Attività del Consiglio Pareri deontologici e ordinamentali

Incompatibilità professionale – art 18, 19 legge 247/2012 – società familiare in accomandita – socio accomandatario – limiti – Verbale 18/12/2019

Riferisce il Consigliere Avv. Katia Lanosa in merito alla richiesta di parere preventivo dell’Avv. Gianluigi Caio.

In data 5/11/2019 l’Avv. Gianluigi Caio ha depositato presso la Segreteria del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna, richiesta di parere preventivo in ordine alla compatibilità tra l’iscrizione all’albo degli avvocati e l’assunzione della carica di socio accomandatario nella costituenda Società di persone in accomandita semplice avente ad oggetto l’amministrazione e la gestione di beni familiari.

L’esame della fattispecie non può prescindere dalla ratio sottesa all’art. 18 della L. 31/12/2012 n. 247.

La disciplina della incompatibilità, e le sue eccezioni, sono, infatti, rispettivamente contenute negli articoli 18 e 19.

Giova rilevare che tali norme, diversamente da altre, sono di immediata applicazione rispetto alla data di entrata in vigore della legge citata.

È bene, da subito, evidenziare che la novità consente l’assunzione della qualità di amministratore unico, Consigliere Delegato e di Presidente del Consiglio di amministrazione per le società c.d. famigliari e per enti, consorzi e società a capitale interamente pubblico.

La ratio delle norme richiamate, è, come nel sistema previgente, quello di garantire l’autonomia e l’indipendenza dell’Avvocato nell’esercizio della sua attività professionale: “indispensabili condizioni dell’effettività della difesa e della tutela dei diritti”, come recita l’art. 1, comma 2, lett. b), della citata legge, e i principi su cui si fonda l’esercizio dell’attività di avvocato, come dispongono l’art. 2, comma 1 “L’avvocato è un libero professionista che, in libertà, autonomia e indipendenza svolge le attività di cui ai commi 5 e 6”, e l’art. 3, comma 1, primo periodo “L’esercizio dell’attività di avvocato deve essere fondato sull’autonomia e sulla indipendenza dell’azione professionale e del giudizio intellettuale.”

In particolare la lettera c) dell’art. 18 sancisce che: “la professione di avvocato è incompatibile con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l’esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente del consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione. L’incompatibilità non sussiste se l’oggetto dell’attività della società è limitato esclusivamente all’amministrazione di beni, personali e familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico”.

Al precedente dettato normativo deve poi aggiungersi il diretto richiamo effettuato dall’art. 6 del C.D.F. che sancisce per l’Avvocato il divieto di esercitare attività incompatibili con la permanenza dell’iscrizione all’albo e con i doveri di indipendenza, dignità e decoro della professione forense.

Anche il precedente orientamento giurisprudenziale, pur in vigore della Legge professionale del 1933 e del previgente codice deontologico, circoscriveva l’incompatibilità fra professione forense e cariche sociali alle ipotesi in cui il soggetto fosse titolare di effettivi poteri gestionali, non riconoscendo alcuna condizione di incompatibilità qualora le sue funzioni fossero di mera rappresentanza.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 25797 del 18 novembre 2013, in tema di compatibilità fra la professione di avvocato e la carica di presidente di un consiglio di amministrazione di una società (invero nel caso di specie trattavasi di praticante avvocato, ma le considerazioni giuridiche sottese alla decisione rimangono le stesse) ha evidenziato come il nuovo disposto normativo di cui all’art. 18 della L. 247/2012, laddove circoscrive poteri gestori, recepisce un consolidato orientamento giurisprudenziale, che appunto, escludeva l’incompatibilità fra la professione forense e l’assunzione di cariche che fossero prive di effettivi poteri di gestione o di rappresentanza.

La riforma forense, con la lettera d) dell’art. 18, supera, in senso maggiormente libertario e preconcorrenziale, la normativa precedente del 1933. Il legislatore, in effetti, ha apportato innanzitutto uno “svecchiamento” generale della disciplina, tenendo in considerazione gli orientamenti interpretativi forensi e giurisprudenziali formatisi in materia, introducendo novità sostanziali in punto di disciplina.

Come si può notare, in questo caso il Legislatore si è implicitamente attenuto all’orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte (Cass., Sez. Un., n. 14810/2009), eliminando, in primis, il dubbio interpretativo creato dall’espressione “ogni altro impiego retribuito”, di cui al comma 3 dell’art. 3 del vecchio ordinamento forense, ovvero se essa si riferisse solo all’attività subordinata o anche a quella autonoma, e riaffermando così il principio per cui lo svolgimento di un’altra attività autonoma costituisce incompatibilità solo se svolta in via continuativa o professionalmente, e non nel caso in cui si tratti di svolgimento limitato o di breve durata o saltuario.

Infatti, ha espressamente prescritto l’incompatibilità dell’esercizio della professione di avvocato con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta “continuativamente o professionalmente”, escludendo non solo quelle di carattere scientifico e letterario, come in passato, ma anche quelle di carattere artistico e culturale. In deroga, ancora, al disposto in questione, la norma consente agli avvocati di iscriversi nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell’elenco di pubblicisti e nel registro dei revisori contabili o nell’albo dei consulenti di lavoro, ma non di esercitare l’attività di notaio, come in passato.

In secondo luogo, l’art. 18, lett. b), stabilisce che la professione forense “è incompatibile con l’esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio o in nome o per conto altrui.”

In questo caso, il Legislatore ha precisato, a differenza del passato, che l’incompatibilità sussiste con l’esercizio di “qualsiasi” attività di impresa commerciale svolta non solo in nome proprio o altrui, ma anche “per conto di altri”, facendo salva, comunque, la possibilità di assumere incarichi di gestione e vigilanza nelle procedure concorsuali o in altre procedure relative a crisi di impresa.

Ancora, l’art. 18, lett. c), prescrive, come precisato sopra, che la professione forense è incompatibile “con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l’esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione”, specificando che questo tipo di incompatibilità non sussiste se l’oggetto della attività della società è limitata esclusivamente all’amministrazione di beni, personali o familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico.”

A tal fine è stato rilevato che in ordine all’ipotesi in cui l’avvocato non si limita a svolgere l’attività di amministratore di condominio ma assume al contempo la carica di amministratore di società avente ad oggetto l’attività di gestione del condominio, per il Cnf trova applicazione la disposizione di cui all’art.18, lettera c) della legge 247/2012 in base alla quale l’esercizio della professione forense è incompatibile con “la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l’esercizio di attività di impresa commerciale …. nonché con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione. L’incompatibilità non sussiste se l’oggetto dell’attività delle società è limitato esclusivamente all’amministrazione di beni, personali o familiari” (CNF parere del 16 gennaio 2019 n.1, rel. Baffa).

Già con parere n. 23 del 20 febbraio 2013, il CNF aveva ritenuto che non sussiste incompatibilità alcuna tra l’esercizio della professione forense e lo svolgimento di attività di gestione di condomini.
Nel caso di specie, tuttavia, rileva la circostanza specifica che l’iscritto non si limita a svolgere l’attività di amministratore di condominio, ma assume al contempo la carica di amministratore di società avente ad oggetto l’attività di gestione del condominio. Da ciò consegue che trova applicazione, nella specie, la disposizione di incompatibilità di cui all’art. 18, lett. c) della legge n. 247/12.

La norma di cui all’art.18 lettera c) è una integrazione speciale del disposto di cui alla lettera precedente. Anche in questo caso, il Legislatore si è attenuto agli orientamenti giurisprudenziali formatisi durante la vigenza dell’art. 3 del r.d.l. n. 1578 del 1933, di cui si è dato conto sopra.

Nel complesso, la nuova disciplina della incompatibilità con le sue nuove eccezioni, contenute negli artt. 18 e 19, rappresenta una rivisitazione della vecchia disciplina.

L’intento del legislatore è stato quella di renderla più consona, adeguata e conforme alle esigenze della società contemporanea.

È pur vero che, caso per caso, ciascun professionista è chiamato, se soggetto cosciente e capace di comprendere l’essenza della funzione sociale della professione presupposta, a valutare se l’assunzione e lo svolgimento di ruoli diversi consenta il rispetto di principi di autonomia ed indipendenza e, soprattutto, se possono costituire un vero e proprio pregiudizio della dignità e decoro personale e professionale.

Il confine rispetto a condotte disciplinarmente rilevanti, come nell’ipotesi di conflitti di interesse con i clienti, è davvero sottile.

Per tale motivo è stato chiesto all’Avv. Caio di trasmettere una bozza della costituenda società in accomandita semplice.

Venivano inviati in data 17 dicembre 2019 elenco dei beni costituenti patrimonio sociale e atto di costituzione  di società in accomandita semplice a ministero Notaio Andrea Forlani che all’art.3 testualmente prevede “La società ha per oggetto le seguenti attività: la gestione, l’amministrazione ed il godimento di beni immobili, beni mobili e beni mobili registrati di proprietà della stessa che le pervengono da patrimonio personale o familiare dei soci, nonché la locazione degli stessi, con particolare riferimento all’attività di “charter” per il conseguimento dell’oggetto sociale.

La società potrà compiere tutte le operazioni mobiliari, immobiliari e finanziarie attinenti e necessarie nel perseguimento dell’oggetto sociale. La Società potrà occasionalmente, in via secondaria e non principale, assumere partecipazioni ai fini comunque di investimento stabile e non ai fini del collocamento ed interessenze sotto qualsiasi forma, in aziende commerciali o industriali, in società costituite o costituende, aventi oggetto analogo od affine o comunque connesso al proprio...”

Si evidenzia come l’espressione contenuta nel primo capoverso “…con particolare riferimento all’attività di charter…” e quella di cui al secondo capoverso “…in aziende commerciali o industriali…” profilerebbero un’ipotesi di incompatibilità con l’esercizio della professione forense considerato che, l’attività di charter non è mera locazione ma attività imprenditoriale e consentendo la seconda la compartecipazione in società commerciali; viceversa stralciando i due incisi dal testo dell’atto non pare doversi ravvisare incompatibilità alcuna.

Da quanto precede è possibile concludere che, non sussista, nella specie, alcuna causa di incompatibilità che osti all’adesione, da parte dell’Avv. Gianluigi Caio, alla proposta di ricoprire la carica di socio accomandatario della costituenda società di persone in accomandita semplice avente ad oggetto l’amministrazione e la gestione di beni familiari sempre che, l’esercizio delle funzioni attribuitegli – anche nell’ambito dei poteri individuali di gestione – dovrà costantemente risultare rispettoso dei principi etici e morali dettati dalle norme deontologiche professionali, in funzione del conseguimento dello scopo che si prefigge la S.a.S. e sempre che l’atto di costituzione della società in accomandita semplice venga redatto con gli accorgimenti di cui si è detto sopra.

In tal senso si rilascia il parere richiesto, ritenendo che, attenendosi ai dettami normativi e alle disposizioni richiamati, nonché al parere reso nel suo insieme, l’istante possa trovare adeguata e satisfattiva risposta al quesito formulato, per la migliore rappresentanza della categoria professionale e, al tempo stesso, della società.

Il Consiglio, all’esito, ringrazia il Consigliere Avv. Katia Lanosa e delibera di far proprio il parere espresso.

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