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Le relazioni familiari in una società sempre più “liquida”: cos’è cambiato del diritto di famiglia

Le recenti novità legislative e giurisprudenziali[1]

Con l’espressione “vita liquida” connessa in una società liquido-moderna, uno dei più autorevoli sociologi dell’era contemporanea recentemente scomparso, Zygmunt Bauman[2], ha inteso definire in tal modo uno stile di vita qualora «le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure».

Così ne consegue che la vita liquida, come la società, non riesce a conservare la propria forma o a tenersi in rotta a lungo: è pertanto generatrice di una vita precaria, «vissuta in condizioni di continua incertezza», ma in continuo movimento, nella quale ciò che conta non è tanto la durata quanto la velocità, il consumare rapidamente quanto si è desiderato.

Si perde la certezza del diritto e, come acutamente osservato da Umberto Eco, «le uniche soluzioni per l’individuo, senza punti di riferimento sono, da un lato, l’apparire a tutti i costi, l’apparire come valore… e il consumismo»[3].

Il modello di vita liquida comporta che tutto si muova all’interno di una rete di possibilità e di frammentazione, nella quale vige la libertà di affetti e la revocabilità degli impegni, la crisi della comunità è sostituita dall’individualismo più sfrenato, la solitudine genera insicurezza, ma altrettanto sembra fare la relazione sentimentale, anche l’amore diventa liquido.

In simili contesti, Bauman ha sostenuto che «il matrimonio vecchio stile “finché morte non ci separi”, già emarginato dalla coabitazione temporanea del tipo “vediamo se funziona”, è sostituito da un modello flessibile, part time dello stare insieme».[4]

Ci si domanda se vi sia un modo per sopravvivere in una società così concepita[5]. Sembrerebbe potersi dare una risposta positiva, innanzitutto nella consapevolezza della portata del fenomeno e nella ricerca di nuovi strumenti e stili di vita.

A fronte di così tanta vastità dello spazio di agire e di libertà di muoversi in cui l’individuo è collocato in una società così definita (Bauman rammenta fondarsi su instabilità, egoismo, edonismo), ci si domanda, altresì, come sia cambiato il diritto di famiglia, più recentemente nel nostro ordinamento, e come si sia assestato con riguardo al rapporto genitoriale, alla filiazione, alle relazioni familiari non coniugali e, da ultimo, in particolare come siano state assimilate le istanze che da più parti hanno chiesto a gran voce di normare e formalizzare il vincolo degli affetti, prima definiti “di fatto” ed oggi quelli di same sex, a dispetto della dissonante opinione contraria di chi si è da sempre fatto portavoce della possibilità di optare per una libera scelta e dunque di vivere talune relazioni sentimentali libere e non “imprigionate” da vincoli giuridici.

Ci si è chiesti, insomma, cosa sia cambiato rispetto alla famiglia c. d. nucleare –  quella regolata dal codice del 1942 e composta da genitori uniti in matrimonio fra di loro ed i figli nati dalla loro unione, laddove «si ponevano al di fuori di questa “normalità” le situazioni inerenti i figli nati extra matrimonio (figli illegittimi e figli adulterini), assai meno tutelati dei figli legittimi, nati in costanza di matrimonio»[6]; cosa si sia aggiunto e come sia declinata la famiglia oggi, dopo le riforme che sono intervenute a modificarne l’ossatura originaria, prevendo accanto al modello tradizionale altre forme di nuclei familiari, con ciò trasfondendo la costante evoluzione sociale in un adeguamento normativo sentito come necessario.

Come se, a differenza della “implasmabilità” della società “liquida”, l’individuo che vuole “fare famiglia” abbia comunque rivendicato tutela e normazione anche per quelle relazioni familiari che prima ne erano sprovviste (ad esempio, la famiglia more uxorio, se non per via giurisprudenziale) o addirittura del tutto escluse (i nuclei composti da persone dello stesso sesso).

Per arrivare a questa trasformazione, si è dapprima passati per l’abolizione dell’anacronistica distinzione fra filiazione legittima e filiazione naturale, con la Legge 219/2012 che ha affermato l’uguaglianza dello stato giuridico della filiazione, e, da ultimo, si è giunti al riconoscimento di uguaglianza (sia pure non completamente attuata) che attribuisce anche ai conviventi dello stesso genere una tutela legale dei diritti inviolabili della persona omosessuale, attraverso l’istituto dell’unione civile.[7]

I temi qui trattati ne sono una significativa dimostrazione.

I nuovi modelli familiari. Le nuove famiglie

Si è, così, assistito a quello che in dottrina è stato definito «un profondo mutamento nella struttura giuridica delle relazioni familiari»[8], sicché accanto al rapporto di coppia fondato sul matrimonio, con la Legge 20/05/2016 n. 76 recante «Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina della convivenza» sono stati introdotti due nuovi tipi legali: – l’uno, l’unione civile (art. 1, commi 1°- 35°) indirizzata a coppie di persone maggiorenni dello stesso sesso; – l’altro, le convivenze di persone maggiorenni di diverso o dello stesso sesso (art. 1, 36° comma), unite stabilmente da legami affettivi e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da unione civile.   La nuova legge ha così «ampliato le opzioni istituzionali disponibili specie per le coppie dello stesso sesso, che non ne avevano alcuna; ma anche per le coppie etero sessuali, che ora possono modellare la loro relazione secondo differenti livelli di assunzione di responsabilità».[9]

Tre modelli legali, dunque, la cui disciplina «si presenta in concreto notevolmente distinta. Il che vale non solo per la convivenza, etero o omosessuale, la cui regolamentazione “leggera” nasce dal fatto che la libertà di stare insieme al di fuori dei lacci legali non può essere misconosciuta, ma anche per l’unione civile, il cui statuto, pur nato dalla costola di quello matrimoniale, si discosta notevolmente da esso».[10]

Accanto a queste tipologie di coppie e di famiglie, così normate, non si può ignorare il fenomeno sociale della famiglia ricomposta, che è divenuto nel tempo oggetto di studio dottrinario e di tutela giurisprudenziale, a fronte del suo diffondersi, laddove con tale espressione si intende quella formazione familiare tra persone che provengono da precedenti nuclei familiari. La categoria comprende le ipotesi della famiglia “ricomposta” da vedovi o da persone provenienti da precedenti esperienze di crisi coniugale (i “reduci del divorzio”), ma anche «quella dell’unione tra persone che abbiano già vissuto un’esperienza familiare fondata sulla convivenza, o che, pur non avendo mai formato una coppia unita, abbiano generato un figlio con una persona diversa dal nuovo partner, o ancora, ricorrendo come singoli alle tecniche di procreazione medicalmente assistita»[11]. E ciò anche alla luce della novella n. 76/2016, che ha introdotto, come si è noto, una disciplina dell’unione tra persone dello stesso sesso e delle convivenze sia tra persone di sesso diverso o dello stesso sesso.

Come è stato osservato, pertanto, è fuor di dubbio che «il processo di transizione, da un modello di famiglia fondata sul matrimonio indissolubile alla pluralità di modelli familiari, registri un ulteriore momento di espansione».  Infatti, accanto alla famiglia destrutturata – vale a dire quella formata da persone separate o divorziate, ma comunque unite dalla presenza di figli comuni –  e alla c.d. “famiglia di fatto” fondata su una convivenza non matrimoniale, «si aggiungono nuovi modelli di famiglia quale quella rilevante ai sensi del comma 36 della L. n.76/2016 e quella costituita da persone dello stesso sesso unte civilmente».[12] Ne consegue, peraltro, che nell’ambito dei nuovi modelli familiari, «la parentela e l’affinità si costituiscono secondo modalità differenziate, dando vita ad un quadro assai articolato e complesso».[13]

Tanto per citare alcuni esempi: a) famiglia fondata sul matrimonio, caratterizzata dal sorgere dei legami di parentela basati sul matrimonio e sulla discendenza biologica dei figli e dai legami di affinità; b) famiglia fondata sulla generazione biologica del figlio, nella quale i legami di parentela scaturiscono dalla sola “cogenitorialità” e non necessitano dell’elemento del matrimonio; c) famiglia fondata sull’unione civile o di convivenza, a seguito della riforma introdotta dalla L. n. 76/2016, nella quale non si genera affinità o parentela della coppia stessa; d) famiglia nella quale i figli comuni sono inseriti nelle reti parentali di ciascun genitore in forza della riforma introdotta dalla L. n. 219/2012 ed dal Dlg. n. 154/2013; e) famiglia same sex, nella quale (nonostante il riconoscimento nella sola giurisprudenza della c.d. stepchild adption) «non sono ancora configurabili con sicurezza legami giuridicamente rilevanti tra il figlio biologico di uno dei componenti e l’altro partner, ossia il cosiddetto genitore sociale»[14]; f) famiglia affidataria, in favore della quale il legislatore è recentemente intervenuto con la L. 173/2015, recante «Modifiche alla legge 4 maggio 1983 n.184, sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare»,  al fine di regolare la coesistenza di genitori biologici e di coloro che abbiano stretto rapporti significativi con un minore, a seguito di periodi  di affidamento temporaneo.

La filiazione e il rapporto genitoriale

A fronte di un “lessico delle relazioni familiari” (Sesta) radicalmente mutato, la trasformazione e l’evoluzione della famiglia, da un lato, e del rapporto genitoriale, dall’altro, hanno ridisegnato le norme sostanziali relative all’affidamento della prole. Il quadro normativo è notevolmente cambiato, transitando, con la L. n. 54/2006, al riconoscimento (in via preferenziale) dell’esercizio congiunto della responsabilità genitoriale da parte dei genitori separati/divorziati/non più conviventi o che non hanno convissuto ma che hanno riconosciuto il figlio; non senza dimenticare che, per l’appunto, la nozione di “responsabilità genitoriale” in luogo di quella di “potestà genitoriale”, operata con la L. n. 219/2012 e dal Dgl n. 154/2013, non è stata soltanto una novità terminologica, ma soprattutto di sostanza, mutuata dalle convenzioni di ordine internazionale. Processo che si è completato con l’affermazione dell’unicità dello stato dei figli.

E’ stato affermato che la nuova disciplina della responsabilità genitoriale non può prescindere dalla «crescente diffusione della pluralità di modelli familiari diversi da quello della famiglia matrimoniale unita» (Al Mureden), e dalla flessibilità della relazione di coppia, così da potersi affermare che l’intento del legislatore è stato quello di «garantire il pieno inserimento del figlio nelle reti parentali di entrambi i genitori a prescindere dalla circostanza che questi ultimi siano coniugati, quasi a voler “compensare” l’instabilità della relazione della coppia con il rafforzamento dei legami su cui si fonda la famiglia in senso esteso».[15]

I più recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di affidamento congiunto della responsabilità genitoriale, anche alla luce della pluralità dei modelli familiari, hanno sostanzialmente confermato la necessità di assicurare ai figli la conservazione e l’attuazione di  rapporti con entrambi i genitori, valutandosi caso per caso  – sulla scorta del prudente apprezzamento del giudice-  la sua eventuale esclusione o limitazione  o il ricorso all’affidamento esclusivo in favore di uno solo dei genitori, nelle fattispecie in cui ricorra l’ipotesi di un’ampia distanza residenziale, di aspra conflittualità fra i genitori, di educazione impartita alla prole, di assenza di significativi rapporti di frequentazione figlio-genitore, di maltrattamenti fisici o psicologici, di abusi del genitore verso il figlio, di violenza assistita, di grave patologia psichiatra.

Le famiglie e il diritto privato internazionale familiare

L’operatività del diritto privato internazionale, com’è noto, ha comportato un adattamento del diritto interno a quello sovranazionale, con implicazioni anche nella stessa genesi della normativa nazionale, con quella che è stata definita «l’apertura alle norme pattizie internazionali»[16]. Così, ad esempio, «per la gran parte delle norme pattizie internazionali in materia minorile l’adattamento del diritto interno a quello internazionale è avvenuto attraverso il procedimento speciale di adattamento che consiste nel rinvio, formale o mobile e non fisso o ricettizio, alle norme internazionali delle quali viene quindi ordinata l’osservanza, senza che le stesse siano state introdotte direttamente nell’ordinamento nazionale con specifico atto normativo».  Il legislatore ha poi individuato, nelle fattispecie caratterizzate dalla transnazionalità, gli elementi che presentino una rilevanza tale da determinare un legame con l’ordinamento di appartenenza, mediante i c.d. “criteri di collegamento”, per il tramite dei quali si dovrà poi procedere con il relativo rinvio all’ordinamento richiamato.

Le implicazioni fra le riforme del diritto di famiglia interno e le modifiche al sistema di diritto internazionale privato hanno comportato che, per esempio, per i minori abitualmente residenti nell’Unione Europea, il tema del diritto di visita riceva una tutela più incisiva grazie all’art. 41 del Reg. 2201/2003 (c.d. Bruxelles 2bis). Ne consegue che il provvedimento giudiziario esecutivo, emesso in un qualsiasi Stato membro e disciplinante il diritto di visita e di frequentazione di un genitore con il proprio figlio, viene riconosciuto automaticamente ed è immediatamente esecutivo in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, allorquando sia munito di un particolare certificato, rilasciato dal Giudice che ha emesso quel provvedimento.

Anche nell’ambito del riconoscimento reciproco delle misure di protezione in ambito civilistico, si è intervenuto mediante il Reg. 606/2013, in forza del quale è prevista l’attuazione di una cooperazione giudiziaria ai sensi dell’art. 81 TFUE. La ratio è sempre quella che governa una effettiva cooperazione di uno spazio comune fra gli Stati membri, vale a dire la possibilità di un mutuo riconoscimento di provvedimenti giudiziari/amministrativi mediante procedure rapide e snelle. La tutela offerta è quella di protezione dell’integrità psico-fisica di una persona, imponendo ad un’altra doveri e obblighi, il contenuto può interessare il divieto di entrare nel luogo di residenza, di contatto (telefonico, epistolare, mediatica, ecc.), di avvicinamento ad un perimetro definito. La persona protetta può richiedere allo Stato d’origine il c.d. “certificato”, contenente tutte le informazioni relative alla misura (indicazione della persona, protetta, della persona che determina il rischio, le informazioni necessarie per l’applicazione della misura, la relativa durata e quant’altro ritenuto necessario). Gli effetti del riconoscimento della misura sono limitati alla durata di 12 mesi, ritenuto tempo idoneo alla persona protetta di attivarsi eventualmente in altre sedi, ove nel Paese d’origine la misura abbia durata maggiore.

La legge sul “Dopo di noi” e la regolamentazione economica

La ratio della Legge 22/06/2016 n. 112 c.d. sul “Dopo di noi” recante «Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare», è quella di offrire tutela e assistenza in favore di persone con disabilità gravi senza sostegno familiare. I destinatari della novella sono le persone disabili, ai quali si pensa in termini di assistenza/protezione/cura, nel periodo successivo alla scomparsa dei genitori o dei familiari. I principii fondamentali della legge sono quelli di favorire il benessere, la piena inclusione e l’autonomia delle persone con disabilità, dando riconoscimento al loro superiore interesse e nel rispetto della loro volontà, ove possibile, e della volontà dei loro genitori o di chi ne tutela gli interessi.

La recente Legge n. 112/16 ha, altresì, introdotto lo strumento del trust c.d. di sostegno, con il quale è prevista la possibilità di dare massima attuazione alla finalità dei genitori di assicurare e garantire ai propri figli bisognosi una futura assistenza, a misura delle loro esigenze, oltre ad una continuità di affetti e di relazioni, di lasciare ad altri linee guida da seguire, di destinare un patrimonio munito della garanzia che quanto destinato sarà effettivamente impiegato nell’esclusivo interesse del beneficiario.

La negoziazione assistita familiare

Un impulso di accelerazione nella definizione della crisi coniugale è stato introdotto ed attuato anche attraverso il procedimento della negoziazione assistita per le soluzioni consensuali di separazione personale dei coniugi e di cessazione degli effetti civili/ scioglimento del matrimonio, introdotto dal d.l n. 132/2014, convertito in legge con modificazione dalla L. n. 162/2014, nelle due forme previste nell’art. 6 e nell’art. 12 (per accordo dinanzi all’Ufficiale dello Stato civile).

Com’è noto, il procedimento ex art. 6 si caratterizza per la de formalizzazione della procedura (Marzia Rossi)[17] ed è espressione dell’autonomia privata applicata nella definizione giuridica e procedimentale della crisi coniugale, con la sola necessaria verifica da parte dell’autorità inquirente.

Un’attenta disamina del procedimento in questione, anche alla luce delle prime applicazioni, non può prescindere dal ruolo assunto dall’avvocato, al quale viene attribuito dalla novella un compito importante e altrettanto gravoso, per le responsabilità assunte e per le eventuali conseguenze anche di tipo sanzionatorio.  Non senza evidenziare che, de iure condendo, si auspica che le criticità emerse in fase applicativa (si pensi alla previsione di un solo originale dell’accordo, con evidente difficoltà in capo alla parte che non ne sia in possesso, nel caso debba procedere in via esecutiva), vengano risolte positivamente dal legislatore.

Il nuovo divorzio c.d. “breve”

Infine, un accenno all’altra accelerazione che è stata introdotta con la L. n. 55/2015, in forza della quale, com’è noto, si è innovato profondamente sulla decorrenza del termine per poter promuovere il procedimento di cessazione degli effetti civili/scioglimento del matrimonio, nell’ipotesi dell’art. 3, n. 2, lett. b) della legge sul divorzio (L. n. 898/70 e succ. mod.), vale a dire di dodici mesi dall’udienza presidenziale per quanto attiene le separazione giudiziali e ridotto a sei mesi per quanto attiene  le separazioni consensuali.  E’ stato, altresì, risolta la questione della decorrenza dello scioglimento della comunione legale nella fase della separazione consensuale, sin dall’udienza presidenziale ex art. 708 c.p.c.

La novella non ha comunque risolto la complessità conseguente, da un lato, alla contemporanea pendenza fra il processo di separazione coniugale ed il processo di divorzio, incidendo sulla possibilità di una sovrapposizione dei due giudizi, e, dall’altro, l’autonomia concettuale e l’assenza di pregiudizialità /dipendenza in senso tecnico fra i due procedimenti.

Conclusioni

La disamina delle novità legislative e giurisprudenziali è dedicata a tutti i cultori della materia e a chi, come gli avvocati sempre più orientati verso una competenza professionale specialistica, praticano quotidianamente il diritto di famiglia con passione e attenzione al divenire delle norme, norme che cercano di restare quanto più collegate allo scorrere veloce dell’esistenza umana, nell’intento finalistico di attuare la realizzazione dei diritti delle persone.

Un “diritto vivente” che entra nella vita quotidiana e che, come è stato opportunamente osservato, influenza la parte più personale ed importante di essa.[18]

Un “diritto in continua evoluzione”, perché legato al costume, alla politica, all’etica.

Ma anche un diritto che, per tornare alla metafora, cerca di intrecciarsi e di dare una definizione giuridica nel contesto di una società liquida contemporanea, nella quale i legami fra gli individui tendono a “liquefarsi”, disgregarsi, dissiparsi e diventare sempre più effimeri.

Con il rischio che si avveri quello che Bauman identificava nella solitudine dell’individuo e il giurista nella sopraffazione dei diritti.

Avv. Stefania Tonini
Consigliere presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna

[1] Intervento presentato in occasione dell’apertura introduttiva al Convegno tenutosi il 28/11/2016 presso il Teatro Duse di Bologna, organizzato dalla Fondazione Forense Bolognese e dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna.

[2] Zygmunt Bauman “Vita liquida” Ed. Laterza 2005i

[3] Umberto Eco “La società liquida” L’Espresso 27/05/2015

[4] Zygmunt Bauman “Amore liquido” Ed. Laterza 2003

[5] Umberto Eco, op. citata

[6] Giuseppe Cassano “La famiglia dopo le riforme” Ed. Giuffrè 2015

[7] Con il solito rigore giuridico, Michele Sesta ha giustamente osservato, riprendendo Rescigno, che tale relazione è dal legislatore chiamata “unione”, mentre il matrimonio viene qualificato come “istituzione”, proprio per evidenziarne il carattere fondamentale di vita, mentre l’altra sarebbe caratterizzata da un carattere di labilità e di precarietà, per quanto largamente diffusa nella compagine sociale.

[8] Michele Sesta “La disciplina dell’unione civile tra tutela dei diritti della persona e creazione di un nuovo modello familiare”, in Famiglia e diritto, 10/2016.

[9] Michele Sesta, op. citata.

[10] Michele Sesta, op. citata.

[11] Enrico Al Mureden “Le famiglie ricomposte tra matrimonio, unione civile e convivenze” Famiglia e Diritto, 10/2016.

[12] Enrico Al Mureden, op. citata.

[13] Enrico Al Mureden, op. citata.

[14] Enrico Al Mureden, op. citata

[15] Enrico Al Mureden “La responsabilità genitoriale tra condizione unica del figlio e pluralità di modelli familiari” Famiglia e Diritto n. 5/2014.

[16] Claudio Cottatellucci “Le Carte dei diritti e le persone di età minore” Autori vari, Ed. Giappicchelli 2016

[17] Autori vari “La famiglia dopo le riforme”, Ed. Giuffrè, 2015

[18] Bruno De Filippis, op. citata

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Stefania Tonini