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Speciale inaugurazione anno giudiziario 2018

CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA
CERIMONIA DI INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2018

Intervento del Presidente dell’Ordine Forense di Forlì-Cesena

Signor Presidente della Corte di Appello, Signor Procuratore Generale, Autorità civili, militari, religiose, Colleghe, Colleghi, anche degli Ordini gemellati di Marsiglia e Tolosa, Magistrati tutti, Signore e Signori.

Ho l’onore di prendere la parola in rappresentanza dell’Avvocatura del Distretto, in questa solenne occasione.

Mi sia consentito, in primo luogo, rivendicare il ruolo, imprescindibile, indispensabile, che l’avvocato svolge nell’ambito della giurisdizione.

Noi siamo i difensori dei diritti, che siano dei colpevoli o delle vittime; noi siamo, dobbiamo essere, i garanti del giusto processo, della completa attuazione ed applicazione dell’art. 111 della Costituzione.

Noi siamo i custodi della legalità: di quella legalità che non trova riscontro nella deriva giustizialista, secondo la quale più numerose sono le condanne, più severe le pene, più si vive nella legalità.

La legalità è l’opposto dell’idea autoritaria o repressiva che sta dietro al giustizialismo, linfa di ogni ideologia totalitaria.

E non è un caso se i regimi totalitari tentano, tutti, di limitare, se non eliminare, l’attività degli avvocati.

Siamo, ci sentiamo custodi della democrazia, perché il valore della legalità risiede nella certezza del diritto, nella difesa dei diritti civili, nella trasparenza delle regole di funzionamento del processo.

E, nella certezza che la giustizia si pratica e si applica nei processi, non sui mezzi di comunicazione di massa, richiamo, ancora, con vigore, il testo degli artt. 24 e 111 della Costituzione, che contengono tutti i principi che definiscono la legalità e lo stato di diritto.

È opportuno ricordare che le massime istituzioni di Magistratura ed Avvocatura hanno tentato, in perfetta sintonia di intenti, specialmente negli ultimi anni, di concretizzare sinergie che, consentissero e consentano di ridurre le conseguenze di quello che, pur in presenza di segni di miglioramento, è l’endemico problema del funzionamento della Giustizia nel nostro Paese: l’eccessiva durata dei processi penali e delle cause civili.

Le disfunzioni che questa criticità crea alla collettività sono enormi, ad esempio sotto il profilo di mancati investimenti dall’estero: si stima che tali ritardi determinino, con buona approssimazione, un danno pari a circa l’1% del PIL, ovvero oltre 16 miliardi di euro, ai quali si aggiungono circa 84 milioni di euro, ogni anno, per il pagamento degli indennizzi ai cittadini vittime della durata irragionevole dei processi in forza della legge Pinto che, dalla sua entrata in vigore, nell’anno 2001, ha inciso negativamente sui conti pubblici per circa un miliardo di euro.

A queste problematiche Magistratura ed Avvocatura hanno cercato di porre rimedio con gli strumenti attualmente disponibili, stipulando protocolli comuni e linee guida, con l’intento di semplificare e, di conseguenza, rendere più rapido ed efficiente il lavoro di tutti.

Ma occorre prestare attenzione: non tutte le riforme, attuate o progettate, hanno conseguito o previsto il risultato effettivo.

Ed entro nello specifico, con riferimento al nostro Distretto.

La ipotizzata chiusura di tre sezioni fallimentari (Forlì, Cesena, Ravenna e Piacenza), come da conclusioni della Commissione Rordorf, sarebbe esempio eclatante di contro-riforma.

Come già dimostrato dalla modifica della geografia Giudiziaria, con la soppressione, a volte incomprensibile, di numerose e, mi si consenta, importanti sedi distaccate, la violazione del principio di prossimità arreca più danni che benefici.

A tutti gli utenti della Giustizia: i cittadini, gli avvocati, gli ausiliari dei Giudici, spesso ai Giudici stessi.

Ma il pregiudizio maggiore investirebbe i debitori, i creditori, tutti coloro che hanno interesse ad una sollecita definizione delle procedure concorsuali, soprattutto quelle che prevedono la continuità aziendale.

Senza contare il sovraccarico delle cancellerie destinatarie dell’accorpamento, e la dispersione delle competenze maturate da magistrati e personale amministrativo.

Consideriamo quindi la ipotizzata riduzione a 46 delle sezioni fallimentari una “riforma” che non merita di essere approvata.

Quando la crisi economica mondiale pare finalmente attenuarsi, privare non solo gli avvocati, ma intere categorie di professionisti, i commercialisti, i notai, i periti, di legittime opportunità di lavoro, dopo che tutti, statistiche alla mano, negli ultimi anni hanno visti ridotti drasticamente i loro introiti costituisce indice di miopia politica del tutto incomprensibile.

In ogni caso, e tenuto in debita considerazione il fatto che la politica pare essersi accorta della gravità della situazione, indicendo recentemente svariati concorsi, sia per magistrati che, soprattutto, per il personale amministrativo, la carenza del quale è probabilmente ancor più pregiudizievole di quella dei Giudici, va sottolineato con forza il contributo fattivo, concreto, sostanziale che l’Avvocatura sta dando al funzionamento della Giustizia.

L’Unione Regionale degli Ordini, per quanto riguarda la Corte di Appello, e gli Ordini territoriali, per i Tribunali del Distretto, secondo le rispettive possibilità, hanno messo a disposizione dell’Autorità Giudiziaria risorse di personale, finanziarie, tecnologiche, assumendosi responsabilmente un ruolo di supplenza nei confronti della Pubblica Amministrazione.

Ed allora, su questo presupposto, ritengo opportuno ricordare, in questa sede solenne, come quest’anno ricorra il decennale delle prime elezioni dei Consigli Giudiziari (avvenuta infatti nell’aprile 2008), finalmente aperti, dopo oltre un secolo, alla partecipazione di laici provenienti dall’Avvocatura e dall’Accademia.

Forse noi stessi avvocati, in un primo tempo, non abbiamo perfettamente compreso l’importanza che questa partecipazione ci offriva, ma anche gli oneri che comportava.

In ogni caso ora l’Avvocatura del Distretto è fermamente convinta che questa sia una importante sede di confronto comune nell’interesse della Giustizia. La Magistratura non deve avere alcun timore di aprire alla componente laica, quanto più sia possibile a legislazione vigente, come autorevolmente auspicato a suo tempo dallo stesso Consiglio Superiore oltre che dal Primo Presidente della Cassazione e dal Ministro della Giustizia.

In questo senso auspichiamo che ai consiglieri laici sia consentito il “diritto di tribuna”, anche sulle materie sulle quali non possono deliberare, come avviene da tempo in altri Distretti, primo tra tutti quello lombardo.

Perché abbiamo compreso l’importanza di offrire il nostro contributo di conoscenza ai Dirigenti degli Uffici in sede di formazione delle Tabelle, per il tramite dei Consiglieri Giudiziari che, pur nella loro autonomia, assicurata dalla nomina da parte del Consiglio Nazionale Forense e dalla non rieleggibilità, lavorano a stretto contatto con gli Ordini, di modo che questo momento, che pare burocratico ma è essenziale per garantire il principio del Giudice Naturale, veda l’importante apporto che solo il Foro può offrire, per il patrimonio di conoscenza amplissimo e diverso da quello della Magistratura.

E come trascurare il fondamentale contributo che proviene dalla Magistratura Onoraria, in gran parte costituita da Avvocati?

Senza i Magistrati Onorari, senza Giudici di Pace, senza Vice Procuratori Onorari la paralisi sarebbe inevitabile (come dimostra anche lo sciopero in corso in questi giorni).

Ed allora a questi Colleghi, giustamente delusi per la del tutto insoddisfacente normativa recentemente introdotta, che, anziché riconoscerla, svilisce la loro professionalità, non può che andare, pubblicamente, il plauso ed il ringraziamento dell’Avvocatura del Distretto.

Con la precisazione che a tale attività, indubitabilmente meritevole di un degno riscontro, non può non corrispondere una selezione ed una continua formazione che garantisca una competenza tecnica all’altezza.

In questo senso di straordinaria importanza è l’attività della Sezione Autonoma del Consiglio Giudiziario per la Magistratura Onoraria Alla sezione sono oggi attribuiti, oltre ai compiti già in precedenza previsti, anche le pratiche relative alle procedure per la nomina dei magistrati onorari, all’organizzazione del loro tirocinio negli uffici, alla conferma nell’incarico e, soprattutto, alla delicatissima materia dei procedimenti disciplinari, che vengono dunque istruiti a livello locale.

Il giusto riconoscimento di una funzione giurisdizionale, con la rilevante responsabilità che comporta, è questione di decoro: quel decoro che deve contraddistinguere la professione dell’Avvocato, così come imposto dalla nostra Legge Professionale e del nostro Codice Deontologico.

Fondamentale quindi la tutela dell’indipendenza e della dignità non solo della Magistratura, ma anche dell’Avvocatura: ed a questo proposito non posso, come avvocato, non dare atto dell’attività del nostro massimo organo istituzionale, il Consiglio Nazionale Forense che, concretamente, ha conseguito risultati rilevanti perché il nostro lavoro sia “decoroso”. Mi riferisco alla recente introduzione della normativa sul c.d. equo compenso, che, ponendo in parte riparo alla inopportuna abolizione dei minimi tariffari inderogabili, consente di ottenere un riconoscimento economico non oltraggioso dalla clientela più importante; tengo a sottolineare come l’abolizione delle tariffe minime, pubblicizzata come strumento di tutela dell’utenza, altro non abbia causato se non l’esplosione di una incontrollata concorrenza al ribasso, in favore soprattutto della c.d. clientela istituzionale, con conseguente, inevitabile pregiudizio della qualità della prestazione; mi riferisco alla oramai prossima pubblicazione dei nuovi parametri per la liquidazione dei compensi da parte dei Giudici, parametri che hanno conseguito l’autorevole apprezzamento del Consiglio di Stato; mi riferisco alla codificazione del legittimo impedimento per le nostre Colleghe in stato di gravidanza.

La rilevanza dell’attività svolta dalla nostra massima rappresentanza istituzionale troverà giusto riconoscimento in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario del Consiglio Nazionale, il prossimo 9 febbraio, a Roma: per la prima volta, parteciperà il Presidente della Repubblica.

Ci attendiamo, inoltre, un importante contributo dal nuovo Organismo di rappresentanza politica, l’Organismo Congressuale Forense, che, dopo un primo anno di rodaggio, auspichiamo possa supportare concretamente l’attività del CNF.

Ma, anche questo è argomento di interesse generale, perché l’attività di giudici ed avvocati possa essere considerata decorosa, è indispensabile che sia svolta in ambienti di lavoro dignitosi: e, per quanto riguarda il nostro Distretto, tale non può certamente essere considerata l’attuale sede del Tribunale e della Procura per i Minorenni: sollecito, su questo particolare problema, l’intervento auspicabilmente tempestivo del Ministro della Giustizia il cui rappresentante è presente in questa Assemblea.

Tribunale e Procura per i minorenni che, essendo distrettuali, presentano, per tutti gli operatori, che siano avvocati, assistenti sociali, esperti, le stesse problematiche cui accennavo prima, in termini di mancanza di prossimità.

Concludo rivendicando, con forza, l’orgoglio di essere Avvocato, di appartenere ad un Ordine, di vestire la toga; e di esercitare l’attività forense in questo Distretto, da sempre considerato fucina di insigni giuristi. E rammento le indimenticabili parole con le quali l’Avvocato Enrico De Nicola, primo Presidente della Repubblica, terminato il suo mandato si rivolse al Consiglio dell’Ordine: “Signori Consiglieri, Vi chiedo di volermi reiscrivere all’Ordine degli Avvocati, da quale, uscendo, mai si sale, e, rientrando, mai si scende”.

avv. Roberto Roccari
Presidente dell’Ordine Forense di Forlì-Cesena

Intervento del Presidente della Corte di Appello (pdf) Relazione Corte dei Conti (pdf) Relazione Commissioni Tributarie (pdf)

 

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