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Libro bianco sui rapporti tra i mezzi di comunicazione e processo penale

L’Indagine dell’Osservatorio sull’informazione giudiziaria dell’Unione Camere Penali Italiane

I media ed il processo penale, un rapporto spesso controverso e fonte di numerose polemiche per i processi mediatici a cui spesso assistiamo e che condizionano certamente l’opinione pubblica, e probabilmente anche gli organi giudicanti.
Una riflessione sulle risultanze di un’indagine statistica condotta sui maggiori quotidiani ed i suoi risultati così come elaborati dall’ Ucpi e dall’Università di Bologna, un esito un po’ sconcertante su cui riflettere per non alterare l’equilibrio tra difesa ed accusa, al fine di giungere a quel giusto processo garantito dalla nostra Carta Costituzionale a cui ogni cittadino deve poter aspirare


L’Osservatorio informazione giudiziaria UCPI, di concerto con l’Università di Bologna, al fine di comprendere quali fossero le linee di tendenza dell’informazione giudiziaria in Italia, se quanto pubblicato dai maggiori quotidiani fosse o meno rispettoso del principio costituzionale della presunzione di innocenza e delle regole in materia di pubblicazione degli atti processuali previste dal codice di procedura penale, nonché quali fossero le fonti giornalistiche in tale ambito, avvalendosi del rigore metodologico della scienza statistica, ha effettuato una innovativa ed importante indagine .

L’indagine, brillantemente coordinata dal responsabile dell’Osservatorio Avv. Renato Borzone e dal Prof. Michele Sapignoli del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Bologna, si è sviluppata nell’arco di sei mesi durante i quali i componenti l’Osservatorio, avvocati iscritti alle Camere Penali istituite nei territori di provenienza (dal Piemonte alle regioni insulari), hanno analizzato ogni giorno il quotidiano loro assegnato, per complessive 27 testate che, nel dicembre 2015,  contribuivano per circa il 60% della diffusione totale dei quotidiani italiani.

La rilevazione è stata effettuata attraverso la compilazione di due schede, appositamente create per consentire una rilevazione che fornisse dati statisticamente elaborabili e quindi attendibili, l’una riguardante la politica giudiziaria e l’altra la cronaca giudiziaria.

Dopo un periodo di sperimentazione, finalizzato ad uniformare i criteri di valutazione, dal primo luglio al 23 dicembre 2015, i rilevatori hanno analizzato 7373 articoli di cronaca giudiziaria e 602 articoli di fondo ed editoriali sui temi giudiziari.

Relativamente alla cronaca giudiziaria, l’indagine mirava ad individuare la fase del procedimento cui l’articolo si riferiva, la provenienza della notizia, a verificare se i fatti fossero o meno in discussione, se il titolo ed il contenuto dell’articolo avessero una impronta neutra ovvero innocentista o colpevolista, se fosse riportato il contenuto di intercettazioni ovvero se queste fossero solo citate, se venisse dato spazio alla difesa.

I risultati, riportati nel “Libro bianco sui rapporti tra mezzi di comunicazione e processo penale”, Edizione Pacini Giuridica, dimostrano che circa il 64% degli articoli di cronaca giudiziaria analizzati riguardano la fase delle indagini preliminari, mentre solo il 13% è relativo alla fase dibattimentale ed un residuale 11% informa dell’esito del processo.

Particolare significato assumono le indicate percentuali, essendo dimostrative di una informazione concentrata in maniera massiccia e pressoché univoca sulla fase delle indagini preliminari, a discapito del dibattimento, luogo deputato attraverso il contraddittorio tra le parti all’accertamento del fatto e della eventuale responsabilità dell’imputato.

In un numero elevato di casi, dopo aver appreso dell’arresto di un determinato soggetto ovvero che nei suoi confronti è stata avviata una indagine, il lettore non saprà mai quale sarà stato l’esito del dibattimento.

Ciò assume particolare disvalore se correlato ad un altro dato, che attiene al contenuto dell’articolo.

Infatti, l’indagine svolta ha accertato che solo il 3,2% degli articoli analizzati ha un impronta innocentista mentre il 29,2% ha una impronta colpevolista, percentuale che, se sommata alla percentuale degli articoli che si limitano a riportare la ricostruzione accusatoria, consente di affermare che il 62% degli articoli offre al lettore esclusivamente il punto di vista dell’accusa, rispetto a fatti che per il 77,5% sono in discussione e quindi incerti, non essendo ancora intervenuto il necessario vaglio dibattimentale.

Tale dato impatta negativamente con il principio costituzionale di presunzione di non colpevolezza, oltre che con la recente direttiva comunitaria che sancisce il diritto dell’individuo a non essere presentato come colpevole fino a quando la sua colpevolezza non sarà dimostrata all’esito di un giusto processo.

È evidente che, da un lato, l’indagine dimostri come l’indagato sia presentato quale colpevole prima ancora di essere giudicato e, dall’altro, che la fase delle indagini preliminari viene rappresentata al lettore come se si trattasse del processo vero e proprio, attraverso una ipervalutazione delle indagini preliminari ed un conseguente svilimento del dibattimento.

Ciò che emerge dall’indagine non rappresenta  l’informazione che vorremmo, non si pensi che ciò significhi limitare la libertà di stampa e di informazione in generale, essendo fermamente convinti che quel principio rappresenti uno dei cardini fondanti di uno stato democratico, significa invece che auspichiamo una informazione equilibrata, che raccontando gli accadimenti sia rispettosa del principio di non colpevolezza, che non riporti pedissequamente e senza alcun approfondimento notizie che nel 41% dei casi vengono fornite dagli organi investigativi, che necessariamente perseguono un interesse di parte.

Insomma, una informazione che sia più rispettosa della dignità delle persone indagate o imputate, che sia rispettosa delle fasi del procedimento penale, che non induca il lettore in errore attraverso l’equiparazione dell’indagato con il condannato, ovvero facendo apparire la fase delle indagini preliminari il luogo deputato all’accertamento della responsabilità penale.

Una informazione che non rischi di intaccare la verginità cognitiva del giudice, rischio scientificamente accertato e dimostrato, che non interferisca con il vissuto dei testimoni, indotti a rielaborare i ricordi in aderenza alle notizie fornite da una informazione eccessivamente sbilanciata in chiave accusatoria.

Avv. Elisabetta d’Errico
Componente dell’Osservatorio Informazione Giudiziaria UCPI

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Elisabetta d'Errico