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Utilizzabilità della CTM in giudizio post mediazione e riservatezza – Estratto verbale adunanza del 13/6/2018

Riferisce il Presidente sul parere richiesto dall’Avv. Mevia ed assegnato al Consigliere Avv. Annalisa Atti.

Il quesito riguarda la producibilità e l’utilizzabilità, in giudizio, della CTU (recte, CTM) svolta nel corso del procedimento di mediazione obbligatoria preliminare, in assenza di esplicita menzione e informazione di tale possibile futuro utilizzo, da parte del consulente, e di accordo tra le parti sull’utilizzabilità futura.

Viene prospettata la violazione del dovere di riservatezza e del divieto di utilizzabilità in giudizio di dichiarazioni rese e informazioni acquisite, imposto a tutti i partecipanti al procedimento di mediazione dagli artt. 9 e 10 d. lgs. 28/10, nonché, sotto il profilo deontologico, la violazione del dovere di comportarsi con lealtà e correttezza di cui all’art. 19 CDF.

La possibilità per il mediatore di avvalersi dell’opera di un esperto è espressamente prevista dalla normativa vigente (art. 8, comma 4, d. lgs. 28/10); ovviamente sul presupposto che vi sia l’accordo tra le parti sull’affidamento dell’incarico a consulente esterno.

Alcuni commentatori hanno rilevato che la successiva utilizzabilità in giudizio di tale perizia, o consulenza, fosse subordinata al preventivo assenso da parte delle parti partecipanti alla procedura, nonché ai limiti consueti del rispetto del principio del contraddittorio e della pari interlocuzione con l’esperto.

Tuttavia, la giurisprudenza ormai prevalente si pone in posizione diversa; con ordinanza 17/3/2014 il Tribunale di Roma ha ammesso la producibilità in giudizio della CTU anche in mancanza di assenso preventivo di entrambe le parti, inquadrandola tra “le prove atipiche, purché siano rispettati alcuni fondamentali principi dell’ordinamento stesso (e fra questi principalmente quello del contraddittorio). Ne consegue che il giudice potrà utilizzare tale relazione secondo scienza e coscienza, con prudenza, secondo le circostanze e le prospettazioni, istanze, e rilievi delle parti“. Così pure ha fatto il Tribunale di Parma, con ordinanza 13/3/2015, addirittura in un caso di mancata partecipazione di una delle parti alla mediazione e dunque di CTM “in contumacia” (posizione recepita anche da Tribunale Roma, 9/4/2015). Infine il Tribuanle di Roma ha deciso (ordinanza 4/4/2016) l’utilizzabilità e producibilità della CTM in giudizio anche in mancanza di previo assenso delle parti a tale utilizzo, in quanto “anche in caso di mancato accordo tale attività̀, ove espletata da consulente serio e preparato, può̀ conservare utilità̀ (purché́ siano rispettate alcune regole fondamentali ed in particolare quella del contraddittorio e l’esclusione del riferimento a dichiarazioni delle parti in mediazione)”.

La ratiofondamentale di tali pronunce risiede nella delimitazione dell’oggetto del divieto di utilizzazione e del dovere di riservatezza contenuti nel d.lgs 28/10: si legge (ord. Tribunale Roma 17/3/2014) che “nessuna norma del decreto legislativo 28/2010 fa divieto dell’utilizzo nella causa della relazione dell’esperto, fermo restando il generale obbligo di riservatezza anche del consulente, come di tutti gli altri soggetti che intervengono nel procedimento. Una esplicita conferma di quanto precede si ricava dall’ultima parte dell’art. 10 primo comma decr.cit. che fa salvo il consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni.

Così confermandosi che il consenso per l’utilizzazione in ambito diverso dal procedimento di mediazione all’interno del quale (le dichiarazioni) sono emerse è necessario solo per le dichiarazioni delle parti”; e che “l’art.9, che immancabilmente riferisce e limita testualmente l’obbligo di riservatezza alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite durante il procedimento medesimo. Può pertanto stabilirsi un primo punto fermo: quella della selettività del divieto che riguarda esclusivamente le dichiarazioni e le informazioni che una parte abbia fornito (a chicchessia dei soggetti presenti nel procedimento di mediazione e quindi, per ipotesi, anche al consulente). E non gli accertamenti del consulente”.

Non sembra quindi di poter rispondere nel senso prospettato alla richiesta di parere pervenuta; certamente eventuali doglianze sul rispetto della dialettica peritale, e sulle conclusioni raggiunte, potranno essere fatte valere in giudizio, tenendo appunto conto della diversa natura – e valore – della CTM rispetto alla CTU, ma non pare sostenibile la violazione del disposto del d.lgs. 28/2010, e conseguentemente neppure del CDF.

Il Consiglio, all’esito, ringrazia il Consigliere avv. Annalisa Atti per il parere reso, che fa proprio nei termini di cui sopra.

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