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Incompatibilità professionale – avvocato stabilito – lavoro dipendente – contrasto con l’art. 8, dir. 98/5/CE – Verbale del 7 aprile 2021

Riferisce il Consigliere Avv. Antonio Fraticelli in relazione al procedimento di cancellazione dall’albo pendente nei confronti dell’Avv. Mevio.

In premessa al presente riferimento, è necessario fornire una breve ricostruzione delle fasi pregresse del procedimento in questione.

Nel corso della precedente consiliatura, all’adunanza del 26 giugno 2019 il COA deliberava l’apertura della procedura di cancellazione dall’albo degli avvocati dell’Avv. Mevio (iscritto dal 26 febbraio 2007) avendo egli fatto pervenire all’Ordine comunicazione di sua assunzione come dirigente dell’ufficio legale interno della società olandese XYZ. Ai sensi dell’art. 17, comma 12, L. 247/2012, l’iscritto faceva pervenire propria memoria scritta datata 6 novembre 2019, con allegati, e successivamente, in data 15 novembre 2019, compariva avanti il consigliere delegato Avv. Stefano Tirapani per l’audizione personale.

Nella propria memoria difensiva scritta, l’Avv.Mevio aveva dedotto: di essersi trasferito in Belgio nel 2007 e di avere là svolto attività di avvocato stabilito presso l’Ordine degli Avvocati di Bruxelles dal 2007 al 2018, lavorando come libero professionista in due studi legali internazionali; di esseri trasferito nei Paesi Bassi nel 2018, iscrivendosi, sempre come avvocato stabilito, all’Ordine degli Avvocati di Amsterdam, in concomitanza con la propria assunzione in qualità di “Legal Director – Competition Law” di XYZ (gruppo multinazionale con sede in Olanda, leader mondiale nel settore dei prodotti vernicianti); di esercitare, da quella data, esclusivamente attività lavorativa nei Paesi Bassi, come legale interno di quel gruppo; che la propria attività lavorativa viene svolta in regime di lavoro dipendente a tempo pieno, ma con riconoscimento, da parte dell’impresa impiegante, di un documento di “Statuto di Indipendenza” a favore del legale impiegato; che la legge professionale forense olandese consente (a differenza di quella italiana) che l’avvocato possa essere iscritto all’ordine forense anche in regime di impiego presso altri avvocati, nonché presso enti pubblici o privati, a condizione che svolga prevalentemente attività di carattere legale e che il datore di lavoro rilasci suo favore un documento con il quale si impegna a riconoscere all’avvocato dipendente la facoltà di esercitare la propria attività con carattere di indipendenza; che la ragione fondante l’incompatibilità dell’iscrizione all’albo degli avvocati con il lavoro dipendente stabilito dalla legge professionale forense italiana deve riguardarsi nella mancanza di “indipendenza, dignità e decoro” che il rapporto di impiego comporterebbe nello svolgimento dell’attività dell’avvocato, tanto che, anche laddove la legge consente l’iscrizione all’albo professionale agli avvocati dipendenti di enti pubblici, il riconoscimento dell’indipendenza nello svolgimento della professione viene comunque posto come condizione all’iscrizione all’apposito elenco speciale dell’albo; che il diritto dell’Unione Europea demanda l’applicazione delle regole deontologiche e professionali alla legge dello Stato membro ospitante (nella specie i Paesi Bassi) e non a quella dello Stato membro d’origine (Italia) e, al riguardo, cita giurisprudenza olandese e comunitaria, nonché giurisprudenza del CNF e della Corte di Cassazione italiana relativa all’applicazione del diritto professionale italiano ad avvocati di altri Stati membri stabiliti in Italia; che, in ogni caso, l’esistenza di un contratto di lavoro dipendente non costituisce, per sé, causa di incompatibilità, in quanto la effettiva incompatibilità va verificata caso per caso (cita giurisprudenza comunitaria) e che, stante l’esistenza di un documento di Statuto di Indipendenza concesso dal datore di lavoro a suo favore, il suo rapporto non può tecnicamente considerarsi come “attività di lavoro subordinato”; chiede, in via gradata, di essere iscritto nell’elenco speciale degli avvocati esercenti presso enti pubblici, in quanto in detto elenco possono essere anche iscritti avvocati operanti presso gli uffici legali di società privatizzate provenienti dal settore pubblico; osserva, in ogni caso, che l’eventuale sua cancellazione dall’albo degli avvocati si porrebbe in palese contrasto con il diritto comunitario. Alla propria memoria l’Avv.Mevio allegava (1) lettera della società AKZO Nobel che assicurava la totale indipendenza dell’operato dell’Avv.Mevio nello svolgimento della sua attività di lavoro, (2) parere legale di un esperto di diritto del lavoro di uno dei principali studi legali internazionali olandesi, (3) documento di “Statuto Professionale di Indipendenza” rilasciato dalla società a suo favore, (4) estratti della legge professionale olandese; (5) sentenza di un tribunale olandese in tema di professione legale in Olanda e indipendenza di avvocati operanti in regime di lavoro dipendente, il tutto accompagnato da traduzione asseverata. Nel corso dell’audizione avanti il consigliere delegato dal COA, l’Avv.Mevio, oltre a ribadire le argomentazioni e le richieste formulate nella propria memoria scritta, in via subordinata chiedeva “che la mia posizione venga sottoposta a revisione periodica posto che, comunque, a partire dall’agosto del 2022, si completerà il mio percorso di avvocato stabilito e quindi diventerò, a tutti gli effetti, avvocato olandese”.

A fronte delle argomentazioni e produzioni difensive dell’iscritto sottoposto a procedimento di cancellazione come sopra, si osserva quanto segue.

La posizione dell’Avv.Mevio presso la società Akzo Nobel di Amsterdam (NL) è senza alcun dubbio una posizione di lavoro dipendente, ancorché apicale, nell’ambito dell’ufficio legale interno del Gruppo.

L’art. 18, comma 1, lett. d) della Legge n. 247/2012 – che, per la presente disamina, è una delle norme di centrale riferimento – stabilisce che “la professione di avvocato è incompatibile […..] con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato” (sottolineatura aggiunta). L’unica eccezione a questa generale ed assoluta causa di incompatibilità è quella indicata dall’art. 23 della medesima Legge Professionale, che prevede l’iscrizione in un elenco specie annesso all’albo per gli avvocati degli enti pubblici “ai quali venga assicurata la piena indipendenza ed autonomia nella trattazione esclusiva e stabile degli affari legali dell’ente ed un trattamento economico adeguato alla funzione professionale svolta”. La linearità del dettato normativo rende chiara la ratio della norma: l’indipendenza e l’autonomia dell’attività dell’avvocato degli enti pubblici non è la ragione fondante l’eccezione rispetto alla regola dell’incompatibilità della professione forense con il rapporto di lavoro dipendente (o di servizio), bensì ne è una delle condizioni. In altri termini, l’avvocato dipendente di enti pubblici non può essere iscritto all’albo solo perché svolge la propria attività in regime di indipendenza e autonomia, ma può iscriversi unicamente a condizione che la sua attività in regime di impiego si svolga con indipendenza ed autonomia.

La norma di cui all’art. 18 della legge professionale parrebbe, quindi, tranchante nel senso di far propendere per l’assoluta incompatibilità dell’attività dell’Avv.Mevio con l’iscrizione all’albo professionale. Poiché, tuttavia, l’Avv.Mevio ha intrapreso la propria attuale occupazione di professionista dipendente come avvocato italiano stabilito nei Paesi Bassi, occorre avere riguardo anche alla normativa comunitaria di riferimento e, cioè, alla direttiva 98/5/CE, che ha appunto istituito la figura dell’avvocato stabilito. Detta direttiva, all’art. 6, comma 1, prevede che “indipendentemente dalle regole professionali e deontologiche cui è soggetto nel proprio Stato membro di origine, l’avvocato che esercita con il proprio titolo professionale d’origine è soggetto alle stesse regole professionali e deontologiche cui sono soggetti gli avvocati che esercitano col corrispondente titolo professionale dello Stato membro ospitante per tutte le attività che esercita nel territorio di tale Stato”. Ancora, all’art. 8 (rubricato “Esercizio nell’ambito di un rapporto subordinato”), la Direttiva prevede che “L’avvocato iscritto nello Stato membro ospitante con il titolo professionale di origine può esercitare la professione come lavoratore subordinato di un altro avvocato, di un’associazione o società di avvocati, di un ente pubblico o privato, qualora lo Stato membro ospitante lo consente agli avvocati iscritti con il titolo professionale che esso rilascia”. Quest’ultima norma non trova corrispondente implementazione nella legge nazionale italiana di recepimento della direttiva (il D. Lgs. n. 96/2001), né trova alcun riflesso nella legge professionale italiana, sia quella vigente all’epoca dell’emanazione e recepimento della direttiva (R.D.L. n. 1578/1933 ss.mm.ii.), né nella successiva Legge n. 247/2012 vigente oggi. Si tratta, tuttavia, evidentemente, di una norma c.d. self-executing, ricorrendo, nella specie, i presupposti che, secondo la giurisprudenza comunitaria, ne consentono l’immediata e diretta applicazione nell’ordinamento giuridico nazionale degli Stati membri – e cioè, il mancato recepimento nell’ordinamento nazionale della norma contenuta nella direttiva entro il termine stabilito dalla direttiva stessa (nella specie, il 14 marzo 2000) e il carattere di precisione ed incondizionatezza della norma della direttiva (v. CGCE sent. 19/01/1982, Becker, 8/81, “le disposizioni di una direttiva che appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise possono essere richiamate dai singoli per opporsi a qualsiasi norma di diritto interno non conforme alla direttiva”; v. anche, inter multas, Cons. St., 3^ sez., 5359/2015). Come noto, in virtù della prevalenza gerarchica della fonte normativa euro-comunitaria sulla norma nazionale avente forza di legge (principio riflesso anche nell’art. 117, primo comma, della Costituzione), laddove una norma di legge sia in contrasto con quella contenuta in una direttiva europea anche non recepita nell’ordinamento nazionale, ma avente carattere self-executing, la norma di diritto nazionale può – rectius, deve – essere “disapplicata” (da ultimo, v. Cass. civ. 5009/2020), fermo restando che il potere di disapplicazione appartiene in via esclusiva al giudice e non anche alla Pubblica Amministrazione (v. CGUE sent. 12/07/1990, Foster, C- 118-89, CGUE, sent. 20/03/2002, Kutz-Bauer, C- 187/00; CGUE 06/03/2014, Napoli et al. c. Min. Giustizia, C- 595/12; da ultimo, v. la chiarissima TAR Puglia-Lecce, sez. I, 18.11,2020 n. 1321).

Tanto premesso, applicando i sopraindicati principi al caso di specie si impongono le seguenti considerazioni.

L’Avv.Mevio, iscritto all’albo degli avvocati di Bologna, ha chiesto l’iscrizione all’albo degli avvocati di Amsterdam (Paesi Bassi) come avvocato stabilito, ai sensi della direttiva 98/5/CE. Sulla base della documentazione prodotta in corso di procedimento dall’iscritto, effettivamente risulta che l’art. 5.9 dello “Statuto della Professione Legale” (approvato dal Consiglio dell’Ordine Forense Olandese il 4 dicembre 2014 ai sensi della legge professionale forense dei Paesi Bassi), prevede che “un avvocato può esercitare l’attività professionale esclusivamente come dipendente di […..] un diverso datore di lavoro, a condizione che nell’ambito di tale rapporto di lavoro subordinato l’avvocato eserciti la propria attività solo per quel datore di lavoro o per le persone giuridiche del gruppo del datore di lavoro e le attività siano principalmente focalizzate sulla pratica legale”. Il medesimo Statuto, al successivo art. 5.12, comma 1, precisa che “un avvocato può esercitare l’attività professionale come dipendente di un datore di lavoro […..] qualora l’avvocato e il datore di lavoro sottoscrivano uno statuto professionale secondo il modello di cui al paragrafo 3”. Coerentemente con dette previsioni regolamentari, tra la documentazione prodotta dall’Avv.Mevio sono compresi sia una dettagliata dichiarazione della società AKZO Nobel che descrive i termini di svolgimento delle mansioni del medesimo professionista nell’ambito del rapporto di lavoro dipendente in questione e le garanzie offerte all’esercizio indipendente ed autonomo della sua attività di legale dell’impresa e del gruppo, sia copia dello “Statuto Professionale del Legale interno” tra AKZO Nobel e l’Avv.Mevio che, all’art. 3, espressamente recita: “il datore di lavoro consente al prestatore di lavoro di adempiere ai propri obblighi derivanti dalla sua appartenenza all’Ordine degli Avvocati dei Paesi Bassi e all’Ordine degli Avvocati del suo paese d’origine (Bologna, Italia), compresi gli eventuali obblighi di tirocinio e di formazione”.

Risulta quindi documentato che l’iscritto sta esercitando, dal 2018, l’attività di avvocato italiano stabilito nei Paesi Bassi in maniera del tutto legittima e perfettamente conforme sia alla normativa professionale dei Paesi Bassi, sia alla Direttiva 98/5/CE.

La sua posizione di avvocato dipendente di una società, tuttavia, costituisce un patente causa di incompatibilità all’iscrizione all’albo degli avvocati in Italia, a norma dell’art. 18, comma 1, lett. d) della L. 247/2012. Conseguentemente, il Consiglio dell’Ordine di appartenenza (Bologna) dovrebbe disporne la cancellazione dall’albo. Sennonché, la cancellazione dall’albo degli avvocati del Paese d’origine determinerebbe automaticamente il venir meno del giuridico presupposto in forza del quale l’Avv.Mevio è iscritto all’Ordine degli Avvocati dei Paesi Bassi come avvocato italiano stabilito: ciò, sia in forza dell’art. 3, comma 2, Dir. 98/5/CE, secondo cui l’iscrizione dell’avvocato presso l’autorità forense competente del Paese ospitante avviene sulla base di certificazione dell’iscrizione dell’avvocato presso il Paese d’origine, sia in forza dell’art. 2c, comma 2, della Legge Professionale Forense olandese (Advocatenwet, del 23 giugno 1952, Gazz. Uff. 365) e ss.mm.ii., il quale prevede che qualora l’autorità competente o l’organo disciplinare dello Stato membro d’origine rimuovano provvisoriamente o definitivamente la qualifica professionale all’avvocato stabilito, questi perde automaticamente la legittimazione ad operare quale avvocato stabilito nei Paesi Bassi.

In ogni caso, come sopra illustrato, la cancellazione dall’albo dell’avvocatoMevio per incompatibilità, perfettamente legittima a norma dell’art. 18 L. 247/2012, sarebbe tuttavia in patente contrasto con la norma (sovraordinata e self-executing) di cui all’art. 8, dir. 98/5/CE, secondo cui l’avvocato stabilito può esercitare come lavoratore dipendente, se la legislazione del Paese ospitante lo consente. Tuttavia, poiché il Consiglio dell’Ordine Forense è un ente pubblico e non un’autorità giurisdizionale, il Consiglio non ha il potere di disapplicare la norma di diritto nazionale che sia in contrasto con la norma euro-comunitaria.

Tanto premesso, in conclusione sembra si possano teoricamente ipotizzare i seguenti possibili scenari alternativi, tra i quali il Consiglio dovrà scegliere quello ritenuto più corretto e/o opportuno:

  1. il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna delibera la cancellazione dell’Avv.Mevio, in ossequio al disposto dell’art. 18 L. 247/2012, lasciando che l’iscritto – se lo desidera – impugni la delibera del COA avanti la competente autorità giurisdizionale per ottenerne l’annullamento, chiedendo la disapplicazione della norma nazionale predetta da parte del giudice adito;
  2. il Consiglio decide di chiedere un parere sul caso de quo al CNF, visto anche l’interesse di portata generale della questione;
  3. il Consiglio accoglie la richiesta (subordinata) dell’Avv.Mevio di rimandare la decisione fino all’agosto 2022, in modo da consentirgli di maturare, medio tempore, i presupposti di legge per la sua definitiva iscrizione all’ordine degli avvocati di Amsterdam come avvocato olandese a pieno titolo.

Il Consiglio, all’esito, vista la rilevanza di portata generale della problematica emersa, delibera di proporre una richiesta di parere al Consiglio Nazionale Forense; manda all’Ufficio di Presidenza di predisporre la richiesta di parere per l’invio con la collaborazione del Consigliere avv. Fraticelli.

Parere n. 44/2021 reso dal Consiglio Nazionale Forense (pdf)

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