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Intervista alla Presidente del Tribunale per i Minorenni dell’Emilia Romagna: la giustizia minorile e il suo prossimo futuro

Il Tribunale per i Minorenni dell’Emilia Romagna in Bologna ha, recentemente, visto l’insediamento della nuova Presidente dell’Ufficio, Dott.ssa Gabriella Tomai, magistrato di grande esperienza nel settore minorile. In magistratura dall’anno 1997, ha prestato servizio dal 2004 e per oltre dodici anni presso il Tribunale per i Minorenni di Caltanissetta, ove ha ricoperto il ruolo di Presidente del collegio per le udienze preliminari, occupandosi dell’istituto della mediazione penale minorile; ha composto la sezione promiscua per i minorenni ed è stata Consigliere a latere nell’assise d’appello; è stata Consigliere della sezione unica civile, con specializzazione nella materia dei minori, della famiglia e dell’immigrazione. Dal 2013, inoltre, ricopre un incarico internazionale di cooperazione giudiziaria nella Rete internazionale dei giudici della Convenzione dell’Aja sulla sottrazione dei minori.

Ora la Presidente è arrivata a Bologna, luogo dal quale, possiamo vantarci di dire, tutto abbia avuto origine sotto il profilo del diritto, essendosi laureata in Giurisprudenza presso l’Alma Mater Studiorum. Dunque ritorna nella nostra città con una brillante esperienza professionale, per cimentarsi nella direzione dell’Ufficio distrettuale minorile.

La Presidente ci ha consentito questa intervista, rendendosi disponibile a rispondere ad alcune domande, che pensiamo d’interesse reciproco, in quanto rivolto ad una Avvocatura attenta, sensibile ai temi qui trattati e preoccupata per la soluzione di argomenti di grande impatto sui cittadini del distretto e, in primis, sui soggetti titolari e portatori di diritti propri, quali i minori d’età.

Presidente, innanzitutto, grazie per questa intervista e ben arrivata. Lei è vissuta nella città di Bologna in qualità di studente universitaria e adesso vi ritorna, rivestendo la carica di capo dell’ufficio giudiziario minorile. Ha già avuto modo di rilevare differenze o di ritrovare analogie nel tessuto sociale?

Lo scorrere del tempo ci porta ad andare sempre avanti…Nulla è mai fermo o uguale a sé stesso. Cambiano le persone i luoghi i contesti, ma soprattutto cambiamo anche noi ed il nostro modo di percepire la realtà.

In questi trent’anni io sono certamente cambiata: ieri una giovane studentessa tarantina che si approcciava agli studi giuridici percorrendo le strade di una città ordinata efficiente aperta ed accogliente oggi una donna più matura che torna a restituire quello che ha ricevuto, sperando che la formazione la competenza e l’esperienza costituiscano un bagaglio spendibile nella Bologna di oggi con l’evolversi della sua storia e della sua esperienza civica.

Dalla giurisdizione di Caltanissetta a quella dell’Emilia Romagna: che prospettive si auspica di poter migliorare? Quali settori organizzativi ritiene i più urgenti?

L’esperienza di Caltanissetta, cui sono molto legata e molto grata, mi ha consentito in questi anni di conoscere realtà svariate e mi ha insegnato a confrontarmi con ogni novità ed esperienza, provando comunque a dare una risposta efficace. Con il medesimo spirito di servizio mi accingo a lavorare in questo distretto consapevole che una visione organizzativa è la migliore chiave interpretativa per capire e valorizzare l’esistente provando a razionalizzare l’impegno lo sforzo di tanti che già si adoperano egregiamente per far funzionare le cose.

Già ho avuto modo di porre attenzione ad alcuni settori della giurisdizione minorile del distretto quali la tutela ed accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, anche in considerazione e della attuale emergenza dei profughi ucraini, nonché al settore delle adozioni cominciando a mettere in campo alcuni espedienti metodologici che consentano una gestione ordinata dei flussi e la assoluta trasparenza delle azioni dell’ufficio.

Ma certamente siamo solo all’inizio.

Il diritto di difesa, il rispetto del contraddittorio, un pieno e completo svolgimento dell’attività probatoria, l’acquisizione di tutti gli elementi e documenti presenti nel fascicolo d’ufficio da parte del difensore, sono argomenti molto sensibili per l’Avvocatura: ritiene che il processo minorile civile, per come è oggi, rispetti i canoni del giusto processo?

Nessun processo può celebrarsi al di fuori del dettato costituzionale e neppure quello civile minorile sebbene, come è noto, il legislatore non sia mai intervenuto a regolamentare la volontaria giurisdizione in tema di responsabilità genitoriale lasciando spesso alla magistratura il compito di adattare alle regole sul Giusto processo quella sostanziale deformalizzazione prevista dalle norme del codice civile. Diversa invece è la disciplina del procedimento in materia di adottabilità ed adozione (L. 184/83) in cui il diritto di difesa, il rispetto del principio del contraddittorio, l’ascolto del minore trovano già da tempo una più compiuta collocazione.

Oggi siamo alla vigilia di importanti riforme che auspichiamo ci aiutino a costruire un processo giusto a misura di minore nelle relazioni familiari con regole uniformi e con la realizzazione del principio della concentrazione delle tutele.

Che cosa pensa della riforma del rito civile sull’istituzione del “Tribunale unico per le persone, le famiglie e i minori”, che a breve entrerà in vigore: vera opportunità o occasione mancata?

Non sono pregiudizialmente contraria, anzi condivido la scelta di istituire un Tribunale unico per le persone, la famiglia ed i minori. È l’unico modo per superare la frammentazione delle competenze che ha fin qui reso molto complicata la gestione dei procedimenti civili, soprattutto dopo la riforma sulla filiazione, e che a mio avviso ha comportato notevoli disagi per i cittadini.

Mi auguro che questa riforma nella sua applicazione valorizzi quel che c’è di buono in tema di specializzazione dei giudici e di multidisciplinarietà e fornisca al nuovo tribunale degli strumenti più opportuni soprattutto in tema di innovazione telematica, risorsa fin ora non pienamente fruibile dagli uffici minorili che non sono mai stati dotati del Processo Civile telematico.

Quale pensa possa essere il più rilevante pregio della riforma, con riguardo al diritto minorile? E quali criticità vi ravvisa?

Tanti sono gli aspetti positivi: unicità dell’Organo giudicante ed autonomia del Tribunale per la famiglia che assorbe i sé sia le competenze del TM che quelle del Tribunale civile in materia di famiglia e del Giudice tutelare; ruolo del curatore speciale del minore; effettiva specializzazione dei giudici; Processo telematico per il costituendo ufficio Giudiziario ecc.

Che cosa si aspetta dall’Avvocatura, in termini di partecipazione al processo, con riguardo alla difesa dei minori? E con riguardo al ruolo del curatore speciale?

Credo che anche per gli avvocati valga il principio della specializzazione perché competenza tecnico giuridica si uniscano quelle competenze multidisciplinari che occorrono per approcciarsi con la dovuta attenzione e delicatezza ai temi delle relazioni familiari ed in particolare alle esigenze del minore nel processo.

Come Le sarà noto, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna ha, ormai da diversi anni, fornito una collaborazione fattiva con il Tribunale per i Minorenni, organizzando corsi di formazione per l’avvocato e per il curatore speciale dei minori e mettendo a disposizione della magistratura minorile un elenco aggiornato di avvocati per la nomina di difensori d’ufficio: ritiene che questa esperienza vada coltivata e implementata?

La ritengo assolutamente fondamentale e per questo abbiamo già riattivato canali di comunicazione reciproca soprattutto per la predisposizione di elenchi aggiornati dei difensori e curatori speciali per i minori.

L’esperienza emergenziale dovuta alla recente pandemia sanitaria e le misure processuali e telematiche adottate ritiene possano averci insegnato qualcosa, da procrastinare anche in futuro, per migliorare il sistema di tutela giudiziaria dei minori d’età?

Credo che le opportunità offerte dalla innovazione tecnologica e dalla telematica non debbano essere trascurate. I Tribunali per i minorenni soffrono proprio la mancanza del PCT che complica tantissimo il flusso degli atti in ingresso e in uscita. Anche le udienze da remoto entro certi limiti hanno garantito buoni risultati sebbene la celebrazione del processo in presenza rimanga un valore irrinunciabile

Lei è un Giudice di grande esperienza: come ha visto cambiare la c.d. criminalità giovanile?

Questo discorso è molto complesso. La criminalità è sempre una risposta antisociale. Quando è precoce è la spia di un mancato processo di socializzazione del giovane, di una sorta di analfabetismo relazionale che invece di costruire dinamiche positive ed includenti sfocia in comportamenti aggressivi e prevaricatori.

Ho conosciuto tante forme di criminalità giovanile: da quella mafiosa dei giovani irretiti nelle consorterie siciliane per il piccolo spaccio e le estorsioni, a quella connotata da condotte aggressive e violente talvolta addirittura omicidiarie, anche nei rapporti di prossimità. E poi i fenomeni del bullismo e cyberbullismo, le violenze sessuali ecc.

Tante volte ho visto giovani cambiare scegliere di ricominciare, affrancarsi da facili stereotipi che li proiettavano inesorabilmente verso la carriera criminale. Molti anche grazie all’interventi giurisdizionale sono riusciti a liberarsi ed a scegliere il loro futuro. Purtroppo altre volte questo non è accaduto.

Qual è per Lei il compito del giudice minorile in ambito penale e come coniugare la giustizia minorile con le aspirazioni per i minorenni di ri-costruirsi un futuro? La mediazione penale minorile è efficace?

Ho sperimentato che anche il processo può essere un’occasione…un momento favorevole in cui lo Stato, attraverso i suoi magistrati e gli operatori del settore, incontra un giovane, lo ascolta e si dichiara pronto a scommettere su di lui attraverso gli istituti del Processo minorile (MAP, perdono giudiziale…), attraverso misure cautelari con eminente finalità rieducativa, attraverso percorsi di riabilitazione ed integrazione sociale nella esecuzione della pena.

Quanto alla mediazione la mia esperienza assolutamente felice in questo settore mi conferma nella necessità che tale strumento sia utilizzato al massimo per la sua intrinseca capacità di attivare percorsi di cambiamento efficace e di ripristino delle relazioni. Sono percorsi utili non solo nella logica della riparazione della vittima ma fanno tanto bene all’autore nel suo scoprirsi capace di empatia e di richiesta di perdono, nel suo volersi affrancare dallo stigma dell’errore per raccontarsi nella sua capacità di cambiamento. E questo è davvero rieducazione.

Se avesse la bacchetta magica, cosa Le piacerebbe cambiare per migliorare la giustizia minorile penale, affinché non sia solo repressiva, ma diventi soprattutto un percorso di recupero sociale?

La giustizia minorile non è affatto repressiva per come il legislatore italiano l’ha concepita. Gli strumenti sono tanti e già offrono al Giudice coadiuvato dagli altri soggetti che intervengono nel processo (USSM, strutture comunitarie o penitenziarie, servizi territoriali ecc.) l’opportunità di celebrare un processo a misura di minore che sia opportunità rieducativa e riparativa.

E dunque una bacchetta il Giudice la ha già: non so se sia magica ma certo nelle mani di un buon direttore d’orchestra può far nascere una nuova musica, un canto di speranza per i giovani in una società che sappia accogliere la loro domanda di senso.

Secondo la Sua esperienza, le pene inflitte ai minorenni colpevoli di reati hanno una funzione educativa adeguata? la funzione educativa dei minori, secondo Lei, si realizza in misura maggiore o minore rispetto al sistema dei maggiorenni? Il sistema minorile è adeguato a tale finalità? Oppure, dopo la condanna, i giovani hanno più difficoltà a inserirsi nel tessuto sociale?

Credo che gli istituti della Messa alla prova ma anche le misure alternative possano essere uno strumento efficace per garantire reinserimento sociale. E credo che anche l’esecuzione della pena detentiva con gli strumenti predisposti per i minori ed i giovani adulti abbiano una valenza fortemente orientata alla risocializzazione. Certo è fondamentale il compito del territorio e delle sue risorse. E in questo penso che la nostra regione possa ritenersi all’avanguardia nella sua storica cultura di comunità capace di pensare e progettare   in grande per il bene dei suoi cittadini.

Quale, secondo Lei, dovrebbe essere il ruolo delle istituzioni e delle agenzie educative, principalmente famiglia e scuola, e dell’ambiente sociale?

Sono temi che meritano una attenta riflessione ed io mi auguro che in questo tempo di mia permanenza a Bologna si possano costruire percorsi virtuosi di confronto e collaborazione. In fondo l’AG anche minorile non può efficacemente compiere il proprio ruolo se non interagisce con il territorio e con le agenzie di socializzazione primaria e secondaria. L’educazione dei giovani è compito dell’intera comunità; la rieducazione ancora di più. La prevenzione poi misura la capacità della società degli adulti di prendersi cura dei più piccoli, di porre attenzione alla loro domanda ed al loro diritto di crescere come persone felici

Lei si occupa, a livello internazionale, di cooperazione giudiziaria nell’ambito della Rete internazionale dei giudici della Convenzione dell’Aja sulla sottrazione dei minori: che cosa apprezza dell’esperienza degli altri Paesi e quali soluzioni Le piacerebbe vedere applicate anche nel nostro sistema giudiziario?

Questa esperienza di confronto e di cooperazione internazionale, fra le altre cose, mi ha consentito di apprezzare come in molti paesi si presti molta attenzione alla specializzazione degli organi giudiziari che si occupano di famiglia e minori. Una specializzazione che viene assicurata attraverso l’esclusività delle funzioni, percorsi formativi multidisciplinari che rendono i giudici competenti ed esperti, capaci di celebrare processi nel rispetto delle regole ma con una specifica attenzione a forme di risoluzione alternativa delle controversie fra cui la Mediazione in ambito penale ed anche civile.

Mi piace citare in conclusione due film interpretati da due attrici eccezionali
“The Children act -Il Verdetto”con una strepitosa Emma Thompson e “A testa Alta” con l’ affascinante Catherine Deneuve.

Attraverso le mirabili interpretazioni delle due protagoniste queste opere raccontano due storie di giustizia “minorile” nel panorama internazionale: la prima nel sistema anglosassone di common law affronta temi caldi quali l’esercizio della responsabilità ed il principio di autodeterminazione del minore e la seconda in ambito penale si occupa di devianza e recupero nel contesto della società francese.

Entrambe raccontano sistemi processuali e storie di operatori della giustizia davvero specialisti che uniscono alla competenza ed al rigore dell’applicazione della norma la delicatezza necessaria quando si entra nella vita delle persone soprattutto nella stagione della adolescenza e giovinezza.

Quella delicatezza è il “tocco del cuore” che consente all’adulto di guardare negli occhi il ragazzo nel cui Best interest deve esercitare la giurisdizione, che lo abilita a scommettere su di lui, a prendersene cura, a credere nella sua possibilità di recupero, quel “tocco” che genera fiducia e costruisce futuro.

Chissà che non si possa riflettere insieme dopo un buon film sulla nostra comune scommessa per una giustizia “dolce” capace di sanare le ferite e ricucire strappi e fratture, per costruire relazioni nuove in una società più riconciliata ed accogliente che continua a fidarsi dei giovani.

La Commissione famiglia e persone del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna (Avv. Stefania Tonini-referente; Avv. Monia Aquili – Avv. Silvia Fabbri –Avv. Katia Lanosa)

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