Tra il serio e il faceto

La giornata più gratificante della mia vita, grazie all’art.8 L.247/2012

Il giorno 27 maggio 2015 ho finalmente coronato il sogno che nutrivo fin da piccola: diventare avvocato.

Per me, cresciuta a “pane e legge”, in una famiglia di avvocati, il cui interesse preminente è sempre consistito nel servire la giustizia, la cerimonia dell’impegno solenne ha rappresentato realmente, e senza retorica alcuna, uno dei momenti più importanti e gratificanti della mia vita, cui debbo aggiungere l’orgoglio e la commozione nell’indossare la toga che, nell’occasione, era quella di mio padre.

Ebbene, la legge n. 247/2012, che ha riformato in maniera piuttosto significativa l’ordinamento della nostra appassionante professione, ha avuto il merito di introdurre all’art. 8 il c.d. impegno solenne, quale formale investitura ed iniziazione alla professione di avvocato.

La norma ha sostituito il vecchio giuramento che, i colleghi più “esperti” (per dirla con il Presidente, avv. Giovanni Berti Arnoaldi Veli) mi riferiscono essere stato alquanto anonimo e piuttosto sbrigativo, poiché pronunciato innanzi ai magistrati della Corte d’Appello Penale, i quali, impegnati in una tipica e frenetica giornata lavorativa, erano soliti liquidare i novelli avvocati con una certa urgenza e una, seppur comprensibile, freddezza.

L’art. 8 L. 247/2012 prevede che l’avvocato, per esercitare la professione forense, debba assumere formalmente, dinnanzi al Consiglio dell’Ordine in pubblica seduta, l’impegno solenne pronunciando la formula di rito: “Consapevole della dignità della professione forense e della sua funzione sociale, mi impegno ad osservare con lealtà, onore e diligenza i doveri della professione di avvocato per i fini della giustizia ed a tutela dell’assistito nelle forme e secondo i principi del nostro ordinamento”.

In questo senso, la riforma ha valorizzato il rito che sancisce formalmente l’ingresso del neo avvocato nella professione forense, il quale con tale cerimonia si sente pienamente investito dei doveri deontologici e morali che non dovranno mai mancare nel quotidiano della vita lavorativa.

Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna, grazie alla sapiente regia del Presidente avv. Giovanni Berti Arnoaldi Veli che, con le sue sentite parole, ha saputo interpretare puntualmente la solennità di questa cerimonia ed allo stesso tempo accogliere noi neo avvocati con grande calore, facendoci sentire appartenenti alla grande famiglia forense felsinea.

Nell’occasione il Consiglio dell’Ordine ci ha altresì omaggiato di un codice deontologico, del libro “Pagine sparse sull’avvocatura” dell’illustre collega Angiola Sbaiz (eletta nel 1978 Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna, prima donna in Italia ad aver raggiunto questa carica), copia della rivista Bologna Forense, nonché l’albo cartaceo degli avvocati di Bologna.

Concludo, certa di rappresentare anche il pensiero dei neo colleghi che hanno condiviso con me quest’esperienza, ringraziando di cuore il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna ed in particolare il Presidente per l’emozionante cerimonia, di cui conserverò per sempre il ricordo.

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Clarissa Cerri