Attività del Consiglio Pareri deontologici e ordinamentali

Albo avvocati – lavoro dipendente – compatibilità – pendenza procedimento disciplinare – Verbale adunanza del 20/02/2019

Riferisce il Consigliere avv. Saverio Luppino che con istanza protocollata in data 12.02.2019 e successivamente assegnata allo scrivente consigliere, la Collega Avv. Mevia ha richiesto al Consiglio dell’Ordine, parere deontologico sulla:

“compatibilità della permanenza nell’Albo degli Avvocati di un avvocato che divenga dipendente, in qualità di giurista d’impresa o altro, di datore di lavoro privato; alla possibilità per l’avvocato che ottenga una proposta di lavoro dipendente e che sia soggetto a procedimento disciplinare di cancellarsi dall’Albo”

A) Relativamente al primo quesito, la legge ordinamentale (247/12), art. 18, lett. d), prevede l’incompatibilità della professione di avvocato: “con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario limitato”.

Il Consiglio dell’Ordine si è già occupato con precedenti pareri ed il CNF si è già espresso su analogo, quesito n. 279, COA di Bologna, Rel. Cons. Salazar, Parere 10 marzo 2017.

Il COA di Bologna pone il seguente quesito: “Se la previsione dell’art. 2, n. 6 della legge n. 247/2012 consenta a qualsiasi “giurista d’impresa”, anche se non iscritto all’ufficio legale di un ente pubblico o a maggioranza pubblica, di iscriversi all’Albo degli Avvocati, in deroga a quanto previsto dall’art. 18 della legge stessa”.

La risposta al quesito è nei seguenti termini. Va anzitutto precisato che le fattispecie “giuristi d’impresa” e “avvocati degli enti pubblici” devono essere tenute distinte in quanto assoggettate dalla L. n. 247/2012 a differente disciplina. I “giuristi d’impresa” sono regolati dall’art. 2, c. 6, della L. P. al solo fine di consentire agli stessi l’esercizio dell’attività professionale di consulenza e assistenza legale stragiudiziale previa instaurazione di rapporti di lavoro subordinato ovvero stipulazione di contratti di prestazione d’opera continuativa e coordinata nell’esclusivo interesse del datore di lavoro o del soggetto in favore del quale l’opera viene prestata. Lo status di “giurista d’impresa” non consente l’iscrizione all’albo degli avvocati stante l’incompatibilità di cui all’art. 18, lettera d). La deroga prevista dall’art. 2, c. 6, è pertanto limitata, come si è detto, all’attività stragiudiziale in favore del datore di lavoro. Gli avvocati degli enti pubblici, figura assai diversa dai c.d. “giuristi d’impresa”, con i quali non vanno confusi, sono assoggettati alla speciale disciplina dettata dall’art. 23 della L.P., per l’esame della quale – con specifico riferimento al profilo delle incompatibilità – si rinvia al recente parere dell’ufficio studi del 28.2.17, ai pareri di questa Commissione (ad es. nn. 56 e 61 del 2016) e alla giurisprudenza della Corte di Cassazione (ad es., SS. UU., sent. n. 19547/10) e del CNF (ad es., sentenze nn. 134 e 188 del 2015).

Tenuto conto, che anche a seguito di recenti sollecitazioni de iure condendo la normativa allo stato non è mutata, si conclude per l’incompatibilità dell’esercizio della professione di avvocato con l’attività di lavoro subordinato (“impiegato di primo livello super quadro”), come richiesto dalla Collega, fermo restando che ove concesso dal datore di lavoro e se rispetti la normativa primaria di settore (non concorrenza/esclusiva) potrà prestare attività di consulenza e stragiudiziale (attività non riservate) a beneficio di altri soggetti

B) Relativamente al secondo quesito ed al corollario dell’assolvimento degli obblighi formativi, potranno essere trattati unitariamente.

L’art. 17, comma 16 L.247/12 prevede che: “non si può pronunciare la cancellazione quando sia in corso un procedimento penale o disciplinare”.

La norma deve essere letta con lo spirito che ha guidato il redattore e che ricalca l’art. 37 del RDL 1578/33, ossia non può e deve ostacolare l’esercizio dell’attività vincolata del Consiglio dell’Ordine, il quale nell’ambito dei suoi poteri, vigila sui propri iscritti e verifica situazioni di potenziale incompatibilità con l’esercizio della professione.

Il CNF, si è già occupato della questione, nel corso di vari pareri, che significativamente si riportano.

Dapprima il 17.09.2015, rel. Salazar, ha previsto:

“Tuttavia, la cancellazione d’ufficio per causa di incompatibilità costituisce per il COA attività vincolata, rispondente all’obiettivo – assorbente rispetto all’esercizio della potestà disciplinare – di evitare che l’attività professionale venga esercitata da soggetti che versino in condizioni di potenziale conflitto di interessi, tali da giustificare la causa di incompatibilità.”

Ed ancora più di recente, con parere 24.5.2017, rel. Picchioni, in un caso analogo a quello di cui alla fattispecie in esame ed in ragione della “tutela dell’interesse pubblico e del corretto esercizio della professione”, ha riconosciuto:

Di tal ché può concludersi che la cancellazione dall’Albo potrà essere disposta anche in pendenza del procedimento disciplinare.

Infine, quanto alla richiesta se nel perdurare della nuova situazione professionale, la Collega sia tenuta all’assolvimento degli obblighi formativi, la risposta va da sé, tale obbligo è escluso, considerando il Regolamento nazionale del CNF di riferimento in materia e tenuto conto dell’ultima Circolare Attuativa ed Interpretativa del presente COA di Bologna (7.3.2018), che all’articolo 1), prevede:

“Articolo 1 – Obbligo formativo A) Fermo restando quanto previsto per i praticanti abilitati al patrocinio, sono tenuti all’obbligo della formazione continua tutti gli avvocati iscritti all’Albo dell’Ordine di Bologna, compresi gli avvocati iscritti nei seguenti Elenchi e Sezioni speciali dell’Albo: degli avvocati dipendenti da enti pubblici, degli avvocati sospesi dall’esercizio professionale per qualsiasi causa, degli avvocati stabiliti. B) L’obbligo di formazione continua sussiste per il solo fatto dell’iscrizione all’Albo o all’Elenco dei praticanti abilitati al patrocinio, e cioè a prescindere dall’esercizio in atto, o meno, dell’attività professionale, e perciò anche se questa non sia di fatto svolta o lo sia in maniera marginale, episodica o discontinua, fatte salve le condizioni di esenzione ed esonero previste all’art. 15 del Regolamento e fermo in ogni caso quanto previsto dall’art. 21 n. 1 della legge n. 247/2012 e dal d.m. n. 47/2016 sulla necessità di esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione forense, a pena di cancellazione dall’Albo.”

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