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I trasferimenti immobiliari nei procedimenti di separazione e divorzio, da auxilium alla sentenza Corte di Cassazione sezioni unite n. 29 luglio 2021, n.21761

Per comprendere il significato del titolo di quest’ articolo occorre ritornare all’autunno del 2012,allorquando il Tribunale di Bologna, adeguandosi alle prassi di altri Uffici Giudiziari, comunicava che, a far data dal gennaio successivo, non sarebbe stato più possibile prevedere cessioni definitive di immobili o quote di immobili o altri diritti reali, in ambito di procedimenti per separazione o divorzio consensuali.

Il tavolo dell’Osservatorio Civile presso il Tribunale di Bologna, da sempre foriero di soluzioni allorquando emergono contrasti sull’ interpretazione o sull’operatività di norme di legge, in tempi ragionevolmente stretti, individuò una soluzione che potesse permettere l’esercizio di un diritto che apparve legittimo al fine di non comprimere l’autonomia negoziale delle parti, e cioè la nomina da parte dell’Ufficio di un Ausiliario al quale,  in “auxilio” al Cancelliere o al Giudice,  conferire l’incarico di verificare la correttezza formale della clausola di trasferimento e la completezza della documentazione allegata ai fini della successiva trascrizione del verbale omologato o della sentenza contenente la clausola traslativa.

Per far rientrare nel novero degli Ausiliari anche iscritti all’albo degli Avvocati, il Consiglio dell’Ordine, unitamente alle Associazioni di categoria del Foro Bolognese, costituì l’Associazione Auxilium, che ha lo scopo di formare Professionisti specializzati da inserire in elenchi dai quali l’Ufficio Giudiziario può attingere per  nominare Ausiliari. Il primo elenco fu proprio quello di professionisti di comprovata esperienza competenti in materia trasferimenti immobiliari.

Nel 2014 fu elaborato, redatto e firmato dal Tribunale e dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati il Protocollo Persone e Famiglia che regolamentava l’attività degli Ausiliari e la collaborazione con l’Ufficio giudiziario.

La Sentenza della Suprema Corte,  29 luglio 2021 n. 21761  resa a Sezioni Unite,  risulta essere di  estremo rilievo sia per i principi di diritto ivi enunciati in una materia ove si intrecciano aspetti umani,  sostanziali e specialistici particolarmente complessi e delicati, sia sotto il profilo della politica Forense, avendo ottenuto  l’Avvocatura bolognese il riconoscimento delle proprie posizioni rispetto al fondamentale principio di autonomia ed indipendenza negoziale che, all’epoca e sino alla pronuncia della Suprema Corte, la giurisprudenza di merito e la dottrina  maggioritaria non avevano pienamente riconosciuto.

Nel procedimento per divorzio congiunto avanti al Tribunale di Pesaro, da cui trae origine la Sentenza in commento, era stata  negata alle parti la possibilità di effettuare un trasferimento immobiliare, interpretando l’accordo come un impegno a trasferire e quindi una mera obbligazione, da perfezionarsi successivamente avanti al Notaio. A fronte della conferma di tale principio da parte della competente Corte di Appello, le parti congiuntamente, avevano presentato ricorso in Cassazione.

La prima Sezione della Suprema Corte, assegnataria del procedimento, con ordinanza n. 3089/2020, ritenendo opportuno rimettere gli atti al Primo Presidente per le decisioni in ordine alla successiva assegnazione alle Sezioni Unite, visto il rilevante impatto che l’interpretazione delle norme sottoposte al giudizio avrebbe avuto sull’autonomia negoziale delle parti, faceva riferimento esplicito proprio alla modalità operativa percorsa dal Tribunale di Bologna.

La Sentenza, nell’articolato precorso argomentativo, passa in rassegna i vari orientamenti sulla natura ed il contenuto degli accordi tra i coniugi in sede di separazione e divorzio.

Un primo, più restrittivo, ritenendo questi non possano avere un contenuto ulteriore  rispetto a quello strettamente necessario per lo scioglimento del vincolo matrimoniale, non ammette la possibilità di prevedere alcun tipo di trasferimento immobiliare.

Un secondo, intermedio, contempla anche accordi patrimoniali contenenti impegni a trasferire attuabili con una procedura bifasica che rimanda il trasferimento definitivo avanti al notaio,  ritenendo ad esso riservato il compito di controllo indiretto dello Stato sui trasferimenti immobiliari.

Un terzo, di maggiore apertura,  vede  negli accordi di separazione e divorzio una negoziazione globale di tutti i rapporti tra i coniugi, individuando un vero e proprio contratto atipico di definizione della crisi coniugale, idoneo ad “abbracciare ogni forma di costituzione e di trasferimento di diritti patrimoniali, compiuti con o senza controprestazione, in occasione della crisi coniugale”,  che trova  la sua base normativa negli art.711 c.p.c. e art. 4 comma 16 L. 898/70.

La Sentenza della Suprema Corte a Sezioni Unite aderisce a quest’ultimo orientamento, riconoscendo alle parti il diritto di trasferire o costituire direttamente diritti reali in favore di un coniuge o dei figli nell’ambito della separazione e del divorzio congiunto e di poter trascrivere il provvedimento senza che sia necessario l’intervento del notaio, stabilendo i seguenti principi di diritto:

sono valide le clausole dell’accordo di divorzio a domanda congiunta, o di separazione consensuale, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili, o di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi, o dei figli, al fine di assicurarne il mantenimento

Tale accordo, prosegue la Corte, redatto da un ausiliario del Giudice ed inserito   nel verbale di udienza è destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato, assume forma di atto pubblico ex art. 2699 c.c. e costituisce, dopo la sentenza di divorzio ovvero dopo l’omologazione, valido titolo per la trascrizione ex art. 2657 c.c. essendo Cancelliere e Giudici Pubblici Ufficiali.

Viene dunque recepita la distinzione tra “contenuto essenziale” e “contenuto eventuale”, elaborata dalla dottrina, e statuito “che la separazione consensuale è un negozio di diritto familiare avente un contenuto essenziale – il consenso reciproco a vivere separati, l’affidamento dei figli, l’attribuzione di un  mantenimento – ed un contenuto eventuale, che trova solo “occasione” nella separazione, costituito da accordi patrimoniali del tutto autonomi che i coniugi concludono in relazione all’instaurazione di un regime di vita separata.

Nell’articolata motivazione della Sentenza,  la Suprema Corte,  aderendo all’indirizzo secondo il quale la sentenza  di divorzio congiunto ha carattere decisorio e natura costitutiva solo in merito alla sussistenza dei presupposti e alla conseguente pronuncia dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio, ritiene che  rispetto alle condizioni pattuite dai coniugi, l’attività del Tribunale sia sostanzialmente vincolata e vada assimilata a una mera omologa, a seguito di un procedimento di controllo degli accordi patrimoniali che debbono rispettare le norme inderogabili dell’ordinamento e non collidere con gli interessi dei figli: la sentenza per tali aspetti ha valore meramente dichiarativo.

Sotto quest’ultimo aspetto la Suprema Corte evidenzia la natura negoziale degli accordi dei coniugi, equiparabili a pattuizioni atipiche ex art. 1322 c.c., comma 2, volte a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Tali accordi assolvono una funzione solutorio-compensativa dell’obbligo di mantenimento, e sono volti alla risoluzione della crisi coniugale, perlomeno negli aspetti economici, e possono prevedere trasferimenti reali di beni.

La Suprema Corte quindi ha adottato una lettura costituzionalmente orientata – che tiene conto del fondamento costituzionale dell’autonomia privata, ravvisabile negli artt. 2, 3, 41 e 42 Cost. – ritenendo evidente che la presenza di una situazione di crisi coniugale impone, anche sul piano solidaristico, una soluzione il più celere possibile quanto meno delle questioni economiche che possono tradursi in ulteriori motivi di contrasto tra i coniugi, rendono non condivisibile la soluzione che, nel caso preso in esame dalla Suprema Corte, era stata propugnata dai giudici di merito.

E ciò ad evitare l’evenienza, di certo tutt’altro che improbabile, che – in caso di inadempimento, per qualsiasi ragione, dell’obbligato alla promessa di trasferimento della proprietà di beni, in sede di accordi di separazione consensuale o di divorzio congiunto,  la controparte di siffatti accordi non potrà che intraprendere, dovendo escludersi anche una risoluzione del patto per inadempimento, non trattandosi di un contratto sinallagmatico, bensì dell’adempimento di un dovere di mantenimento previsto dalla legge, un lungo ed incerto giudizio di esecuzione specifica dell’obbligo, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ. Con evidente levitazione dei costi, che verrebbero ad incidere su di una situazione già fortemente compromessa sul piano economico.

La Corte afferma poi che la disposizione di cui all’ultimo periodo del comma 1 bis dell’art. 29, Legge n. 52/1985, è applicabile, oltre che agli atti compiuti con il ministero del notaio, anche a tutti i trasferimenti immobiliari redatti in forma giudiziale, quindi anche a quelli effettuati in un verbale di conciliazione giudiziale o in un verbale di separazione consensuale o in una sentenza di divorzio a domanda congiunta.

Secondo la Corte, infatti, gli atti che recepiscono tali accordi atipici debbono “contenere tutte le indicazioni richieste, a pena di nullità, dalla L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1-bis”   e il  verbale di udienza di comparizione dei coniugi redatto dal Cancelliere ai sensi dell’art. 126 c.p.c., che realizza l’esigenza della forma scritta dei trasferimenti immobiliari, richiesta dall’art. 1350 c.c., è atto pubblico avente fede privilegiata  fino a querela di falso, ai sensi dell’art. 2699 c.c., sia della provenienza dal Cancelliere che lo redige e degli atti da questi compiuti, sia dei fatti che egli attesta essere avvenuti in sua presenza, rilevando che il controllo di quanto debba essere contenuto nell’atto non è imposto o riservato dalla legge esclusivamente al notaio, ma può essere riferito a qualunque Pubblico Ufficiale,  come il Giudice o il Cancelliere che redige il verbale.

La norma, rileva la Cassazione, si limita a prevedere che, per procedere alla trascrizione, la sottoscrizione del verbale di accordo deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

La Corte prosegue stabilendo che  “gli incombenti relativi alla verifica della coincidenza dell’intestatario catastale con il soggetto risultante dai registri immobiliari, previsti dall’ultima parte della L. n. 52 del 1985, art. 29, ben possono, di conseguenza, essere eseguiti dall’Ausiliario del Giudice, sulla base della documentazione che le parti saranno tenute a produrre, se del caso mediante un protocollo che ciascun ufficio giudiziario,  come accade già in diversi Tribunali potrà predisporre d’intesa con il locale Consiglio dell’ordine degli Avvocati”.

Viene presa come esempio proprio la modalità operativa percorsa dal Tribunale di Bologna, citata anche nell’ordinanza di remissione 10/02/2020n.3089, che si riferiva all’accordo traslativo “attuato anche attraverso un ausiliare del giudice, secondo le indicazioni contenute in un albo istituito ad hoc dal Tribunale , previo accordo con il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, fissato in un protocollo comune (così opera il Tribunale di Bologna)”.

E’ così ora finalmente chiarito, grazie all’intervento delle Sezioni Unite, che nel procedimento di separazione consensuale o divorzio congiunto possono essere concordati trasferimenti di proprietà o comunque la regolamentazione di altri diritti reali, tra i coniugi o in favore dei figli. E ciò in totale esenzione di imposta, con l’unica avvertenza che, ai sensi dell’art. 19, l. n. 74/1987 e circolare 2/E 2012 Agenzia delle Entrate, quando i trasferimenti siano disposti in favore dei figli, occorrerà che venga inserita la menzione che “l’accordo patrimoniale a beneficio dei figli è elemento funzionale ed indispensabile ai fini della risoluzione della crisi coniugale”.

Con la pubblicazione della pronuncia della Suprema Corte, la figura dell’Ausiliario, prevista esclusivamente in protocolli locali, sottoscritti dai Consigli dell’Ordine degli Avvocati e dai Tribunali, invero pochi, avanti ai quali è possibile prevedere il trasferimento reale di immobili, diventa figura ufficialmente riconosciuta, così come diventa chiaro il perimetro dell’incarico che ad esso è conferito.

Potrebbe dunque essere opportuno un adeguamento dei registri informatici che oggi non prevedono nei procedimenti di separazione e di divorzio consensuale la figura dell’ausiliario, che è imprecisamente registrato informaticamente come “terzo intervenuto” nel procedimento.

Grazie al Protocollo Persone e Famiglia avanti al Tribunale di Bologna è consentito alle parti effettuare trasferimenti reali in sede di separazione e divorzio congiunto, incaricando un Ausiliario dell’Associazione Auxilium di verificare che la clausola di trasferimento contenga tutte le menzioni previste per questi atti , dalle norme urbanistiche e ai sensi del D.L n. 78 del 2010 art.19, controllare che le visure ipotecarie e catastali e  il certificato di prestazione energetica siano conformi e  che vi sia coincidenza con gli atti di provenienza, rilasciando poi parere favorevole al trasferimento ed alla trascrivibilità.

L’Ausiliario, una volta pubblicata la sentenza di divorzio o l’omologa del verbale di separazione, deve procedere alla trascrizione del titolo (sentenza o verbale omologato) depositandone, a trascrizione avvenuta, il duplo in cancelleria, anche in questo caso precorrendo la modalità di trasferimento oggi celebrata dalla Sezioni Unite.

La Suprema Corte, invero,  prevede che l’ausiliario rediga la clausola di trasferimento da inserire nel verbale di separazione o nella sentenza, mentre nel protocollo bolognese è prevista solo un’attività di controllo della conformità della clausola e della documentazione ai fini del trasferimento. Questa differenza potrebbe essere oggetto di riflessione in sede di Osservatorio.

La Corte di Cassazione S.U. nella Sentenza in commento, enunciando il principio della legittimità di procedere al trasferimento di diritti reali nei giudizi di separazione e divorzio consensuale, non ha fatto ovviamente venir meno la possibilità negoziale di prevedere un semplice impegno a trasferire.

Non è stata però presa in esame dalla Corte l’indagine sulle formalità che l’Ufficio Giudiziario deve adempiere nell’ipotesi, non infrequente, che l’atto giudiziario possa definire la crisi coniugale piuttosto che con il trasferimento di diritti immobiliari, con l’assunzione, da parte di uno dei coniugi, dell’obbligo di stipulare il trasferimento con atto pubblico o autenticato da concludersi successivamente.

Peraltro, nell’evenienza che le parti abbiano pattuito l’obbligo di trasferimento l’Ufficio non può trascurare il disposto dell’art. 2645 bis, 1° comma, c.c. che prevede che gli impegni a trasferire “devono essere trascritti se risultano da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autentica o accertata giudizialmente.”

Il principio in diritto affermato nella sentenza in esame in forza del quale l’atto giudiziario che definisce la crisi coniugale costituisce atto pubblico agli effetti dell’art. 2699 c.c., rende ineludibile l’obbligo dell’ufficio giudiziario di trascrivere il preliminare di trasferimento immobiliare nell’atto stesso contenuto e ciò, oltre allo scopo di ovviare ai ritardi e ripensamenti segnalati nella pronuncia della Suprema Corte qui in esame, anche allo scopo di conseguire gli altri e più rilevanti effetti prenotativi della trascrizione, cioè quelli di rendere inopponibili al coniuge promittente acquirente le formalità pregiudizievoli che, dopo la trascrizione del preliminare, possono essere eseguite contro il coniuge promittente alienante.

In conclusione, non può non essere motivo di orgoglio verificare che la scelta operativa adottata all’epoca è stata recepita quasi integralmente dalla Suprema Corte in questa importante pronuncia.

Laura Serra

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