Attività del Consiglio Pareri deontologici e ordinamentali

Utilizzo della p.e.c. tra colleghi – Principio di correttezza e lealtà – Verbale adunanza del 7/2/2018

Riferisce il consigliere avv. Stefano Goldstaub in merito al quesito formulato dall’Avv. Sempronio che è certamente di attualità, in considerazione del sempre più diffuso utilizzo dello strumento della pec.

Come è noto le raccomandate ar tra Colleghi, vengono comunemente ritenute in contrasto con il generale principio di correttezza nei rapporti tra Colleghi, che deve considerarsi integrato anche nel non porre in dubbio l’altrui correttezza nei rapporti.

L’articolo 19 del nuovo codice deontologico, riporta il precetto già previsto nel vecchio Codice secondo il quale l’Avvocato “deve mantenere nei confronti dei Colleghi e delle Istituzioni Forensi un comportamento ispirato a correttezza e lealtà.”

Sotto questo profilo, l’utilizzo delle raccomandate non viene considerato in linea con tale previsione, posto che sottintenderebbe la sfiducia che il mittente ha nei confronti del Collega.

Analogo discorso può essere utilizzato anche qualora il mittente corrisponda attraverso una pec?

Dal punto di vista normativo (art. 48/2 cad d.lgs 82/2005) la pec è equiparata alla raccomandata a.r.

La natura dello strumento è certamente, in parte simile, anzi, forse superiore, come valenza, a quella di una raccomandata a.r. cartacea.

La semplice generazione di una ricevuta di consegna attesta infatti, l’avvenuta ricezione della comunicazione, anche a prescindere dall’effettiva lettura della stessa. Inoltre, il contenuto della comunicazione pec (a differenza di quello di una busta inviata a mezzo posta), non può essere messo in discussione.

Lo strumento della pec, però, non è solo finalizzato ad un aspetto certificativo.

Innanzitutto è uno strumento “a costo zero” e certamente di pratica utilizzazione, ai fini di una corrispondenza.

Come è noto, l’Avvocato è obbligato ad avere una pec ma non un indirizzo di posta elettronica normale.

L’indirizzo pec del collega è quindi facilmente conoscibile, in quanto risultante dal reginde e dal registro inipec, mentre non sempre è noto l’indirizzo effettivo di posta elettronica ordinaria.

L’utilizzo della pec permette dunque di confidare con buona certezza che il Collega riceverà il messaggio, diversamente da quanto può accadere con la posta elettronica ordinaria.

Fatte tali premesse, salvo che l’utilizzo della pec, non sia in evidente contrasto, nel caso concreto, con i principi di correttezza nei rapporti con il collega, non si ritiene che allo strumento possa essere riferito l’evidente biasimo che si accompagna, all’utilizzo di una lettera raccomandata a.r., la cui ricevuta postale di ritorno (a differenza della generazione automatica della pec di avvenuta consegna) viene espressamente richiesta dal mittente, con la precipua finalità di avere prova della avvenuta consegna.

Il Consiglio, all’esito, ringrazia il consigliere avv. Goldstaub per il parere reso che, nel testo sopra esposto, delibera di farlo proprio.

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