Varie

Speciale inaugurazione anno giudiziario 2017

CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA
CERIMONIA DI INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2017 28 gennaio 2017

Intervento del Presidente del Consiglio dell’Ordine Distrettuale degli Avvocati

Sig. Presidente della Corte d’Appello, sig. Procuratore Generale, Arcivescovo, autorità tutte, magistrati del Distretto, colleghi avvocati, signore e signori, vi porgo il saluto dell’avvocatura di Bologna e dell’intero Distretto dell’Emilia-Romagna, a nome della quale ho l’onore di prendere la parola.

L’inaugurazione di un anno giudiziario è sempre l’occasione, insieme, di bilanci e di auspici. L’anno che si è concluso è stato un anno importante per l’avvocatura: si è tenuto – proprio nel nostro Distretto, a Rimini – il XXXIII Congresso Nazionale Forense.

Un congresso che ha voluto fortemente aprire una nuova fase, per l’avvocatura, di interlocuzione e confronto con le altre componenti istituzionali della giustizia, affidando tale compito a un nuovo organismo – l’Organismo Congressuale Forense – che ha preso il posto dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, che ha così concluso la sua ventennale esperienza.

Non si tratta di semplicemente cambiare nome all’organismo di rappresentanza politica dell’avvocatura, evidentemente. In un mondo in rapida evoluzione, persino nella lenta giustizia italiana, si è sentita forte l’esigenza di nuovi assetti, nuovi linguaggi, nuove priorità con le quali affrontare i cambiamenti che stiamo attraversando e che ulteriormente ci attendono.

Il nuovo Organismo, che si è insediato da poche settimane, ha scelto di non intervenire direttamente all’inaugurazione di questo anno giudiziario, ma di affidare ai Presidenti degli Ordini distrettuali l’enunciazione del primo e più urgente punto programmatico che l’organismo intende porre al centro della propria azione di politica forense: la richiesta di dare “immediato avvio e attuazione alla proposta di legge ministeriale sull’equo compenso nella professione forense; proposta che vuole definire e tutelare l’equo compenso degli avvocati e imporre agli operatori economici il suo rispetto negli accordi, considerando nulle le clausole che prevedano condizioni contrattuali contrarie al riconoscimento di un compenso equo. Una proposta legislativa la cui necessità è stata più volte riconosciuta dallo stesso Ministro [che se ne è fatto promotore, e che è] un’istanza non ulteriormente differibile, considerata la grave crisi economica che affligge l’avvocatura e in particolare i giovani avvocati, e [che impedirebbe] situazioni che in molti casi si possono definire, senza mezzi termini, di prevaricazione e lesive della dignità e del decoro della professione forense”.

Il tema prescelto per il recente Congresso Nazionale Forense è stato quello della “giustizia senza processo”. Esiste, può esistere una giustizia senza processo? E qual è, quale deve essere la funzione dell’avvocatura, al di fuori del processo?

Che si voglia che esista, una giustizia senza processo, pare chiaro: il nostro legislatore, negli ultimi tempi, ha mostrato, persino apertamente dichiarato, di voler perseguire questo obiettivo: lo ha fatto introducendo
l’obbligatorietà della mediazione prima delle cause civili e prevedendone la possibilità anche a causa in corso; ha introdotto l’obbligatorietà della negoziazione assistita; ha sistematicamente aumentato i costi di giustizia, di fatto disincentivando gli approdi giudiziali delle controversie. Che infatti, anche per questi motivi, sono sensibilmente diminuite, stando alle statistiche diffuse dal Ministero.

Senza che se ne accorgesse, anzi apertamente osteggiando la politica della cd. degiurisdizionalizzazione, l’avvocatura si è trovata nel corso degli ultimi anni proiettata in una nuova dimensione, quasi emancipata dalla esclusività della funzione difensiva per essere chiamata ad assumere quel nuovo ruolo che le viene assegnato nella ridefinizione complessiva della giurisdizione.

Le politiche legislative degli ultimi anni non si sono limitate ad assegnare all’avvocatura solamente un ruolo nuovo, o comunque accresciuto, di soggetto compositore di opposti interessi al di fuori delle aule di giustizia, ma le hanno sempre più affidato una funzione partecipativa, diretta, di corresponsabilità, nell’organizzazione dei servizi di giustizia.

La legge di riforma dell’ordinamento forense ha attribuito agli Ordini territoriali numerosi compiti di interesse pubblico, alcuni già svolti da tempo e altri di nuova istituzione.

Fra i compiti già affidati agli Ordini forensi ricordiamo l’organizzazione dei corsi per la formazione dei difensori d’ufficio e la gestione delle relative liste; l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, attività delicata e con numeri in fortissima crescita (nel 2016, solamente a Bologna, il Consiglio dell’Ordine è stato chiamato a esaminare oltre 4.000 domande, con un aumento del 33% rispetto all’anno precedente; due terzi delle domande sono state presentate da richiedenti asilo); fra i nuovi compiti, segnaliamo la formazione per l’accesso alla professione, con l’organizzazione delle nuove scuole forensi a frequenza obbligatoria per i praticanti; l’introduzione di un percorso lungo, faticoso e severo, interamente affidato alla stessa avvocatura, per il conseguimento dell’abilitazione alla difesa innanzi alle Magistrature superiori; il riordino della disciplina della difesa d’ufficio; l’istituzione dello “Sportello per il cittadino”, che fornisce informazioni e un primo orientamento ai cittadini sulle modalità di accesso alla giustizia; l’istituzione degli Organismi di mediazione forensi, che – in virtù dell’obbligatorietà della mediazione pregiudiziale – sono chiamati a gestire una gran mole di procedimenti (solo a Bologna, nel 2016, oltre 1.400); l’istituzione degli Organismi forensi di composizione delle crisi da sovraindebitamento, che si avviano a essere operativi e, prossimamente, anche delle Camere Arbitrali degli Ordini.

Alla gran mole di attività di rilevanza e utilità pubblica che ci è affidata dal legislatore, l’avvocatura – particolarmente in questo Distretto – ha affiancato, con convinzione e passione, una altrettanto importante attività di compartecipazione, su base spontanea, alle scelte organizzative finalizzate al censimento e alla creazione di prassi condivise con la magistratura e le dirigenze amministrative, su questioni eminentemente pratiche e, per ciò stesso, particolarmente incidenti sull’esercizio quotidiano delle professioni dei diversi protagonisti della giustizia, nel processo: magistrati, avvocati, cancellieri.

È, questa, l’attività tipica degli Osservatori sulla giustizia, molto radicata a Bologna e che nell’ultimo anno ha prodotto l’effetto di avere costituito e reso pienamente operativi – unico Distretto di Corte d’Appello in Italia – sia un Osservatorio sulla giustizia civile che un Osservatorio sulla giustizia penale, in entrambi i casi con il diretto e sintonico coinvolgimento di tutti e nove i Consigli dell’Ordine degli Avvocati della nostra Regione.

Nell’ambito dei lavori dell’Osservatorio civile, come ha già ricordato il Presidente dott. Colonna, è stato in particolare sottoscritto un protocollo molto dettagliato, ponderato e anche d’avanguardia, posto che certamente non ne esiste un altro uguale in Italia. Un protocollo su tutti gli aspetti pratici dei procedimenti civili innanzi alla Corte d’Appello, all’interno del quale è stata anche inaugurata una riflessione comune, fra avvocati e magistrati, su un tema destinato a divenire cruciale, per entrambi, nei prossimi tempi: la sintesi e la chiarezza degli atti e dei provvedimenti giudiziali; la capacità di elaborare ed esprimere tecniche di un nuovo linguaggio, al quale ci obbligherà sempre più l’interfaccia del processo telematico, da una parte, e un indirizzo legislativo, d’ispirazione europea, già preso dal nostro legislatore con recenti interventi normativi e regolamentari che hanno, sino a oggi, interessato solamente il processo amministrativo e i giudizi di cassazione, ma che è annunciato che presto verranno estesi all’intero campo della giustizia, quanto meno quella civile.

Abbiamo anche raggiunto con la Corte d’Appello un accordo per fornire come ausiliari di giustizia avvocati che si occuperanno della trascrizione alla Conservatoria delle sentenze civili della Corte. E ancora, sempre con la Corte, abbiamo stipulato una convenzione, nelle forme rese possibili dalla legge di stabilità 2016, in forza della quale una dipendente del Consiglio dell’Ordine di Bologna, momentaneamente distaccata presso gli uffici della Corte, sta direttamente inserendo nel sistema informatico le liquidazioni dei compensi dei difensori d’ufficio e con patrocinio a spese dello Stato, in questo modo sgravando gli uffici di cancelleria da questa laboriosa attività, che aveva accumulato un forte arretrato (un migliaio di fascicoli circa), e contestualmente cercando di accelerare i tempi di pagamento da parte dello Stato, che rimangono comunque lunghissimi e intollerabili, anche se mitigati dalla possibilità, introdotta quest’anno, di compensazione fiscale di tali crediti per i
tanti avvocati, soprattutto giovani, che hanno prestato la propria attività professionale nell’assolvimento dell’alta funzione d’interesse pubblico che è stata loro affidata dall’ordinamento, svolgendo attività difensiva in favore di soggetti non abbienti.

Sulla scorta di queste intese già raggiunte, stiamo negoziando con la Corte d’Appello e con il Tribunale per i minorenni – entrambi uffici a competenza distrettuale – protocolli per una determinazione condivisa dei compensi per i difensori d’ufficio e con patrocinio a spese dello Stato: non dubito che raggiungeremo presto un’intesa anche su questi, per l’impegno reciproco che avvocati e magistrati hanno preso sul punto.

E ancora abbiamo lavorato, e ancora più intensamente contiamo di lavorare nel corso dell’anno, insieme alla Procura della Repubblica di Bologna, per attivare prime applicazioni di strumenti telematici nel settore penale. Come Ordine di Bologna abbiamo sottoscritto una convenzione, d’intesa anche con il Ministero della Giustizia, che consentirà, in via sperimentale, agli avvocati di richiedere e ottenere dalla Procura, in via telematica protetta e sicura, le attestazioni per i soggetti iscritti nel registro degli indagati, grazie a un progetto interamente finanziato dall’Ordine degli Avvocati.

Allo stesso modo, stiamo prestando la nostra collaborazione – e anche la nostra esperienza, maturata sul campo del processo civile telematico – alle Commissioni Tributarie, per l’attivazione del processo tributario telematico; analoga disponibilità abbiamo offerto al T.A.R., dove – come noto – dall’inizio di quest’anno è partito il processo amministrativo telematico.

È questa la vera “Prassi Comune”: un progetto germogliato da un impegno comune – dei magistrati, degli avvocati e del personale di Cancelleria di Bologna – le cui radici affondano nel documento fondativo del 1994, nel quale scrivevamo: “ogni ipotesi organizzativa non può prescindere da una cultura diffusa dell’informatica giuridica e giudiziaria, quale insieme di tecniche, saperi e metodi coinvolgenti, in ciascun ufficio giudiziario, ogni competenza processuale e responsabilità amministrativa, con il primario compito di facilitare l’accesso alla giustizia del cittadino”.

Tutte queste cose l’avvocatura le fa, investendo risorse proprie e impegno di molti, per senso di responsabilità nei confronti della collettività, nell’interesse per il migliore funzionamento della giustizia. Le fa perché sente, anche quando non le viene chiesto, di condividere – con le dirigenze, togate e amministrative – l’onere di restituire al cittadino l’immagine di una giustizia possibile, e di suoi attori attenti e consapevoli della propria funzione sociale.

L’avvocatura partecipa in maniera massiccia e decisiva alla giurisdizione: una giurisdizione nella quale i magistrati onorari e ausiliari, che nella quasi totalità sono avvocati, su base nazionale sono in numero superiore ai magistrati togati (e a volte hanno indici di produttività superiori: lo abbiamo letto negli annuali programmi di gestione redatti dai capi degli uffici giudiziari). Al Giudice di Pace – rimasto l’unico giudice di prossimità al cittadino, dopo la soppressione delle sedi distaccate dei Tribunali – i magistrati onorari sono la totalità, il 100%; a Bologna, in Procura sono il 45% [18 su 40], in Tribunale il 37% [41 su 110] e in Corte d’Appello il 30% [23 su 76]. L’ufficio del processo è per legge costituito, oltre che dal magistrato, per due terzi da iscritti all’Ordine degli Avvocati: magistrati onorari e tirocinanti.

È per questo che a noi avvocati non piace sentirci chiamare utenti della giustizia. Non chiamateci utenti, quando più che usarla, dalla giustizia veniamo utilizzati. Chiamateci “amici avvocati”.

Ed è così che ci sentiamo quando, confermando una felice intuizione di modifica protocollare introdotta alla cerimonia d’inaugurazione dello scorso anno giudiziario, il Presidente della Corte d’Appello anche quest’anno ha dato la parola all’avvocatura prima – e non dopo, come avveniva in passato – della formale dichiarazione di apertura dell’anno giudiziario. Grazie, Presidente dott. Colonna: questo piccolo gesto inclusivo, di rispetto istituzionale e di amicizia, probabilmente impercettibile ai più, non ci è sfuggito ed è per noi di grande significato, per quanto ho detto, e gliene siamo grati.

Non siamo utenti, apparteniamo alla stessa comunità, siamo una cosa sola, insieme a tutti gli altri protagonisti del processo, della giurisdizione e dell’amministrazione della giustizia. E la giustizia non la si usa: la si serve, la si insegue, la si conquista e la si difende insieme, così come tutti insieme dobbiamo unire le forze per fare in modo di riconquistare la fiducia nella giustizia che il cittadino ha da tempo smarrito.

Certo, non è con episodi come quello avvenuto di recente al Tribunale distrettuale delle Libertà che si riconquista la fiducia del cittadino nella giustizia. Un fatto, anche se certamente episodico e non dovuto a mala fede, però altrettanto certamente grave e preoccupante. In quale altro modo si può definire la formale notifica di un provvedimento che contiene la motivazione di una decisione per la quale si doveva ancora celebrare l’udienza e svolgere la discussione alla presenza dell’avvocato difensore? Un episodio, anche se involontario, che ha oggettivamente consegnato all’opinione pubblica – e all’avvocatura – l’immagine distorta di una giustizia che può fare a meno dell’esercizio del diritto costituzionale di difesa, che declassa l’udienza a luogo di ratifica di decisioni già prese, e che viola il rispetto dovuto alla funzione e al ruolo del difensore.

Tornando sul piano generale, dobbiamo aggiungere che, se è la diffusione di una cultura comune della giurisdizione e dell’amministrazione della giustizia che abbiamo a cuore, e che siamo certi – perché è nei fatti – sta a cuore anche alla magistratura, non capiamo però perché permangano resistenze in parte della magistratura a consentire che l’avvocatura sieda, con pari dignità e responsabilità, nei Consigli Giudiziari, nei quali attualmente gli avvocati hanno funzioni limitate. Diamo però atto con soddisfazione e fiducia del fatto che il Ministro della Giustizia, proprio al Congresso di Rimini, ha dichiarato di condividere e di sostenere questa legittima richiesta dell’avvocatura, e che anche il Primo Presidente della Corte di Cassazione ha dichiarato di ritenere auspicabile una riforma dei Consigli Giudiziari che comporti un maggiore coinvolgimento dell’avvocatura.

E ancora, se tanta parte della magistratura si rivolge agli avvocati parlando di cultura comune della giurisdizione, di formazione deontologica comune, di prassi comuni, ci sfugge perché in larga parte dei Tribunali del Distretto – e integralmente e da lungo tempo a Bologna – gli avvocati non vengano nominati delegati alle vendite nelle esecuzioni immobiliari e curatori nelle procedure fallimentari. Non si tratta, non solamente, di reclamare funzioni che la legge – e non l’uso locale – espressamente attribuisce anche all’avvocatura, ma soprattutto di rivendicare, nei fatti, quella pari dignità che a parole ci viene da più parti generosamente riconosciuta, ma che non sempre ha ricadute concrete coerenti alle petizioni di principio enunciate.

Nell’anno che verrà, oltre a questo riconoscimento che chiediamo ai Presidenti dei Tribunali del nostro Distretto, vorremmo anche chiedere al Ministro della Giustizia, fra le altre cose, di farsi promotore della restituzione del diritto di voto che è stato tolto – senza ragione – all’avvocatura nelle Conferenze Permanenti istituite presso le Corti d’Appello, che sono fondamentali tavoli di confronto fra i capi degli uffici giudiziari, l’avvocatura e i comuni: sedi nelle quali si affrontano questioni di rilevanza decisiva per gli assetti locali nell’amministrazione della giustizia: quale, ad esempio, l’edilizia giudiziaria. A tale proposito mi rivolgo in particolare al rappresentante del Ministro, al quale come noto è stata trasferita la competenza in materia con la legge di stabilità del 2015.

Abbiamo letto che a Bologna, sede di uffici giudiziari a competenza distrettuale, si vorrebbe decentrare in un’area militare – ancora da acquisire, progettare, demolire e bonificare – una fantomatica “cittadella giudiziaria”, ipotesi per la quale l’avvocatura esprime forte preoccupazione, sia per l’assenza di alcuna progettualità e concertazione sia, nel merito, perché la tanto invocata “cittadella giudiziaria” non verrebbe affatto realizzata, avendo l’Agenzia del Demanio, incaricata dal Ministero, comunicato che in quell’area non verrebbero trasferiti né la Corte d’Appello, né la Procura Generale, né la Procura della Repubblica, né il Tribunale per i minorenni. Null’altro allo stato conosciamo: né la concreta realizzabilità, che appare molto dubbia; né i costi, certamente ingentissimi; né i tempi, per forza di cose assai lunghi.

Ma ciò che sin d’ora appare chiaro – e che ci preoccupa – è che l’ipotesi allo studio, oltre a creare una serie di noti e ulteriori problemi in termini di mobilità urbana e di sradicamento della sede oramai millenaria dello Studium bolognese, non avrebbe affatto una finalità unificatrice di tutti gli uffici ma, al contrario, realizzerebbe una loro profonda disgregazione, con gravi ricadute sul funzionamento dei servizi di giustizia.

Pari attenzione a questa tematica cruciale chiediamo al Comune di Bologna perché, se è vero che la responsabilità e l’onere economico dell’edilizia giudiziaria è passata dai Comuni al Ministero, rimane altrettanto vero che continuano a spettare al Comune le scelte strategiche di fondo: di pianificazione urbana, di valorizzazione della tradizione storico-culturale della città, di destinazione dei contenitori di edilizia pubblica che una scelta di decentramento libererebbe, esponendoli all’abbandono. Quando pensiamo ai nostri nuovi tribunali, li vogliamo – giustamente – sempre più grandi, più accoglienti, più funzionali, più belli. Ma ieri, 27 gennaio, si è celebrato il “giorno della memoria”: una ricorrenza che ci invita a ricordare e a riflettere, e che l’Ordine Forense di Bologna si appresta a onorare con una trasferta di propri iscritti ad Auschwitz, perché nel preoccuparci di dove l’Europa sta andando non dobbiamo, non vogliamo, dimenticare da dove viene, su quali tragedie, su quali dolori è stata costruita la nostra cittadinanza europea e la solidarietà che ci lega, specialmente in questo momento di forte esposizione ad attacchi criminali ripetuti e diffusi, e a una deriva democratica che in un paese che fa parte del Consiglio d’Europa, la Turchia, ha portato all’incarcerazione di migliaia fra avvocati, magistrati, giornalisti e docenti e, da ultimo, persino al respingimento in frontiera, come persona non grata, di una collega del Foro di Bologna, l’avvocata Barbara Spinelli, che si era recata in Turchia come osservatrice internazionale.

E proprio ricordando e non dimenticando vogliamo concludere, sig. Presidente: ricordando e non dimenticando chi in questo momento non solo non può sperare di avere nuovi e belli uffici giudiziari, ma ha visto letteralmente crollare in pochi attimi la propria casa, il proprio luogo di lavoro, il proprio studio sotto i colpi di uno sciame sismico che speriamo davvero possa dirsi concluso.

Rivolgiamo così un pensiero conclusivo di solidarietà a tutte le persone che nel Centro Italia sono state colpite dai ripetuti terremoti, e in particolare – ci sia consentito – agli avvocati che in quelle zone stanno continuando a esercitare la professione forense, con dignità e consapevolezza della propria irrinunciabile funzione sociale, alcuni riparati nei container forniti dalla Cassa Forense, mettendosi a disposizione con generosità delle comunità locali, alle quali poter restituire nel più breve termine quella fiducia e quella speranza che passa, anche, per l’affermazione della giustizia e la disciplina civile della nostra Costituzione.

avv. Giovanni Berti Arnoaldi Veli
Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna

Intervento del Presidente della Corte di Appello (pdf) Intervento del Procuratore Generale (pdf)

 

Informazioni sull'autore

Redazione