Attività del Consiglio Pareri deontologici e ordinamentali

Testimonianza avvocato – riservatezza – limiti – Verbale adunanza del 13/02/2019

Riferisce il Consigliere avv. Saverio Luppino che con istanza protocollata in data 30.01.2019 e successivamente assegnata allo scrivente consigliere, il Collega  Avv. Mevio ha richiesto al Consiglio dell’Ordine, parere deontologico riguardo alla possibilità di assumere la difesa di una parte processuale convenuta in giudizio, in ragione della specifica circostanza che la controparte, nella specie attore della causa, avrebbe indicato il suddetto difensore nella lista dei testi da eventualmente escutere, in esito all’ammissione delle istanze istruttorie dedotte nel libello introduttivo.

Il Consiglio dell’Ordine si è già occupato con precedenti pareri di chiarire i limiti della testimonianza dell’avvocato nel processo (civile e penale) e le correlazioni con i doveri di riservatezza di cui all’art. 51 del Codice deontologico.

Si è già scritto che il nuovo testo dell’articolo 51, rispetto alla precedente versione, tipizza e specifica i doveri di riservatezza nell’ambito del perimetro della deposizione dell’avvocato, accentuandone “l’assoluta inopportunità” e superando la locuzione del testo precedente “per quanto possibile”; talchè si ritiene che ora il divieto possa ricomprendere ed essere esteso anche alleinformazioni rivelate dal cliente in un momento anteriore al conferimento del mandato professionale

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito il paradigma che l’obbligo di astensione dipende dall’esistenza di un mandato professionale con l’Avvocato, specificando che: “quest’ultimo debba astenersi dal deporre come testimone su circostanze che siano state apprese nell’esercizio della propria attività e siano inerenti al mandato ricevuto” (Cass. Pen., sez. VI, 02 aprile 2013, n. 15003 – MILO Presidente – PETRUZZELLIS Relatore).

Ciò nondimeno,per consolidata giurisprudenza del CNF e della Corte di Cassazione, il rapporto tra il ruolo di difensore e quello di testimone non si presta ad essere disciplinato in termini assoluti ed astratti ed in maniera apodittica, ma va contestualizzato e valutato, caso per caso, non trattandosi di incompatibilità assoluta ma relativa e rilevando esclusivamente sotto il profilo deontologico e non processuale.

La ratio del divieto va ricercata nella necessità di garantire che, attraverso la testimonianza, il difensore non venga meno ai canoni di riservatezza, lealtà e probità cui è obbligato ad attenersi nell’ attività di difesa, rendendo pubblici fatti e circostanze apprese a causa della sua funzione e coperte dal segreto professionale espressamente da ricondursi all’articolo 28 del codice deontologico.

La relazione illustrativa al codice deontologico e la stessa giurisprudenza del CNF, antecedente all’ingresso della riforma del codice stesso, specificava come: “Il divieto non può che operare nel medesimo processo che vede l’avvocato svolgere l’ufficio di difensore, ruolo che è obbligato a dismettere nel momento in cui decide di avvalersi della facoltà di rendere testimonianza e precedentemente alla sua escussione, al fine di evitare la commistione dei ruoli stessi. In altre parole l’avvocato non può trovarsi contemporaneamente a rivestire i due ruoli nel medesimo processo”.

Nel caso sottoposto all’esame del Consiglio, l’avv. Mevio non ha ancora assunto il mandato defensionale della cliente citata in giudizio e ciò che chiede all’Ordine è un parere sulla possibilità di assumere la postulatio della convenuta.

E’ pur vero che nel libello introduttivo, l’attore formula espresso richiamo ad un precedente che ha visto coinvolti i medesimi soggetti processuali ed in ordine al quale, secondo quanto scrive l’attore e ferma ogni confutazione della convenuta, quest’ultima avrebbe conferito all’avv. Mevio la postulatio, per evitare che il collega potesse poi depore nel ricorso per sequestro preventivo.

Fermo, che rimangono estranee in questo contesto, le ragioni e le motivazioni riguardanti altra precedente domanda processuale, vi è da rilevare che l’attore enfatizza la circostanza specificando sempre nel libello introduttivo che: “orbene, non senza precisare, sin d’ora, che qualora controparte, anche in questa sede di merito, operasse medesima scelta, nell’interesse dell’attore si assumeranno tutte le necessarie iniziative, anche presso il competente Consiglio dell’Ordine, affinché l’avv. Vittorio Mazza venga ammesso a rendere testimonianza sull’oggetto del presente giudizio”.

A questo specifico riguardo, si osserva che la richiesta di parere dell’avv. Mevio appare più che legittima, in quanto intende valutare, alla luce di quanto risulterà nelle conclusioni del parere, se assumere o meno il mandato defensionale della convenuta, nonostante risulti indicato come testimone dall’attore.

Questo Consiglio ritiene che nel vigore dell’art.28 e 51 ed anche fermo l’obbligo del segreto professionale (art.13), non vi sia al momento alcuna incompatibilità ad assumere la postulatiodi parte convenuta, atteso che le richieste istruttorie avanzate dall’attrice, risultano allo stato mere istanze, in attesa che il Tribunale ne riconosca l’ammissibilità e la rilevanza.

Non si ravvedono neppure incompatibilità all’assunzione dell’incarico ai sensi dell’art. 23 cod DEO e conflitto di interessi ai sensi dell’art. 24.

Di tal ché allo stato, fermi i diritti doveri di libertà, autonomia ed indipendenza dell’avvocato, non sussistono motivi ostativi affinché il collega Mevio possa difendere in giudizio la parte convenuta, nonostante sia indicato tra i testi a deporre, non rivelandosi violazioni di norme deontologiche.

Si comunichi all’avv. Mevio.

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