Aggiornamenti in pillole

Le locazioni immobiliari e il Covid-19

A seguito dell’impatto della pandemia conseguente al Covid 19 (comunemente nota come “corona virus”), mi sono immediatamente occupato di capire, quale potesse essere l’impatto dell’evento, sui contratti di durata ed in particolare sulle locazioni immobiliari.

Da una iniziale opinione[1] maturata nella frettolosa lettura dei “tanti” provvedimenti emergenziali, mi è parso cogliere da una parte l’insufficienza degli istituti esistenti per la soluzione del problema legato all’adempimento delle obbligazioni contrattuali e dall’altra la necessità che l’evento pandemico, a causa della durata e dei suoi dirompenti effetti, avrebbe determinato un serio sconvolgimento anche delle più granitiche certezze giuridiche, lasciando al giurista il compito di colmare ogni eventuale lacuna.

Da ciò, mi è subito sorta la curiosità giuridica di approfondire le tematiche allargando gli orizzonti delle iniziali riflessioni[2] e focalizzando principalmente l’attenzione sulla sorte dei canoni.

Evidenti ragioni di spazio, non mi consentiranno di sviluppare tutti i ragionamenti che occupano la pubblicazione dell’opera in nota, tuttavia mi sforzerò di chiarire in estrema sintesi, le problematiche sottese e le ipotizzate soluzioni.

Sicuramente l’indagine del giurista non è scevra dalla ricerca di assimilare eventi di egual natura e portata ed ivi ricercare le conferme giurisprudenziali; tuttavia, l’attuale situazione emergenziale sanitaria e soprattutto i provvedimenti legislativi intrapresi non hanno precedenti nella storia della Repubblica, non potendo essere paragonati ad eventi quali: guerre o terremoti.

Sicuramente la pandemia ha investito differenti settori del diritto, rendendo necessario il differimento: dell’entrata in vigore del codice della crisi di impresa, la sospensione della procedibilità delle domande di fallimento; la necessaria previsione di una peculiare “esimente” all’inadempimento dei debitori alle obbligazioni (art.91 L.27/20, già DL 18/2020); la sospensione degli “sfratti” sino al 1.9.2020; la sospensione per sei mesi dei pignoramenti immobiliare dell’abitazione principale del debitore; solo per citarne, più aderenti alla materia che ci occupa e senza pretesa di completezza.

Relativamente alle locazioni immobiliari in particolare, la dottrina ha valutato approcciare la problematica in due differenti modi, da una parte[3] vi è chi sostiene l’insufficienza degli attuali rimedi legislativi e chiede norme ad hoc, anche attraverso una nuova rivisitazione del fatto storico (adempimento/inadempimento e forza maggiore); dall’altra[4] chi valuta che i rimedi offerti dall’ordinamento siano sufficienti, potendo rispondere all’impatto del fenomeno emergenziale.

Volendo succintamente schematizzare i rimedi attualmente esistenti all’interno dell’ordinamento per fronteggiare il fenomeno pandemico sull’assetto dello schema del negozio giuridico, sono i seguenti:

  1. Impossibilità sopravvenuta della prestazione (art. 1256 e 1464 c.c.);
  2. Eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1467 c.c.)
  3. Rinegoziazione del contratto, in applicazione dei principi di buona fede nell’esecuzione del contratto.

Mentre i primi due rimedi hanno sicuramente carattere solutorio, l’ultimo è l’unico che mira alla conservazione del contratto; i richiamati istituti nella lettura interpretativa che si offre, dovranno essere letti in uno con le norme della lex specialis (L.27/2020), ed in particolare con gli articoli ad essi pertinenti: art.65,88,91,95.

Tutto il ragionamento che segue non può prescindere dalla circostanza che la pandemia da covid-19 costituisce un evento “straordinario ed imprevedibile” per effetto del quale siamo in presenza di una causa di “forza maggiore[5], che investe l’obbligazione contrattuale.[6]

L’impossibilità sopravvenuta della prestazione causata dall’evento pandemico e più precisamente dal lock down dell’attività commerciale coinvolta, ha determinato l’impossibilità del conduttore di potere esercitare la propria attività, non “godendo” di conseguenza del bene locato, con ciò distinguendosi tra: a. Locazioni commerciali investite dai provvedimenti autoritativi di chiusura (DPCM 8,9,11,20 marzo e Dl 18/2020), b. da quelle escluse in quanto rientranti nel provvedimento D.MISE 22.3.2020, nuovi codici Ateco.

Da qui, parte della dottrina più ardita, ha evocato l’applicazione del rimedio solutorio e facendo riferimento ad un precedente della giurisprudenza[7] sull’impossibilità sopravvenuta della prestazione, che investe la “causa concreta” del contratto, ha ritenuto estendere un “esonero” tout court dall’obbligo di pagamento dei canoni da parte del conduttore, relativamente ai mesi di contratto non goduti a causa della forzata chiusura emergenziale dell’attività.

Tuttavia l’approccio è coraggioso, ma non convince, in quanto si presenta contrario al dato positivo ed alla dottrina tradizionale[8] in materia, che invece afferma: “in caso di impossibilità temporanea della prestazione l’obbligazione non si estingue ed il debitore dovrà adempierla quando cessa l’impossibilità, pur non essendo ritenuto responsabile del ritardo, quindi non sarà tenuto al risarcimento dei danni”.

Del resto, è lo stesso legislatore emergenziale che all’art.91 L.27/2020, prevede, soltanto: “esclusione responsabilità del debitore (art.1218 e 1223 c.c.), anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti, derivanti dal rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto” e quindi, esime il debitore dal   risarcimento del danno e dal pagamento degli interessi di mora, per effetto del ritardo nell’adempimento.

Ne consegue, che l’impossibilità sopravvenuta della prestazione, determina semmai il “congelamento” (sospensione) della prestazione dovuta e non l’azzeramento della stessa; di tal che l’obbligo di pagamento riprenderà a decorrere al momento di cessazione delle misure di contenimento ed alla ripresa dell’attività, in esito alla fine del lock down.

Riguardo al secondo rimedio solutorio della risoluzione del contratto per eccessiva onerosità ex art. 1467 c.c., qui determinata sicuramente da un evento “eccezionale ed imprevedibile”, essa sconta il limite che è strettamente correlata alla volontà del creditore (nel nostro caso il locatore), il quale potrebbe anche rifiutare di accordare di “ricondurre il contratto ad equità”, preferendo sottrarsi agli obblighi legati al contratto (anche assenza pagamento indennità commerciale, se dovuta) e/o comunque liberarsi da un conduttore “scomodo”.

Viceversa, il rimedio che maggiormente risulta aderente all’attuale situazione emergenziale, tanto più in quanto finalizzato alla conservazione del contratto, parrebbe essere la RINEGOZIAZIONE.

Tuttavia, differentemente da altri ordinamenti stranieri di civil law (Francia e Germania), nel nostro attuale sistema, non sussiste un obbligo delle parti di rinegoziare il contratto a fronte di un evento straordinario ed imprevedibile, prevalendo l’art. 1372 c.c. (“il contratto ha effetto di legge tra le parti”), in omaggio al brocardo: “pacta sunt servanda” e senza un’apparente possibilità di modificare d’ufficio tale assetto nel rispetto del principio di autonomia contrattuale.

Allorquando le parti non abbiamo previsto contrattualmente, così come avviene per i contratti internazionali una clausola di hardship, ed il locatore dovesse rifiutare la richiesta del conduttore di conservare il contratto e  rinegoziare il canone per l’intera durata, a causa dell’evento straordinario ed imprevedibile, potrebbe in via di ipotesi accademica, estendersi la possibilità del conduttore di ricorrere giudizialmente al fine di chiedere il rispetto dei principi di “buona fede e correttezza  nell’esecuzione del contratto” (art.1375 c.c.) e così come per altri giustificati interventi correttivi  de iure (art. 1374 c.c. riduzione ammontare penale, art. 1660 appalto, variante) in via analogica richiedere al giudice un intervento di “equità correttiva”.

Un precedente edito in materia di lodo arbitrale[9], in applicazione dei canoni di buona fede nell’esecuzione del contratto ed in ragione di eventi sopravvenuti, rilevato il rifiuto di una delle parti a rinegoziare il prezzo, ha affidato al collegio arbitrale il potere di disporre la riduzione del prezzo e l’adeguamento ai valori di mercato.

La critica a tale approccio deriva dall’assenza di riscontro di un dato positivo che contemperi e giustifichi l’applicazione della buona fede, quale fonte eteroregolamentare all’assetto voluto e definito dalle parti in sede di sottoscrizione del contratto e lasciando ad altri rimedi positivamente normati la soluzione di ciò che interviene nella fase di esecuzione del programma contrattuale.

Evidenti ragioni di sintesi e di spazio del presente contributo non consentono sviluppare ed ampliare tanti altri ragionamenti che sicuramente incuriosiranno il lettore ed avvinceranno il giurista.

Saverio Luppino

NDR: dello stesso autore si veda la recentissima monografia I canoni di locazione ai tempi del coronavirus

[1] Luppino S., “L’influenza del Covid 19 sulle obbligazioni dei contratti ad esecuzione differita e continuata periodica”, Euroconference legal, martedì 24.3.2020.

[2] Luppino S., “I canoni di locazione ai tempi del coronavirus”, ebook, Maggioli editore, aprile 2020

[3] Berti C. e De Paola B.: “Il fatto storico COVID-19 come criterio di riqualificazione dell’atto e del rapporto”, fonte interna.

[4] Luppino S, op. cit.; ma anche Biarella L.; Factum pincipis (act of God) e forza maggiore (force majeure) all’epoca del Covid 19, ventiquattrore avvocato, 4.3.2020 n.3; e altri.

[5] In dottrina, si suole distinguere accademicamente individuando il caso fortuito, con il concetto di “fatalità” (terremoto, tempesta, valanga, etc …) e la forza maggiore, con una forza della natura o umana (il fatto del terzo o l’ordine della pubblica autorità, quest’ultimo denominato “factum principis”).

[6] Nei contratti di commercio internazionali di beni, la Convenzione di Vienna 11.4.1980 (art.79) e la Camera di Commercio Internazionale in materia di adempimenti commerciali (“ICC Force Majeure Clause 2003”), hanno qualificato in generale l’epidemia tra gli eventi costituenti causa di forza maggiore, ai fini di giustificare l’inadempimento dei debitori e quindi non applicare le “sanzioni” della responsabilità per inadempimento ed il risarcimento dei danni.

[7] Cass. civ. n.10490/2006 sul caso denguee, pacchetti turistici.

[8] Galgano F., Diritto privato., Diritto privato, Giuffrè editore

[9] Lodo 15.7.2004, in Contratto e impresa, 2005,p.539, con commento di Marasco, La rinegoziazione l’intervento del giudice nella gestione del contratto.

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