Pareri deontologici e ordinamentali

Pareri deontologici 9/3/2016

Riferisce il Consigliere Avv. Annalisa Atti sulla richiesta di parere pervenuta da parte dell’avv. Tizio, in merito al comportamento dovuto dal difensore iscritto nell’elenco degli avvocati ammessi alla difesa del beneficiario del patrocinio a spese dello Stato.

Chiede in particolare il Collega:

  1. se un cliente espone i propri problemi economici al proprio difensore, questi è tenuto a presentare autonomamente istanza di ammissione al beneficio a favore dell’assistito, indipendentemente dalla richiesta del cliente?
  2. il difensore iscritto in elenco è obbligato ad accettare di assistere un cliente che chiede di beneficiare dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ma non presenta i documenti per l’incombente?
  3. il difensore di fiducia è obbligato ad accettare la pratica di un cliente, che intende essere difeso da quel difensore e non da altri?

Dal tenore dei quesiti, pare di intuire che il richiedente si riferisca al patrocinio a spese dello Stato nei giudizi penali; tuttavia la maggior parte delle questioni riguardano anche il patrocinio a spese dello Stato nei giudizi civili, dunque – laddove non vi siano specificazioni diverse – le risposte si intendono valide per entrambe le tipologie di attività.

  1. In base all’art. 27, comma 4, CDF, “L’avvocato, ove ne ricorrano le condizioni, all’atto del conferimento dell’incarico, deve informare la parte assistita della possibilità di avvalersi del patrocinio a spese dello Stato”. Dunque, costituisce dovere professionale del difensore indagare se il proprio cliente si trovi nelle condizioni di esser ammesso al patrocinio a spese dello Stato, ed in caso di sussistenza dei requisiti, prospettare allo stesso la possibilità di avvalersi del beneficio. Tuttavia, la volontà del cliente è, sotto questo come sotto altri profili, incoercibile e insostituibile; dunque, qualora un assistito, consapevole di poter fruire del beneficio, non intenda richiederlo, non può farlo al suo posto e contro la sua volontà il difensore. Appare oltre modo opportuno, ed anche necessario ad attestare il corretto adempimento dell’obbligo informativo, redigere una informativa scritta sull’argomento, che dovrà esser debitamente sottoscritta dal cliente.
  2. Il quesito presuppone una risposta diversa per l’attività svolgenda in sede civile ed in sede penale.
    Infatti, secondo l’art. 109 TU spese di giustizia (DPR 115/2002) in penale “Gli effetti decorrono dalla data in cui l’istanza è stata presentata o è pervenuta all’ufficio del magistrato o dal primo atto in cui interviene il difensore, se l’interessato fa riserva di presentare l’istanza e questa è presentata entro i venti giorni successivi”, mentre in civile (art. 131 TU) gli effetti decorrono dall’ammissione (recte, dalla presentazione dell’istanza di ammissione); ciò comporta che in penale può accadere che il soggetto interessato rivendichi la concessione del beneficio, e incarichi su tale presupposto il difensore, senza aver (ancora) presentato alcuna documentazione idonea a supportare l’ammissibilità della sua istanza; mentre in civile ciò non può accadere.
    Sarà compito del difensore (in penale) avvertire il cliente della necessità di produrre tutta la documentazione utile entro 20 giorni dalla istanza di “prenotazione”, pena la non sussistenza del beneficio; anche su ciò andrà redatta idonea informativa. Sia in penale sia in civile, ad ogni modo, qualora il cliente, debitamente avvertito ed informato, non fornisca la documentazione reddituale idonea a supportare l’istanza di ammissione, nessuna responsabilità potrà essere addossata al difensore (se egli proverà di aver regolarmente adempiuto ai propri obblighi informativi, anche ai sensi dell’art. 27 CDF, e per evitare di incorrere nel divieto di cui all’art. 29 comma 8 CDF).
  3. Secondo l’art. 11 CDF, così come “L’avvocato iscritto nell’elenco dei difensori d’ufficio, quando nominato, non può, senza giustificato motivo, rifiutarsi di prestare la propria attività o interromperla” (comma 3), ugualmente “L’avvocato iscritto nell’elenco dei difensori per il patrocinio a spese dello Stato può rifiutare la nomina o recedere dall’incarico conferito dal non abbiente solo per giustificati motivi” (comma 4). Ciò, a parziale deroga di quanto previsto nel comma 1 del medesimo articolo, “L’avvocato è libero di accettare l’incarico”, in quanto l’alta funzione sociale e costituzionale, svolta dal difensore d’ufficio e dell’ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, giustificano la diminuzione della discrezionalità nell’accettazione dell’incarico, tipica del carattere fiduciario del contratto d’opera professionale usuale. La differenza tra i due casi ora accennati sta nel fatto che il difensore d’ufficio non è mai incaricato fiduciariamente dall’assistito, mentre il difensore del beneficiario del patrocinio sempre; ma questa differenza non incide significativamente sulla possibilità dell’avvocato di rifiutare l’incarico, poiché prevale in ogni caso la salvaguardia del munus di tutela del soggetto, debole o svantaggiato, per consentire la realizzazione della garanzia costituzionale della difesa (art. 24 Cost.).

Il Consiglio ringrazia il Consigliere avv. Atti per il riferimento e manda all’Ufficio di Segreteria di comunicare il parere all’avv. Tizio.


 

Riferisce il Consigliere avv. Annalisa Atti sulla richiesta di parere presentata dal sig. Caio relativamente al comportamento dell’avv. Mevio

Il sig. Caio venne ammesso, con delibera del Consiglio dell’Ordine avvocati di Bologna del 26/3/2013, al patrocinio a spese dello Stato (su istanza personalmente presentata) per causa (come indicata in istanza) da promuoversi davanti al “Tribunale di Bologna – sezione lavoro” “per il rinnovo del contratto di lavoro”. Dopo l’ammissione, il signor Caio si rivolse nell’estate 2013 all’avv. Mevio, per essere assistito nel giudizio da promuovere. L’avv. Mevio, sulla base del solo racconto del signor Caio e in assenza di qualsiasi documentazione presentatale, ritenne necessario e opportuno preliminarmente procedere ad una istanza di accesso agli atti presso il Comune di Bologna, al fine di poter valutare la fondatezza delle pretese prospettatele dal signor Caio, circa le quali era necessario studiare la esatta fattispecie concreta, individuare il tipo di azione da intraprendere e il Giudice nel caso competente (TAR o Tribunale ordinario); ciò anche al fine di potere, se del caso, modificare la istanza di ammissione al patrocinio sull’esatta azione da intraprendere. Ella dunque predispose istanza di accesso agli atti, che venne materialmente depositata dal signor Caio e per la quale emise fattura a carico del signor Caio, regolarmente saldata.

Dopo aver adeguatamente ricostruito i fatti e le questioni giuridiche coinvolte, l’avv. Mevio raccolse il mandato defensionale dal signor Caio, e intraprese giudizio contro il Comune di Bologna davanti al Tribunale di Bologna – sezione lavoro, per perdita di chance (nessun “contratto di lavoro” poteva esser “rinnovato”, trattandosi di pretesa esclusione, o meglio mancata reinclusione, da graduatorie dopo sospensione disciplinare dalle stesse a carico del cliente); attività per la quale, a chiusura, le venne liquidato compenso a spese dello Stato.

Il signor Caio esprime ora il dubbio che l’attività di redazione dell’istanza di accesso agli atti sia stata da lui indebitamente pagata, perché a suo parere essa avrebbe dovuto ritenersi compresa nell’attività più complessiva per la quale egli era stato ammesso al beneficio, trattandosi di mera attività prodromica all’attività giudiziale.

L’avv. Mevio, invece, ritiene che l’attività stragiudiziale, quando non sia obbligatoria per legge (come nel presente caso) e sia dotata di autonoma rilevanza, sia esclusa dal patrocinio a spese dello Stato, e debba essere ricompensata dal cliente; nel caso specifico, prima dello studio dei documenti ottenuti a seguito di istanza di accesso agli atti, era infatti del tutto incerto se posizione da tutelare vi fosse, e quale, e come, e in che sede.

Un tentativo di conciliazione, esperito dal relatore non è andato a buon fine per rifiuto, da parte del signor Caio, delle condizioni proposte, pur dopo che egli aveva dichiarato disponibilità in tal senso.

La determinazione di cosa si intenda per attività stragiudiziale compresa o esclusa dal provvedimento di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, è questione assai dibattuta in dottrina e giurisprudenza. Si può dire che l’attività stragiudiziale che sia strettamente correlata e finalizzata alla successiva o precedente attività giudiziale, senza alcuna autonomia e autonoma rilevanza rispetto ad essa, in conformità alla giurisprudenza prevalente (Cass. 24723/11, Cass. 9529/2013) è da intendersi ricompresa nell’ambito di attività svolta in seno a quella compensabile a spese dello Stato (è stata dunque ritenuta inclusa l’attività svolta per il raggiungimento di una transazione a chiusura del contenzioso, o la redazione di una bozza di ricorso per separazione consensuale poi sfociato in un procedimento giudiziale; ciò in quanto le questioni studiate e risolte erano identiche a quelle proprie dell’attività giudiziale svolta. Analogo discorso deve esser fatto per lo svolgimento di attività prodromiche obbligatorie per legge, quali il tentativo obbligatorio di conciliazione nel processo del lavoro (e, anche se la questione è più controversa, per il procedimento di mediazione condizione di procedibilità – e si dovrebbe ugualmente dire anche per la negoziazione assistita, ove condizione di procedibilità).  Dove questa stretta correlazione ed identità non vi sia, l’attività stragiudiziale prestata esula dai confini dell’attività coperta dal beneficio, ed è legittimo, per il difensore, chiedere il pagamento del relativo compenso all’assistito (si veda in questo senso la pronuncia CNF n. 210/2011).

Nel caso di specie, la situazione di fatto prospettata dal signor Caio era completamente sfornita di qualsiasi appiglio, fattuale e documentale, idoneo a consentire un corretto inquadramento della fattispecie, ed anzi addirittura la esistenza e fondatezza della pretesa. Infatti, all’esito dell’esame sulla documentazione, reperita solo mediante istanza di accesso agli atti, fu possibile modificare completamente l’azione esperibile (non certo rinnovo del contratto di lavoro, non in essere da molti anni, e neppure reinserimento in graduatoria, come pure sembrava inizialmente possibile, ma con azione davanti al TAR e non davanti al Tribunale di Bologna, autorità invece identificata dal signor Caio in istanza), agendo per perdita di chance, con successo. Dunque, questa attività stragiudiziale, peraltro precedente l’effettivo conferimento di incarico defensionale, legittimamente è stata compensata dal Cliente, in quanto dotata di autonoma rilevanza e non avente oggetto identico alla ipotizzata prima, ed effettivamente esperita poi, attività giudiziale.

Il Consiglio ringrazia il Consigliere avv. Atti del riferimento e manda all’Ufficio di Segreteria di comunicare il parere all’istante sig. Caio.

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