Varie

L’Avvocatura unita a tutela dei diritti contro il processo infinito

Se non succederà “qualcosa” prima, la riforma della prescrizione penale, considerata dal Ministro Bonafede una irrinunciabile norma di civiltà, entrerà in vigore il primo gennaio 2020.

Gli effetti di tale riforma sono già stati autorevolmente illustrati, su questa rivista, dal Prof. Avv. Alessandro Melchionda in un articolo di qualche mese fa.

In breve, a seguito delle modifiche apportate agli artt. 159 e 160 del codice penale dall’art. 1, lettere d), e) ed f) della legge 3 gennaio 2019, n. 3 (c.d. “spazza-corrotti), il corso della prescrizione resterà sospeso – sine die – a far data dalla pronuncia di primo grado o del decreto di condanna e sino alla data di esecutività della sentenza o dell’irrevocabilità del decreto di condanna.

Ai cittadini, la riforma è stata e viene quotidianamente presentata come la ricetta magica in grado di garantire giustizia alle vittime e di impedire ai delinquenti di “farla franca”, disinnescando le abili manovre dei loro astuti e spregiudicati difensori.

In realtà, con l’entrata in vigore della riforma si inaugurerà la stagione del processo senza fine, che vedrà ugualmente “prigionieri” imputati abbienti e meno abbienti, pluripregiudicati ed incensurati, accusati di reati gravi ma anche bagatellari, condannati in primo grado ma anche assolti e persino imputati condannati senza la preventiva celebrazione di un processo, come avviene nei procedimenti che si concludono con l’emissione di un decreto penale di condanna. Un “ergastolo processuale” – così è stato da più parti definito – che non risparmierà neppure le persone offese.

Sin dalla approvazione del relativo disegno di legge, l’Unione delle Camere Penali Italiane (UCPI) ha denunciato con forza come l’abolizione della prescrizione – poiché di questo sostanzialmente si tratta – travolga i principi e i valori sui quali si fonda il nostro processo penale, senza peraltro risolvere il problema della sua irragionevole durata. Anzi, al contrario: senza il pungolo costituito dalla necessità di evitare il decorso dei termini di prescrizione, i tempi dei processi sono infatti inevitabilmente destinati ad allungarsi a dismisura.

Anche l’Accademia – fatto decisamente inusuale – si è apertamente e quasi totalitariamente schierata contro la riforma. Basti pensare che nel dicembre 2018, prima della promulgazione della legge n. 3/2019, 150 professori di diritto penale, processuale penale e costituzionale, appartenenti a tutti i più prestigiosi Atenei del nostro Paese, accogliendo l’invito promosso dall’UCPI, hanno rivolto un appello al Presidente della Repubblica affinché rinviasse il testo alle Camere in ragione dei plurimi principi costituzionali e convenzionali violati. Per l’esame di tali profili di illegittimità rinvio allo scritto del Prof. Avv. Melchionda.

Ma – ed è importante che sia così – la voce dei penalisti non è rimasta isolata: tutta l’Avvocatura italiana, nelle sue varie componenti, ha infatti preso posizione contro la riforma.

In occasione della Sessione Ulteriore, tenutasi nell’aprile 2019, il Congresso Nazionale Forense ha espressamente invitato l’Organismo Congressuale Forense (OCF) ad assumere, di concerto con il Consiglio Nazionale Forense, ogni più opportuna iniziativa al fine di evitare “qualsiasi forma di soppressione generalizzata della prescrizione dei reati”.

Anche in attuazione di tale deliberato congressuale, nell’ottobre 2019, l’OCF – che già nel dicembre 2018 aveva proclamato lo stato di agitazione di tutta l’Avvocatura italiana – ha indetto una giornata di astensione dalle udienze e da tutte le attività giudiziarie in ogni settore della Giurisdizione per il giorno 25 ottobre 2019, parzialmente coincidente con l’astensione proclamata dall’UCPI per i giorni dal 21 al 25 ottobre 2019, ritenendo che “tutta l’Avvocatura Italiana debba reagire unitariamente al grave strappo di civiltà giuridica rappresentato dalla riforma della prescrizione”, e, aderendo all’invito in tal senso formulato dall’UCPI, ha contestualmente invitato tutte le componenti dell’Avvocatura, istituzionale ed associativa, a valutare l’opportunità di organizzare eventi di sensibilizzazione pubblica.

A Bologna, come in tutto il resto del Paese, è stata pertanto organizzata una iniziativa congiunta che ha visto, fianco a fianco, rappresentanti del Consiglio dell’Ordine, dell’OCF e delle Associazioni Forensi.

Molto significative anche le delibere assunte sul tema da numerosi Consigli degli Ordini Forensi, tra i quali quello dell’Ordine degli Avvocati di Bologna, e le prese di posizione dell’Associazione Nazionale Forense (ANF) e dell’Associazione Italiana Giovani Avvocati (AIGA).

L’Avvocatura italiana tutta ha dimostrato – anche in occasione della successiva astensione proclamata dall’UCPI per i giorni dal 2 al 6 dicembre 2019 e dall’OCF per il giorno 6 dicembre 2019 – di essere baluardo di civiltà a tutela dei diritti dei cittadini, non adeguatamente informati sulle reali cause della irragionevole durata dei processi penali e sulle conseguenze della (sostanziale) abolizione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio.

Ed è proprio ai cittadini che ha inteso rivolgersi l’UCPI con la “Maratona oratoria per la verità sulla prescrizione”, che ha visto oltre 700 avvocati, provenienti da tutte le parti d’Italia, alternarsi per sette giorni consecutivi (dal 2 al 7 dicembre 2019) sul palco simbolicamente allestito di fronte al “Palazzaccio”, sede della Suprema Corte di Cassazione. Una iniziativa davvero fuori dal comune volta a spiegare ai non addetti ai lavori le ragioni del no a una riforma che i penalisti italiani ritengono “sciagurata”, ossia portatrice di sciagure ben peggiori di quelle che vorrebbe evitare.

L’istituto della prescrizione non gode di buona stampa e suscita pertanto molte antipatie, forse perché non tutti sanno che:

  • Nessuno è in grado di stabilire quale sia il numero esatto dei reati previsti nel nostro ordinamento: c’è chi sostiene siano più di 10.000, il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa ne ha contati oltre 35.000. In queste condizioni, più che l’abolizione della prescrizione, ci vorrebbe la bacchetta magica;
  • A processo si finisce anche per fatti non avvertiti come penalmente rilevanti o comunque bagatellari (si pensi, ad esempio, ai piccoli abusi edilizi ovvero alla mancata denuncia al Ministero degli atti che trasferiscono la proprietà o la detenzione di beni culturali). A chiunque, non soltanto ai “delinquenti”, può pertanto capitare di imbattersi nella giustizia penale;
  • A fronte del continuo aumento delle fattispecie penali, le piante organiche dei Magistrati e del personale amministrativo evidenziano crescenti scoperture e le risorse materiali risultano sempre più inadeguate. Difficile fare “nozze con i fichi secchi”;
  • La percentuale dei procedimenti/processi interessati dalla prescrizione è inferiore al 10% del complessivo e la tendenza è in calo. Il dato non è confortante, ma neppure tale da giustificare la compressione dei diritti nel restante 90% dei casi;
  • Secondo dati diffusi dallo stesso Ministero della Giustizia con riferimento all’anno 2017 e al primo semestre 2018, nel 75% dei casi la prescrizione è maturata prima della sentenza di primo grado e, in particolare, nella fase delle indagini e dell’udienza preliminare (53%). Se il problema è davvero ritenuto così grave, non ha senso intervenire solo sul 25% dei casi di prescrizione che si verificano nei successivi gradi di giudizio;
  • La ricerca recentemente condotta dall’UCPI, in collaborazione con l’Eurispes, che costituisce un aggiornamento di analoga ricerca già svolta nel 2008, ha rilevato che i rinvii dei processi sono dovuti a disfunzioni del sistema nel 16% dei casi e soltanto nel 4% dei casi ad impedimenti del difensore e dell’imputato (normalmente dovuti a concomitanti impegni professionali o a ragioni di salute). Ai cittadini va detto con chiarezza che le disfunzioni del sistema sono dovute alla grave carenza di risorse umane e strumentali, non certo alle astuzie e ai cavilli di Avvocati “azzeccagarbugli”;
  • I rinvii del processo richiesti dagli Avvocati, se accolti dal Giudice e non dovuti ad impedimenti assoluti, sospendono il decorso del termine di prescrizione sino all’udienza successiva ed altrettanto vale in caso di rinvio per l’adesione volontaria dell’Avvocato alla astensione dalle udienze (volgarmente, “sciopero”). Una “casta” con le armi un po’ spuntate quella degli Avvocati;
  • Tra le “cause patologiche” di rinvio dei processi spiccano le omesse o errate notifiche all’imputato (6,2%) ovvero l’assenza del Giudice titolare (3,3%) o, ancora, la mancata comparizione dei testimoni citati dal Pubblico Ministero (8,3%). Straordinaria la forza dei numeri, tanto da non richiedere commenti;
  • I reati (astrattamente) puniti con la pena dell’ergastolo sono imprescrittibili;
  • I reati più gravi hanno già ora tempi di prescrizione che definire biblici è un eufemismo. Soltanto qualche esempio: 30 anni per un omicidio stradale commesso da persona in stato di ebbrezza alcolica o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, 30 anni per una violenza sessuale, 25 anni per una rapina, 18 anni e 9 mesi per una bancarotta fraudolenta aggravata, 17 anni e 6 mesi per maltrattamenti contro familiari e conviventi, 12 anni e 6 mesi per un furto in abitazione o con strappo. Non sono dunque sufficienti questi tempi per giudicare gli imputati e rendere giustizia alle vittime?

avv. Antonella Rimondi

Informazioni sull'autore

Antonella Rimondi