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In memoria di Checco

Così veniva chiamato, anche in famiglia, l’avv. Francesco Berti Arnoaldi Veli che si è spento a 92 anni, poco dopo Natale.

È stato un personaggio emblematico del secolo scorso: avvocato partigiano, scrittore, saggista, uomo di grande cultura che oggi definiremmo a 360 gradi; ha lasciato un grande insegnamento alla nostra comunità forense ed anche all’intera società civile.

Per quanto ci compete è stato anche per alcuni anni direttore responsabile di questa rivista che ha contribuito a fondare e diffondere, seppur nella versione storica di “Bollettino dell’Ordine degli avvocati e procuratori di Bologna“.

Lo vogliamo ricordare attraverso l’elogio funebre composto dai suoi famigliari e letto nel corso delle esequie dal figlio Giovanni in cui traspare tutto lo spessore del personaggio.

A nostro padre piacevano i riti, e di sicuro avrebbe tenuto molto a essere presente oggi a questa messa, e possibilmente – nella sua laicità che aveva molto di religioso – a celebrarla lui stesso. I riti gli piacevano perché ribadiscono una fedeltà: a una persona, a un evento, a un valore. Fedeltà soprattutto agli amici scomparsi, alla scelta della Resistenza, ai valori che da quella scelta erano germogliati e che ha inseguito e testimoniato per tutta la sua vita. Non per caso uno dei suoi libri lo volle intitolare, usando un verso di una sua poesia, “Coi miei compagni io devo restare”.

Ecco, noi sentiamo che di nostro padre – di Checco, come anche noi lo chiamavamo – molto resta. Resta in noi figli, nei nipoti, nei famigliari, nei tanti amici e nelle persone che nella sua vita, lunga e piena, lo hanno conosciuto: in tutti noi che oggi siamo qui ad accompagnarlo nel suo ultimo viaggio: un viaggio iniziato in vita con l’amico più importante, Giuliano Benassi, deportato e ucciso negli ultimi giorni della guerra; che diventa ora un viaggio con gli amici, con i compagni con i quali Checco resterà sempre, con tutti noi.

Molto del mondo sentimentale di nostro padre era posto sotto il segno del lutto e coltivato nel culto della memoria. Per il padre morto quando lui aveva quattro anni, per la sorella morta adolescente, per l’amico Giuliano, per i suoi fratelli che lo hanno preceduto nella scomparsa. Queste ombre che si è portato dentro tutta la vita sono state i giudici severi delle sue azioni. E lo hanno reso estremamente esigente verso se stesso, richiamandolo sempre alla serietà e all’impegno, il cui peso assumeva per sé ma anche per loro, nella loro memoria.

Guardando ora quanto poco posto occupa su questo pavimento, si stenta a crederlo, ma è stato naturalmente anche un padre ingombrante per noi che lo abbiamo voluto seguire nelle sue orme, nella professione forense e nella vita intellettuale, e che lo abbiamo fatto – come avviene per i figli – a volte affascinati e a volte recalcitranti.

Di tante cose gli siamo grati, ma forse di una soprattutto: di averci resi curiosi di sapere e desiderosi di fare; diceva che la curiosità è un dovere, che alimenta la consapevolezza delle scelte e accende il desiderio di agire, di partecipare attivamente alla costruzione della memoria.

E se ci guardiamo dentro, ci accorgiamo che è lui che ci ha dato la legge, e che continuerà a essere il nostro tribunale.

Rivolgiamo un ringraziamento particolare al Sindaco e al Comune, che hanno voluto allestire la camera ardente e partecipare attivamente al ricordo di nostro padre.

E grazie ai tanti, davvero tantissimi, che in questi giorni hanno voluto condividere il nostro lutto, che da intimo e familiare abbiamo visto, con emozione, diventare pubblico.

Nostro padre – è stato ricordato in questi giorni – non si sentiva un “sacerdote del passato”, un custode di valori appartenenti alla storia; al contrario, proiettava quotidianamente quei valori fondanti nel futuro, cercando di trasmetterli con passione e convinzione, soprattutto ai giovani studenti delle scuole. In effetti noi figli, quando volevamo prenderlo in giro, gli dicevamo che il partigiano lui l’aveva fatto soprattutto dopo la guerra, non durante. Ma questa sua prolungata, ostinata, indomita resistenza – ci accorgiamo ora – è esattamente il suo lascito, ciò che più ricorderemo di lui e che cercheremo, con i nostri limiti, di fare nostro: alzare lo sguardo, guardare sempre avanti e camminare diritti.

Ciao Checco, non sappiamo se il tuo viaggio finisca adesso o cominci davvero ora. In ogni caso, saremo con te, così come tu sarai sempre con noi.

Giovanni Berti Arnoaldi Veli
Ugo Berti Arnoaldi Veli

Informazioni sull'autore

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Ugo Berti Arnoaldi Veli