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Il Nucleo di monitoraggio sull’equo compenso: tra organo di autodisciplina e strumento di denuncia

Sono ormai trascorsi più di due anni da quando il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna, su richiesta del Consiglio Nazionale Forense, ha costituito il nucleo locale destinato a integrare la rete nazionale di monitoraggio sull’equo compenso.

Sebbene tale iniziativa si collochi nel solco di un ampio indirizzo vigorosamente intrapreso dal vertice dell’avvocatura italiana in seguito alle modifiche della Legge professionale recate dal D.L. 16 ottobre 2017 n. 148 (conv. in Legge 4 dicembre 2017 n. 172), nonché all’esito del XXXIV Congresso Nazionale Forense di Catania (mozione approvata n. 207), sembra arrivato il momento di interrogarsi sulla funzionalità ed efficacia di un siffatto modello di implementazione e tutela di un principio ormai assurto al rango costituzionale, quale è l’equo compenso degli avvocati.

Come noto, la finalità perseguita dal legislatore con il D.L. n. 148 era prevalentemente quella di integrare la disciplina professionale con speciali previsioni di protezione degli avvocati nei confronti di alcune categorie tipiche di clienti c.d. “forti”, vale a dire banche, assicurazioni e grandi imprese (cfr. art. 19-quaterdecies), sebbene rimanesse più vago l’ambito di applicazione nei confronti delle pubbliche amministrazioni.

Al fine di promuovere una capillare verifica dell’applicazione della nuova normativa, il 20 aprile 2018 il plenum del CNF deliberava l’istituzione presso di sé di un nucleo di monitoraggio che avrebbe dovuto avviare una sistematica raccolta di dati riferibili sia alle condotte dei clienti c.d. “forti”, sia alle prassi giudiziarie nell’applicazione dei parametri ministeriali, per tramite di nuclei locali da costituirsi presso tutti i Consigli dell’Ordine.

Successivamente, a seguito di numerose interlocuzioni con le Autorità ministeriali, veniva sottoscritto in data 2 luglio 2019 un protocollo d’intesa fra CNF e Ministero della Giustizia per la costituzione di un nucleo centrale di monitoraggio presso il Ministero con un mandato più ampio e una composizione mista.

In tale documento emerge con chiarezza (1° considerato) l’obiettivo di giungere alla creazione di una vera e propria autorità indipendente di garanzia e vigilanza dotata di poteri sanzionatori e di indagine.

Sebbene, il raggiungimento di tale obiettivo appaia ancora lontano, nel corso di questi anni si è progressivamente formata e ha iniziato a operare una fitta rete di nuclei locali, sotto la direzione dei Consigli dell’Ordine ai sensi dell’art. 33 L.P.

Nell’adempimento del proprio mandato, il nucleo istituito presso l’Ordine di Bologna ha iniziato a riunirsi con periodicità almeno mensile dal gennaio 2020, relazionando al Consiglio sistematicamente sulle attività svolte per tramite del Consigliere referente del nucleo Avv. Beatrice Belli prima, e del Consigliere che le è succeduto come referente Avv. Antonella Rimondi, poi.

Il Nucleo ha immediatamente avviato l’attività di raccolta ed esame dei bandi pubblicati da enti locali e aziende pubbliche o partecipate per la creazione di elenchi di avvocati cui conferire incarichi professionali, segnalando al Consiglio quelli che apparivano non conformi alla disciplina sull’equo compenso o alle regole della concorrenza. Ciò al fine di instaurare un dialogo con tali Enti e conformare i loro avvisi alla normativa sull’equo compenso.

Quasi contemporaneamente è stata avviata anche una serie di attività formative, con cadenza pressoché mensile, destinate al foro bolognese e volte a favorire una maggiore sensibilizzazione sui temi della giusta remunerazione nell’ambito civile, penale e amministrativo, nonché un al fine di coinvolgere maggiormente i colleghi nel segnalare le pratiche scorrette praticate da tutti i “clienti forti”.

Nell’arco degli ultimi due anni sono stati esaminati e segnalati decine di bandi e, con il costante supporto della Fondazione Forense, sono stati organizzati svariati eventi formativi che hanno sistematicamente incontrato un elevato interesse del foro bolognese.

Il Nucleo ha avuto occasione di approfondire, talvolta anche con la collaborazione di cancellieri e magistrati, i temi del patto di quota lite, del disciplinare d’incarico e delle clausole vessatorie, della liquidazione delle difese d’ufficio, delle procedure di recupero del credito e dell’opinamento, del rapporto fra deontologia e compenso, delle modulazioni del compenso secondo i parametri, e non solo, prestando costante attenzione agli ultimi orientamenti giurisprudenziali.

Al contempo, grazie al contributo del Nucleo, il Consiglio dell’Ordine ha contestato e segnalato numerosi bandi predisposti per il conferimento di incarichi agli avvocati da soggetti c.d. forti, riuscendo in alcuni casi a instaurare un proficuo dialogo.

Ciò non ostante, sarebbe affrettato concludere che in questi due anni siano diminuite le prassi anticoncorrenziali o lesive del decoro della professione. Se, infatti, da un lato appare certamente meritorio l’aver suscitato l’attenzione dei colleghi su questi temi, dall’altro, è indubbio che la maldestra liberalizzazione della professione forense perpetrata con le riforme del 2006 (D.L. 4 luglio 2006 n. 223) ha posto le premesse della crisi di categoria che stiamo attraversando, insieme all’arretratezza del modello di accesso alla professione.

A ben vedere, non è ancora possibile sciogliere la riserva sul sistema dei parametri introdotto nel 2012, rispetto al vecchio modello delle tariffe, ancorché non poche siano le voci che invocano con urgenza un ritorno al passato regime. Vi è di certo che la rete di monitoraggio e segnalazione ha favorito l’emersione e la condivisione dei problemi, consentendo agli organi istituzionali -CNF e Ordini in primis– di adottare decisioni più consapevoli e centrate in materia di compensi.

Non è azzardato ritenere che il lavoro periodico e strutturale della rete dei nuclei locali, così come rielaborato dall’organismo centrale, abbia costituito e possa costituire un asset utile al fine di predisporre le proposte di aggiornamento biennale dei parametri.

Inoltre, va considerato che lo strumento dei nuclei, per come congegnato, è coerente con il perseguimento dell’obiettivo 8 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile adottata dall’Assemblea Generale dell’ONU con risoluzione del 25 settembre 2015 in quanto persegue la finalità di tutelare la dignità del lavoro degli avvocati.

Indubbiamente ancora molto lavoro va fatto per rendere pienamente funzionale questo modello. Manca ancora, per esempio, un efficace coordinamento territoriale e centrale fra i vari nuclei locali, mentre, a quanto risulta, ancora diversi fori non hanno ottemperato alla richiesta del CNF o lo hanno fatto solo formalmente, limitandosi a distribuire deleghe a consiglieri già oltremodo gravati di incombenti.

Dall’esperienza operativa degli ultimi due anni, però, emerge un altro elemento interessante. Infatti, l’esame dei casi concreti ha rivelato che non di rado gli avvocati, pur consapevoli della violazione di regole anticoncorrenziali o della irrisorietà dei compensi promessi, accedono a convenzioni capestro senza piena consapevolezza dei rischi deontologici cui vanno incontro.

Si è verificato in alcune circostanze che lo stesso avvocato che si era rivolto all’Ordine per lamentare un’ingiusta applicazione di una convenzione, abbia finito poi per essere segnalato al Consiglio Distrettuale di Disciplina. Non si può ignorare che una inadeguata consapevolezza dei professionisti su questi temi rischia di generare un circolo vizioso che può ledere la legittimazione dei Consigli dell’Ordine agli occhi degli iscritti.

Un simile effetto collaterale non è tollerabile in un momento così difficile per la professione forense. Ecco perché il mandato dei nuclei non può essere limitato a raccogliere dati ma, su impulso degli Ordini, deve estendersi alla creazione di una coscienza comune in materia di compensi finalizzata alla miglior tutela della dignità del lavoro degli avvocati.

Alessandro Martinuzzi, Giuditta Carullo e Federico Fischer

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Federico Fischer