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Le lezioni di diritto di famiglia al CNF – Anni 2016/2019

La “Rete Famiglia” costituitasi come Commissione presso il Consiglio Nazionale Forense, nella sua sede in Roma, ha organizzato, negli ultimi quattro anni, una serie di lezioni sui temi di attualità del diritto di famiglia, delle relazioni familiari e delle persone che, per gli argomenti trattati e per l’autorevolezza dei relatori, meritano di essere qui riferiti in forma riepilogativa e portati all’attenzione dei lettori di Bologna Forense, certi dell’interesse giuridico e delle riflessioni che possano suscitare.

Sul tema La negoziazione assistita nel contesto degli strumenti stragiudiziali: opportunità e strategie per l’avvocato del terso millennio, si era tenuta il 26 maggio 2016 una giornata di lavori[1] articolata in tavole rotonde, focus eworkshop, nei quali la procedura di negoziazione assistita è stata oggetto di disamina e di critica, sulla sollecitazione della priorità che la caratterizza, vale a dire quella di essere “interamente affidata agli avvocati”, ai quali demandare la gestione della lite e della sua conclusione in ambito extra giudiziario. La sua particolarità (e novità), è stato detto, è quella di essere uno strumento che non mina il primato della giurisdizione, ma che “favorisce una procedura di risoluzione delle liti alternativa al giudizio ordinario, riponendo fiducia nella capacità di negoziare degli avvocati, con un compito decisivo nella definizione del contenzioso”. L’introduzione della negoziazione assistita nel nostro ordinamento, pertanto, non deve essere vista, soltanto o limitativamente, come strumento deflattivo della giurisdizione, quanto piuttosto come il riconoscimento del ruolo pubblico/pubblicistico dell’avvocato, con capacità di poter gestire interamente un procedimento alternativo alla giurisdizione, riconoscendogli attendibilità, correttezza, fede pubblica. L’esclusività all’Avvocatura deve essere letta come un’opportunità non solo per il valore che riveste l’avvocato nell’esercizio del suo ruolo sociale, ma anche in termini di occasione e di privilegio nella competizione delle professioni operanti nel mercato del lavoro. Ne consegue l’esigenza di valorizzare il ruolo di negoziare e di tutelare l’operatività riservata all’Avvocatura, con il compito demandato agli Ordini forensi di incentivare la divulgazione ed il ricorso allo strumento della negoziazione assistita, promuovendo corsi pratici e divulgativi, anche con riguardo agli adempimenti da rispettareDiversi i punti di riflessione, quali:

  • i profili normativi della negoziazione assistita, evidenziandosi il riallineamento del sistema delle tutele ADR, nell’ambito della creazione di modelli di composizione dei conflitti;
  • il coinvolgimento dell’Avvocatura e l’apertura di credito nei suoi confronti;
  • le criticità applicative, destinate (ove non risolte) a rallentare la diffusione dello strumento (in particolare, con riguardo all’utilizzabilità nel processo, in caso di fallimento dell’accordo, delle informazioni e dei documenti acquisiti in occasione della negoziazione);
  • i dati statistici (che rappresentano risultati positivi nell’ambito familiare, mentre sono scarsi negli ambiti più divergenti di conflittualità);
  • l’evoluzione della professione forense (dal mito della giurisdizione con funzione pubblicistica e ruolo centrale del processo civile, alla sempre più evidente affermazione dell’autonomia privata e del ricorso agli strumenti alternativi di risoluzione dei conflitti);
  • l’opportunità d’introdurre degli incentivi (piuttosto che l’obbligatorietà);
  • la necessità di un cambiamento culturale dell’avvocato e di formazione (in Francia, ad esempio,  la procedura partecipativa sembrerebbe essere fallita a causa della mancanza di formazione);
  • il problema della riservatezza e l’applicazione dell’art. 9 co. 2 (ambito del divieto di utilizzabilità), con le ricadute deontologiche;
  • il ruolo, l’etica e la comunicazione nella negoziazione (aspetti deontologici e responsabilità in termini di competenza dell’avvocato, dovere di fedeltà e dovere di competenza, con necessità di conoscenze non solo tecnico-giuridiche, ma anche psicologico-comunicative, con un approccio multidisciplinare).

Dal confronto dei Protocolli ad oggi adottati fra i Consigli degli Ordini degli Avvocati/Procura della Repubblica presso i Tribunali/Comune, sono emersi i problemi più frequenti, quali quelli, fra gli altri: dell’ascolto dei minori (posto il divieto exart. 56 Codice deontologico forense), dei rapporti di colleganza, della riservatezza e della circolazione delle informazioni, dei compensi, della responsabilità professionale, delle sanzioni pecuniarie, della problematica dell’unico originale dell’accordo sottoscritto e della sua conservazione.  Avvertita dall’Avvocatura, infine, l’esigenza di risoluzione delle criticità osservate, al fine di «incoraggiare l’applicazione dei correttivi da apportare alla legge, sia in tema di responsabilità dell’avvocato (a tratti eccessiva ed ingiustificata), sia in tema di ridefinizione dell’ambito di applicazione, non apparendo coerente al rinnovando sistema l’esclusione della risoluzione dei conflitti delle coppie di fatto e delle unioni civili».

Nella giornata del 18 gennaio 2017 si era tenuto un incontro di studio su quel progetto ministeriale, recante Per una riforma condivisa dell’ordinamento e del processo per la persona, le relazioni familiari e i minorenni [2], la cui disamina aveva evidenziato aspetti di criticità e la necessità di correttivi e di modifiche.

Sul piano ordinamentale, innanzitutto, si era ritenuta senz’altro condivisibile la necessità dell’attuazione dell’unificazione delle competenze in un unico ufficio (con il superamento dell’attuale ripartizione fra Tribunale Ordinario e Tribunale per i Minorenni), nel rispetto del criterio della vicinanza della giustizia ai cittadini e della specializzazione del giudice. La proposta ministeriale prevedeva un’unificazione delle competenze e l’unitarietà dell’organo giudicante, attraverso una prospettiva generale che coinvolgesse la giurisdizione civile e quella penale minorile.

In primo grado, dunque, la previsione di un unico ufficio avrebbe comportato che l’organo giudicante si strutturasse:

  1. in sede distrettuale, con competenze speciali tipizzate nel settore civile e competenza penale minorile. Nella materia civile, l’ufficio avrebbe giudicato in composizione collegiale di tre giudici togati. Soltanto in alcune materie civili e nel penale minorile, il collegio sarebbe stato integrato con un giudice esterno laico, da reclutare fra i laureati in pedagogia, psicologia o sociologia, con comprovata esperienza almeno decennale;
  2. in sede circondariale, un giudice togato monocratico, con competenze residuali.  L’Ufficio del PM sarebbe stato previsto presso l’ufficio giudicante distrettuale per l’esercizio della giustizia minorile penale e per quella civile nei procedimenti di competenza distrettuale, e il ruolo di parte civile del processo civile minorile, “con magistrati adibiti esclusivamente alle funzioni che saranno esercitate dallo stesso ufficio anche in sede circondariale”.

In secondo grado: istituzione presso le Corti d’Appello di sezioni specializzate per la trattazione dei procedimenti in sede d’appello, con l’integrazione di componenti laici per le materie di competenza della sezione distrettuale. Era poi previsto che tutti i magistrati assegnati all’ufficio del giudice per la persona, le relazioni familiari e i minorenni avrebbero esercitato la funzione in via esclusiva, con obbligo di formazione e di aggiornamento annuale.

Sul piano delle competenze. Con riguardo alla competenza civile, la proposta ministeriale prevedeva che al giudice monocratico, a titolo esemplificativo, venissero assegnate, in via generale, le materie attinenti: i procedimenti sulla crisi della coppia, le azioni di stato personale, i procedimenti di responsabilità genitoriale (de potestateexart. 333 e 336 c.c.), gli ordini di protezione, le azioni con contenuto patrimoniale e risarcitorio, gli affidamenti consensuali, i procedimenti di protezione dei minori stranieri non accompagnati, le esecuzioni e le modifiche degli accordi a lateredegli accordi di separazione coniugale e di divorzio, ogni procedimento monitorio afferente aspetti economici relativi alla crisi della coppia, mantenimento figli maggiorenni,  sottrazione internazionale dei minorenni, art. 31 T.U. sulla migrazione. I profili d’attenzione in discussione erano stati quelli relativi alle competenze ripartite nell’ambito dei procedimenti c.d. de potestate, laddove il procedimento ex art. 330 c.c. era previsto rimanesse nella competenza esclusiva del giudice distrettuale. Venivano attribuite, altresì, alla competenza collegiale del giudice in sede distrettuale: i reclami sui provvedimenti del giudice monocratico, i procedimenti di adottabilità, di adozione, amministrativi ex art. 25 RD 1404/1934, i procedimenti relativi ai minorenni sottoposti a protezione.

Sul piano del rito, previsto come speciale e differenziato, introdotto con ricorso, con fissazione d’udienza di comparizione delle parti, in esito della quale, oltre all’emanazione dei provvedimenti provvisori ed urgenti, era prevista l’assegnazione di un termine per l’articolazione di eventuali nuove domande e/o di deduzioni di prove.

Dalla disamina della bozza del progetto ministeriale, erano emerse delle criticità e dei suggerimenti, quali:

  • l’eliminazione della previsione della precisazione delle conclusioni sul vincolo, in modo da poter chiedere subito – in sede di prima udienza-  l’emanazione della sentenza non definitiva di separazione coniugale, divorzio o scioglimento dell’unione civile, in via contestuale all’adozione dei provvedimenti provvisori, da emanare ai sensi dell’art. 281-sexies c.c.;
  • la previsione dell’abolizione dell’art. 403 c.c., sicuramente preferendosi la previsione di provvedimenti urgenti di allontanamento del minorenne disposti da parte del giudice, anziché da parte dei Servizi Sociali;
  • la valutazione, in caso di conflitto d’interessi tra il minore d’età e i suoi rappresentati legali, di nominare un curatore speciale – se del caso un avvocato – ai fini dell’integrazione del contraddittorio e d’ufficio di un difensore tecnico ove il curatore non si costituisca o non vi provveda.

(Com’è noto, il predetto progetto di riforma, passato alla Camera e poi all’esame del Senato, è stato accantonato alla fine della XVII Legislatura).

Il 18 ottobre 2017 si era tenuta una giornata di approfondimento sul tema “Persone e famiglia tra prassi e riforme. Una lettura di genere. I settantacinque anni del libro primo del codice civile”.Prima Parte. Oggetto di disamina erano stati, preliminarmente, alcuni progetti di legge, quali: Patti prematrimoniali: Proposta di legge N. 2669, recante “Modifiche al codice civile e altre disposizioni in materia di accordi prematrimoniali”; – Fine Vita: il Disegno di Legge n. 2801, in tema di “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”; – Modifica art. 5 legge n. 898/70 e ss., in materia di assegno divorzile: Proposta di legge n. 4605 recante “Modifica all’articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento del matrimonio o dell’unione civile”.  In particolare, poi, i lavori si erano occupati del tema Il nuovo ordine della famiglia, con l’introduzione dell’Avv. Guido Alpa, il quale offriva una completa ed esaustiva panoramica dell’evoluzione del diritto di famiglia, passando in rassegna i settantacinque anni del libro primo del Codice civile, con particolare disamina delle tematiche della famiglia/delle famiglie e della evoluzione sociale, con ripercussioni sul diritto: -dal matrimonio come istituzione, al matrimonio come centro di espressione delle singole identità personali, alle convivenze di fatto o normate, alle unioni civili.  Seguivano le relazioni sul tema “Famiglia: struttura a geometria variabile[3]; “Famiglie omo genitoriali: modelli europei a confronto[4]; “Ricongiungimento familiare e matrimonio poligamico[5]; “Nuovi modelli familiari e autonomia negoziale[6]; “Profili successori e interferenze tra unioni civili e matrimonio”.[7]

La Seconda Parte del convegno tenutasi l’8 novembre 2017, si era occupata di “Genitorialità biologica e genitorialità sociale”, “Il nuovo diritto della filiazione” a cura di Marzia Bianca – Università La Sapienza di Roma; – “La procreazione medicalmente assistita” a cura di Marilisa D’Amico- Università di Milano; – “Unioni same sex e filiazione: tra rapporto di coppia e genitorialità sociale” a cura di Stefania Stefanelli – Università di Perugia. Nella seconda sessione della giornata, dedicata al tema “Genitori e figli nella crisi dei rapporti familiari”, erano state presentate relazioni con riguardo a: “Collocamento e affidamento dei figli” a cura di Ida Grimaldi – Foro di Vicenza; “L’assegno di mantenimento e le spese straordinarie” a cura di Vitalone – Consigliere presso la Corte d’Appello di Roma.

I temi trattati e gli approfondimenti che ne erano seguiti avevano evidenziato una discrasia fra una società sempre in evoluzione (nei costumi, nei rapporti interpersonali, nelle modalità di “fare famiglia”) e una legislazione che, per quanto negli ultimi anni abbia prodotto testi normativi che si sono adeguati alle raccomandazioni europee, appare essere ancora inadeguata, con riforme che si sono affastellate senza organicità e sistema. Le criticità che sono emerse rimangono, talvolta, travolte dalle divergenze normative che regolano il diritto di famiglia, come nel caso della diversità processuale fra procedimenti di separazione/divorzio, da un lato, e procedimenti sulla regolamentazione della filiazione non matrimoniale, dall’altro. Tanto da far dire, sia pure provocatoriamente, che forse i figli non sono ancora tutti uguali.   Anche sul tema della genitorialità/filiazione, si aveva avuto modo di osservare come i nuovi costumi sociali abbiano finito per portare nel sistema del diritto paradigmi prima impensabili: – dal genitore della famiglia matrimoniale (padre, madre), per così dire “tradizionale”; – al genitore adottivo/sociale dell’unione omosessuale (padre-padre, madre-madre); –  dalla madre biologica alla madre surrogata.

Così le relazioni sentimentali che non si traducono in un progetto “famiglia” (sia essa matrimoniale, di fatto, regolamentata, unione civile) possono determinare problemi sul regime di affidamento della prole, in quanto condividere la crescita e l’educazione di un figlio presuppone una relazione genitoriale, che talvolta non c’è, in quanto non c’è stata neppure una coppia di partner (casi sempre più frequenti di incontri occasionali e sporadici, che hanno generato la nascita di un figlio). Da qui, le riflessioni sulla possibilità di una condivisione genitoriale e con quante probabilità di successo.

Altrettanto rilevanti sono le conseguenze economiche nei conflitti familiari, laddove non sempre e non solo la crisi economica è motivo unico di aspre contese processuali, quanto lo strascico di liti processuali e rivendicazioni personali fra coniugi e tra partner.   I conflitti fra i genitori possono essere, infatti, non solo di natura economica, nascondendo fra le pieghe un disvalore dell’un genitore verso l’altro, che non si vuole in qualche modo “avvantaggiare” con il contributo economico o, al contrario, che si vuole “punire” con pretese talvolta ingiustificate. Da qui, i tentativi per prevenire e ridurre il contenzioso, per esempio relativamente agli obblighi in materia di spese straordinarie per la prole, mediante la regolamentazione offerta dall’esperienza dei Protocolli d’intesa, che nel silenzio normativo, ha fornito prassi virtuose e deflattive. Un’altra osservazione ha portato a chiedersi se non sia, in certi casi di grave conflitto e/o irresponsabilità genitoriale, valutabile l’opportunità di prevedersi un assegno omnia comprensivo, in modo tale da evitare che il genitore che anticipa spese nell’interesse della prole, finisca per non vedersi mai rimborsato.

Nelle giornate del 29 novembre 2017 e del 28 febbraio 2018, Terza parte di studio, nell’ambito del ciclo dedicato a “Persone e famiglie tra riforme e prassi. Una lettura di genere”, dal titolo Fragilità sociali e tutela delle vulnerabilitàHa presenziato la Garante Nazionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Dott.ssa Filomena Albano, rammentando come il titolo del convegno sia evocativo del ruolo sociale dell’avvocatura, che deve essere qualificata, competente e specializzata. Ha, inoltre, introdotto il tema delle fragilità, con particolare riferimento alla fragilità familiare, agli allontanamenti dei minori dalle proprie famiglie, alla rete per il sostegno socio-assistenziale e alla genitorialità, alle difficoltà di rientro in famiglia nelle ipotesi di violenza assistita, alle famiglie patologiche, alle famiglie separate/divorziate/cessate nella convivenza, alla povertà e alla indigenza, ai minori non accompagnati.

L’8 marzo 2019 è stato interamente dedicato al tema Le giornate del CNF per i diritti delle persone e delle famiglieOggi sono sotto attacco critico[8], sino a invocarne l’abolizione o la modifica in senso più ristrettivo da parte di alcune forze politiche, la legge sull’aborto, la legge Merlin sulla “Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui”, le leggi di riforma del diritto di famiglia succedutesi negli ultimi anni, la legge sulle unioni civili.

Ne è un sintomatico esempio il ddl S. 735/2018 c.d. Pillon, nel quale – dietro alla esigenza di una affermazione “rafforzata” della bigenitorialità paritaria (rispetto alla Legge n. 54/2006), quale diritto del minore d’età alla sua tutela in conseguenza della crisi familiare (rectius, dietro alla pretesa di un più intenso riconoscimento del figlio minore d’età di avere e conservare un paritario ed equivalente rapporto con entrambi i genitori) – appare mascherata, per vero, una prospettiva legislativa vendicativa nei confronti del genere femminile e della sua libertà di autodeterminazione, parificando la frequentazione con l’intento di abolire il contributo economico e l’assegnazione della casa familiare, perdendo peraltro di vista la tutela del minore.

Altrettanto preoccupante appare il linguaggio utilizzato, sia da media che dalla stessa magistratura (la “tempesta emotiva e passionale” quale espressione utilizzata dalla recente sentenza della Corte d’Appello di Bologna), laddove una maggiore cautela dovrebbe essere adottata per contrastare, anche a livello terminologico, il fenomeno della violenza sulle donne e il fenomeno quasi quotidiano del femminicidio.

Un fenomeno, quello della violenza di genere, da contrastare a livello sociale, culturale, scolastico, processuale (fra l’altro, prevedendosi una formazione specifica e una conseguente selezione dei CTU nominati nei processi). La pubblicità, a sua volta, deve orientarsi nel senso del rispetto verso il genere femminile e non di volgari quanto gratuite mortificazioni a sfondo sessuale del corpo della donna, sensibilizzando anche l’Agicom. La prevenzione, infine ma certo non da ultimo, quale efficace strumento di contrasto alla violenza, attraverso interventi diretti nella scuola (sin da quella primaria).

La Commissione d’inchiesta è, dunque, impegnata in modo trasversale (aderendovi parlamentari di tutte le forze politiche) a raccogliere dati e a promuovere interventi che mirino al più efficace contrasto alla violenza sulle donne, sia in ambito sociale che di formazione.

Precisamente sul tema Disamore (x), campagna di sensibilizzazione contro la violenza di genere è intervenuta la Prof.ssa Donatella Caione, illustrando un interessante progetto, realizzato con il patrocinio del Comune di Firenze, al fine di far conoscere e fare prevenzione nelle scuole contro la violenza al genere femminile. In pratica, è stata illustrata una scatola/kit, denominata “Disamorex”, che viene presentata e distribuita nelle scuole, apparentemente sotto forma di un medicinale, al cui interno un “bugiardino” illustra le proprietà de comportamenti corretti e delle contrindicazioni dei comportamenti scorretti agiti verso le bambine/ragazze/donne, tutti da evitare e contrastare, per affermare la cultura del rispetto, della libertà delle scelte e della autoderminazione femminile. All’interno della scatola sono contenute cinque bustine, di vario colore, ciascuna delle quali fornisce le descrizioni ed i rimedi da adottare in caso di violenza fisica, verbale, psicologica, economica, violenza tra adolescenti. In buona sostanza, il progetto è destinato a rafforzata e ribadire l’idea che la violenza va contrastata a partire dalla scuola, passando per la formazione e per la valorizzazione delle competenze. La relatrice ha, poi, ribadito l’esigenza che il contrasto alla violenza di genere si attui anche passando attraverso una consapevole e mirata azione che interessa le pubblicazioni, i libri scolastici, le illustrazioni, le campagne pubblicitarie, la stessa cartellonistica, soprattutto attraverso il linguaggio (nei media, sui social,sulla stampa, nelle aule di giustizia).

Sul tema della Responsabilità genitoriale: conflitti e prospettive di riforma si è molto discusso in ordine alle recenti proposte di legge di modifica della Legge n. 54/2006, assorbendo soprattutto l’attenzione il ddl c.d. Pillon, noto per avere ricevuto le più aspre critiche, non solo da parte degli schieramenti politici della sinistra e delle associazioni femminili e femministe, ma anche da parte di insigni giuristi. Ne ha fatto oggetto di una brillante disamina il Prof. Filippo Romeo, docente presso l’Università degli studi Kore di Enna, muovendo dalla constatazione che qualcosa, nel corso degli anni e dalla sua applicazione giurisprudenziale, nella legge sull’affidamento condiviso (L. n. 54/2006) non ha funzionato a dovere, rimanendo evidenti alcune ombre che ancora oscurerebbero l’effettiva attuazione della bigenitorialità:

  • sarebbe solo formale e non reale la tutela che preserva nel minore il diritto ad avere uguali rapporti con entrambi i genitori dopo la loro crisi di coppia (in alcuni provvedimenti giudiziari, il diritto alla bigenitorialità sarebbe più uno stereotipo, anziché una garanzia effettiva assicurata alla prole minore d’età, e si maschererebbe un affidamento monogenitoriale);
  • occorrerebbe rivedere il calendario di frequentazione del minore con l’altro genitore non collocatario caso per caso, e non applicando quello standard in uso presso quasi tutti i fori;
  • uno “scricchiolio” alla legge n. 54/2006 si era appalesato con due sentenze del 2018 (l’una del Tribunale di Firenze e l’altra del Tribunale di Matera), le quali avevano un po’ anticipato le criticità della legge sull’affidamento condiviso del 2006 e approvato un piano genitoriale paritario di frequentazione e di mantenimento diretto della prole, anche se, per ver, si trattava di casi particolari per le condizioni economiche delle parti e per l’assenza di conflittualità. L’interesse del minore, peraltro, si persegue assicurandogli:
    • il divieto del fenomeno del c.d. “nomadismo” fra le case dei genitori;
    • la qualità del rapporto con entrambi i genitori;
    • assicurargli la presenza effettiva dei genitori, come punti ben precisi di riferimento.

Sulla scorta di tali criticità (ma non solo), si è, dunque, aperta una stagione legislativa promotrice di riforme del diritto di famiglia, più specificamente centrata sulla affermazione concreta (ed imposta) della bigenitorialità, oggetto di ben quattro disegni di legge e precisamente: -S n. 45/2018 (Disposizioni in materia di tutela dei minori nell’ambito della famiglia e nei procedimenti di separazione personale dei coniugi); -S n. 1163 (Modifiche agli articoli 178, 706, 708, 709-ter e 711 del codice di procedura civile e agli articoli 155, 155-bis, 155-quater, 155-quinquies e 155-sexies del codice civile, nonché agli articoli 14, 19, 22 e 23 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, in materia di affidamento condiviso); -S n. 1441/2017 (Nuove norme in materia di affidamento condiviso dei figli minori); -S n. 735/2018 (Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità).

L’attenzione del relatore è stata dedicata principalmente a quest’ultimo ddl (c.d. Pillon), le cui audizioni presso il Senato si sono concluse, sotto l’occhio critico e preoccupato dell’avvocatura (ad eccezione di una minoranza), segnalando che: – è già stato oggetto di critiche, fra gli altri, anche da parte della Garante Nazionale per l’Infanzia e per l’Adolescenza, Dott.ssa Filomena Albano, per la prospettiva adulto centrica; per la sottovalutazione dei reali bisogni del figlio minore nella crisi genitoriale, nella quale rischierebbero di non vedersi riconosciuti i suoi peculiari diritti di bambino; per la mancata attenzione rivolta al suo ascolto in ambito giudiziario; per l’introduzione nella disamina e nella indagine processuale dell’alienazione parentale, del tutto priva di riscontro ed evidenza scientifica. Soprattutto, il ddl è criticabile (in sintesi) poiché introdurrebbe:

  • l’obbligatorietà della mediazione familiare (oltre che imporre ulteriori costi, questa obbligatorietà vanificherebbe l’autoderminazione delle parti);
  • un piano genitoriale con rigide griglie di tempi prestabiliti di frequentazione dei figli;
  • il mantenimento diretto della prole con capitoli di spesa;
  • all’autoresponsabilità dei figli maggiorenni si accompagnerebbe l’automatica revoca del diritto al mantenimento al compimento del venticinquesimo anno d’età;
  • l’alienazione parentale, di cui già molto si è detto sulla sua non scientificità e sul grave rischio di autoritarismo e di “punizione” del genitore ritenuto alienante, laddove le cause delle difficoltà appalesate dai figli minori di genitori molto conflittuali vanno ricercate piuttosto in una indagine comparata dell’idoneità genitoriale e sulle cause del rifiuto;
  • la figura del coordinatore genitoriale, il cui costo graverebbe anch’esso sulle parti.

Per ultimo, il ddl 735/2018 finirebbe per disconoscere l’autoderminazione dei partner, per allungare i tempi del processo, per accrescerne i costi; mentre sarebbe auspicabile un complessivo ripensamento della L. n. 54/2006, non nella direzione autoritaria voluta dal ddl Pillon, che finirebbe per “medicalizzare” la famiglia.

Con riguardo alla prospettiva di riforma dell’art. 403 c.c., è intervenuta la Prof.ssa Alessandra Cordiano, docente presso l’Università degli studi di Verona, la quale ha posto alcune gravi osservazioni sugli allontanamenti dei minori dalle loro famiglie e la loro collocazione fuori dal contesto familiare, rilevando come si tratti di un serio problema sociale, tanto più a fronte della circostanza che il ricorso a tale misura (estrema) dovrebbe essere eccezionale, mentre sempre più frequenti sono i casi evidenziati dall’esperienza e, d’altro canto, del fenomeno se ne è occupata anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha condannato l’Italia con ben venti provvedimenti sul tema dell’allontanamento dei minori dalle famiglie d’origine e sulla recisione dei rapporti familiari, evidenziando la violazione degli art. 8, 12 e 14 CEDU.

La norma in questione è, del resto, una norma “antica”, difficile, tipizzata, prevede una misura di carattere amministrativo con natura pubblicistica in situazioni di urgenza e indefettività, con serie ripercussioni sulla libertà delle persone coinvolte. A seguito del coinvolgimento successivo della Procura della Repubblica presso il TM e dell’apertura presso quest’ultimo del procedimento ex art. 330, 333 e 336 c.c., i procedimenti così avviati sono spesso molto lunghi, non vi è coordinamento fra i processi pendenti presso il TM ed eventualmente il TO, il minore non viene spesso neppure ascoltato, non sempre viene avviato un progetto di sostegno e di recupero della genitorialità (la statistica verifica che frequentemente si tratta di famiglie straniere). Vi sono due proposte di modifica: a) la prima, «Modifica dell’articolo 403 del codice civile, in materia di intervento della pubblica autorità a favore dei minori A.C. 4299» è una proposta di legge all’esame della Commissione, con l’intento di riscrivere l’art. 403 del codice civile (che disciplina appunta l’intervento dell’autorità pubblica volto ad allontanare con urgenza un minore da una situazione di pericolo per collocarlo in un ambiente protetto).

Rispetto alla normativa vigente, dunque, la proposta riconduce le ipotesi di intervento della pubblica autorità a due presupposti:

  • stato di abbandono morale o materiale del minore, che deve essere accertato o evidente; esposizione del minore a grave pericolo per il suo benessere fisico e psichico a causa delle condizioni in cui è allevato;
  • la seconda, ddl n. 1726 prevedrebbe la possibilità di un reclamo e modalità di esecuzione con progetto di sostegno alla genitorialità e un rapido reinserimento del minore nell’ambito familiare d’origine.

Sul tema I nuovi modelli familiari dopo la stagione delle riforme è intervenuta la Prof.ssa Gilda Ferrando, la quale ha proposto un interessante excursussulla storia e sulla evoluzione legislativa della famiglia in Italia, a partire dall’unico modello di famiglia, fondato sul matrimonio e formato da un uomo e da una donna con la finalità di procreare figli; sino alla nuova stagione sociale/giurisprudenziale/legislativa, ispirata alla legislazione sovra nazionale e  alla giurisprudenza della CEDU, con l’introduzione di nuovi modelli familiari, le formazioni sociali same sexe le convivenze di fatto, passando per l’unificazione della filiazione. Questi i significativi passaggi legislativi:

  1. Legge n. 40/ 2004 sulla procreazione medicalmente assistita (viene riconosciuto un modello di genitorialità non fondato sulla generazione ma sulla scelta);
  2. Legge n. 4/2006 sull’affidamento condiviso (rapporto personale del figlio con ciascun genitore al momento della crisi della coppia);
  3. Legge n. 219/2012 e D.L n. 154/2013 sulla parificazione dello stato di figlio (con la nascita, il bambino entra a far parte della famiglia ed in relazione non solo con i genitori, ma con i fratelli ed il ramo parentale di ciascun genitore, a prescindere dalla qualità della relazione dei genitori, ed anche nell’ipotesi che essi non siano mai stati conviventi);
  4. Legge n. 76/2016 unioni civili e convivenze di fatto (atto formale, consenso iniziale e alla continuazione della vita in comune). L’unione civile è “paragonabile” all’istituto del matrimonio, ma da esso si discosta con diverse divergenze, non da ultimo quello sulla filiazione; pertanto, il compito dell’interprete è quello di eventualmente fornire una interpretazione costituzionalmente orientata, per dare alle persone coinvolte una tutela più ampia.

Sulla filiazione, la novità è tutta nella unificazione dello status, nel senso che il baricentro si è spostato dal matrimonio alla filiazione: nel matrimonio, si fonda sulla generazione; nell’adozione, sull’accoglienza; nella procreazione medicalmente assistita, nella scelta. Dalla condizione di stato unico, afferente alla qualità del rapporto genitoriale, discende la responsabilità genitoriale, che non è un maquillage terminologico, ma è un porre l’accento sulla relazione genitoriale (il prendersi cura, l’accompagnare alla crescita e alla vita). Il faro è, come sempre, il primario interesse del minore, da verificarsi in concreto, che si attua attraverso la bigenitorialità (d’ispirazione sovranazionale e convenzionale internazionale). Il concetto di benessere del minore (il cui pregiudizio comporta una verifica della idoneità genitoriale ex art. 330 e 333 c.c., sino alla dichiarazione di adottabilità), involge non solo il profilo biologico, ma anche quello “sociale” alla conservazione di quel benessere (cfr Cass. civ. Sez. I, ord. 21/02/2019 n. 4194).

Uno sguardo che contempla anche la coppia same sex, laddove si deve guardare alla relazione affettiva ed effettiva. Per concludere, la relatrice ha ricordato che il sistema-famiglia è ormai da declinarsi al plurale, al centro non vi è più il matrimonio e la famiglia è composta da singole persone conviventi, portatrici ciascuna di propri diritti ed aspirazioni, il fine non è più necessariamente la generazione di figli (il significato originario di matrimonio, mater munus, era quello del portare da parte della donna un figlio in dono all’uomo), tanto è vero che l’impotentia generandi non è più causa di nullità del matrimonio, la procreazione non è più il fine istituzionale prioritario, la famiglia ha anche una dimensione sociale (non solo personale), ma non è sacrificio degli interessi e dei diritti personali. La famiglia, in sostanza, è un progetto da costruite insieme e di comune accordo fra i partner, quale che sia, nel rispetto reciproco e solidale.

Sulle unioni civili è intervenuto il Prof. Giovanni De Cristofaro, docente presso l’Università di Ferrara, il quale ha fornito una lettura critica della legge n.76/2016, sottolineando le profonde diversità fra matrimonio (tra persone di sesso diverso) e l’unione civile, che è una formazione sociale, volutamente troppo fragile giuridicamente per potersi fondare come famiglia comprensiva di figli. Anzi, lo scopo della netta differenza fra i due istituti è proprio volutamente centrata sulla esclusione della filiazione adottiva, connotandosi quasi esclusivamente su aspetti di natura patrimoniale e contrattuale, non anche familiare. D’altro canto, il terreno era stato fornito dalla Corte Costituzionale, che con una sentenza del 2012 ha fornito alla legge del 2016 l’impianto normativo poi adottato, vale a dire tenere distinti i due istituti, due realtà disomogenee, sono due realtà diverse e distinte. In Italia, si è scelto di blindare la filiazione, sulla costruzione di un impianto che poggia sulla “formazione sociale”, che non è famiglia. Pertanto, forse non è possibile invocare (visto il precedente) la Corte Costituzionale per ottenere una dichiarazione d’incostituzionalità della norma, in quanto fondata su una discriminazione basata sul sesso. Piuttosto, si potrà fare ricorso alla CEDU e al Regolamento Europeo, per cercare di ovviare al problema. D’altro canto, la Germania ha risolto in modo chiaro e semplice la questione, quasi pragmatico: con una legge costituita di soli due articoli ha affermato che all’unione civile può accedervi chiunque, sia esso etero che omosessuale.

Avv. Stefania Tonini
Consigliere referente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna

[1]Relatori: Avv. Andrea Mascherin, Avv. Francesca Sorbi, Avv. Andrea Pasqualin, Prof. Avv. Marco Marinaro (Università di Napoli Federico II), Prof. Avv. Chiara Giovannucci Orlandi (Università Alma Mater Studiorum di Bologna), Avv. Enrico Merli, Avv. Maria Masi.

[2]Disegno di legge delega Camera dei deputati 16/02/2016 n° 2953 “Progetto di riforma per un processo civile unitario nel diritto di famiglia”.

[3]Prof. Avv. Filippo Romeo-Università Kore di Enna.

[4]Avv. Angelo Schillaci – Foro di Roma.

[5]Prof. Avv. Maria Caterina Baruffi-Università di Verona

[6]Prof. Avv. Arnaldo Morace Pinelli – Università Tor Vergata di Roma

[7]Prof. Avv. Giovanni Perlingeri – Università della Campania

[8]Senatrice Avv. Valeria Valente, Presidente della “Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere”,

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