mi appassiona e di cui mi occupo in questo inizio della mia professione.

Venendo alla pronuncia che l’articolo commenta, è forse opportuno fare un breve accenno alle Corti americane. In particolare, la sentenza in questione è stata emessa dalla United States Court of Appel for the Second Circuit in riforma della precedente decisione adottata dalla District Court for the Southern District of New York. In altri termini, è possibile equiparare la sentenza ad una pronuncia di una Corte d’Appello italiana.

La vicenda in esame risulta di particolare interesse in quanto ha affrontato tematiche rilevanti tanto sotto la disciplina giuridica statunitense quanto sotto quella italiana. Infatti, come si legge nel puntuale commento dell’Avv. Levi Caroti, forte della propria composita formazione universitaria italo – americana, la sentenza ha ritenuto che i contratti siglati dal notissimo compositore italiano Ennio Morricone dovessero essere governati dalla normativa italiana e non, come sostenuto dalla difesa della Bixio Music Group Ltd., da quella statunitense. Da tale qualificazione, pertanto, emerge una serie di conseguenze relative al concetto di “work for hire” e “right of termination” che l’Avv. Caroti ha sinteticamente colto ed analizzato.

La pronuncia emessa dalla Corte Statunitense, quindi, ha creato un “ponte” ed un interessante confronto fra le diverse tutele garantite agli autori di opere, siano queste, come nel caso di specie, spartiti musicali oppure, più in generale, espressioni creative prodotte dall’essere umano, sotto la normativa italiana e quella statunitense. Infatti, ed è questo il punto cruciale della sentenza, la legge americana riconosce la validità della “commissioning party”, ovvero la possibilità che il soggetto committente divenga il vero e proprio autore dell’opera commissionata, mentre, come è noto, la legge italiana non lo consente, in quanto ciò sarebbe in contrasto con l’inalienabilità del diritto morale di essere riconosciuto autore dell’opera stessa, diritto che spetta necessariamente al suo creatore.

Per la lettura del seguente articolo, consiglierei come sottofondo musicale “Once upon a time in America”, scritta da Ennio Morricone per l’omonimo film.

Francesco Vittori Antisari

Vittoria di Ennio Morricone in una Corte d’Appello Federale Americana

 

Il 21 agosto 2019, il famoso compositore italiano di musica per film Ennio Morricone ha ottenuto una vittoria chiave in una Corte Federale di Appello americana, che gli ha consentito di rivendicare il diritto d’autore sulle proprie opere musicali. La sentenza emessa dal Second Circuit nella causa “Ennio Morricone Music Inc. v. Bixio Music Group Ltd.” decideva infatti che gli spartiti creati da Morricone non sono da ritenersi inclusi nella definizione di “works for hire”, riformando completamente quanto era stato deciso dalla Corte in primo grado.

Il compositore era stato inizialmente incaricato da un’affiliata della società americana Bixio Music Group Ltd. di comporre degli spartiti musicali da utilizzare in alcuni film negli anni 1970 e 1980. A fronte del pagamento e del riconoscimento delle royalties a favore del compositore, nel contratto le parti avevano stabilito che tutti i diritti delle opere sarebbero stati trasferiti alla società americana per la durata massima consentita dalle leggi vigenti in tutti gli Stati del mondo.

Nel 2012, però, Morricone aveva rivendicato tutti i diritti, ad eccezione del diritto di utilizzo, su sei diverse opere, tra le quali “Tragedy of a Ridiculous Man”, “Bianco, Rosso e Verdone”, “Un Sacco Bello” e “Cosi Come Sei”, chiedendo il “termination of assignment” e facendo appello all’articolo 17 U.S.C. § 203, che consente ai titolari dei copyright di terminare l’assignment dei propri diritti dopo 35 anni, in tutti i casi in cui l’opera non rientri nella definizione di “work for hire”. In particolare, la legge americana stabilisce che: “in the case of any work other than a work made for hire, the exclusive or nonexclusive grant of a transfer or license of copyright or of any right under a copyright is subject to termination at the end of thirty-five years from the date of execution of the grant”.

Il diritto rivendicato da Ennio Morricone di terminare i diritti a suo tempo concessi a Bixio secondo l’articolo 17 U.S.C. § 203, ha dato luogo ad una decisione per stabilire se gli spartiti creati dall’autore possano essere considerati “work of hire” e, quindi, se ricadono o meno all’interno della disciplina del “right of termination” previsto dalla legge.

Secondo la normativa federale americana in materia di Intellectual Property, il “work for hire” è un’opera soggetta a copyright creata da un lavoratore dipendente nell’ambito dello svolgimento del proprio rapporto di lavoro, ovvero specificatamente ordinata o commissionata per l’utilizzo come parte di un’immagine in movimento o un’opera audiovisiva, qualora le parti abbiamo previsto espressamente e per iscritto che l’opera sia un “work for hire”. Il termine è definito dalla legge americana (17 U.S.C. § 101) come eccezione rispetto alla regola generale, secondo cui la persona che crea un’opera è l’autore legalmente riconosciuto di quell’opera. Secondo la legge sul copyright degli Stati Uniti, infatti, se un’opera è “work for hire”, il datore di lavoro, e non chi l’ha effettivamente creata, è considerato l’autore della stessa dal punto di vista legale, con tutti i diritti connessi.

Nel 2017, la District Court for the Southern District of New York aveva classificato le opere create da Ennio Morricone come “works made for hire”, in favore dei produttori cinematografici dei film in cui egli aveva lavorato, stabilendo che l’autore non aveva nessun diritto sulle stesse. Questo, benchè all’epoca in cui aveva prodotto gli spartiti, Morricone non fosse un lavoratore dipendente di Bixio Music Group e non vi fosse nessun contratto che classificava le sue opere come “work for hire”.

La società americana Bixio Music Group Ltd., facendo riferimento al fatto che i contratti con il compositore erano assoggettati alla legge italiana, sosteneva che il concetto di “commissioned work” previsto dalla legge italiana sul copyright avrebbe avuto un significato analogo a quello del “work for hire” americano e che, secondo quanto previsto dalla legge, il requisito di qualificare per iscritto l’opera come “commissioned” non era previsto. Inoltre, Bixio Music Group enfatizzava il fatto che la legge italiana permetta all’autore di un’opera di trasferire attraverso un contratto tutti i diritti relativi alla stessa al committente e questo era quello che le parti avevano inteso stabilire nel caso concreto. Il caso era diventato una delicata e spinosa questione di diritto internazionale.

La Circuit Court ha stabilito che le regole previste dai due sistemi giuridici avrebbero “meaningful differences”. Tra queste, quella piu’ rilevante, secondo la Corte, è la differenza della definizione e allocazione di “autore” nei due sistemi giuridici. Secondo la legge americana, infatti, colui che commissiona l’opera deve essere considerato il suo autore ab origine e, quindi, titolare di tutti i diritti sulla stessa. Diversamente, la legge italiana sulla protezione del diritto d’autore stabilisce che il compositore è considerato “a joint-author” del lavoro cinematografico, assieme allo scrittore e al direttore artistico, e il compositore mantiene la paternità unica del proprio spartito.

Inoltre, è prassi della giurisprudenza americana definire un’opera come “work for hire” solamente nel caso in cui le parti lo abbiano previsto esplicitamente in un contratto. La definizione italiana di “commissioned work” non prevede questa interpretazione secondo la Circuit Court, che ha stabilito che “the Italian scheme is thus missing an important feature of the U.S. system, and could result in an overboard application of the work made for hire doctrine”. Il fattore chiave, ha detto la Corte, è il fatto che le opere erano state create in Italia, paese nel cui sistema giuridico manca una valida e stretta analogia rispetto al concetto americano di “work for hire”. La Corte quindi ha deciso che gli spartiti creati non corrispondono a “works for hire”, secondo la legge italiana, rigettando completamente quanto era stato deciso dalla Corte in primo grado.

La Circuit Court, decidendo che, salvo nell’ipotesi in cui un’opera sia classificata come “work for hire”, il compositore è “within his right to terminate” ogni diritto concesso al committente, ha costituito un precedente importante non solo per Morricone, ma anche per altri autori e compositori italiani, prevedendo in loro favore il diritto di rivendicare i diritti sulle proprie opere, anche quelle create in passato.

Avv. Gisella Levi Caroti
Herzfeld & Rubin, P.C.

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Gisella Levi Caroti