Pareri deontologici e ordinamentali

Difesa di società commerciale prefallimento e successivo patrocinio di creditore della medesima – Verbale adunanza del 29/07/2015

Riferisce il Consigliere Avv. Sergio Palombarini sulla lettera pervenuta in data 23 gennaio 2015 dall’Avv. Antonio Verdi con la quale chiede se, secondo i principi deontologici, “l’assistenza di una società in bonis mediante costituzione nell’interesse della medesima nella fase di istruttoria prefallimentare, conclusasi con dichiarazione di non luogo a provvedere sull’istanza di fallimento ex art. 196 l. fall. per intervenuta apertura della procedura di liquidazione coatta amministrativa, osti all’assunzione di incarico professionale in favore di un creditore che intenda proporre opposizione allo stato passivo della liquidazione coatta amministrativa della medesima società”

Nel caso di specie debbono essere considerati i dettami dell’art. 68 del Codice Deontologico, che dispone: “Assunzione di incarichi contro una parte già assistita – 1. L’avvocato può assumere un incarico professionale contro una parte già assistita solo quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale. 2. L’avvocato non deve assumere un incarico professionale contro una parte già assistita quando l’oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza. 3. In ogni caso, è fatto divieto all’avvocato di utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito. 4. L’avvocato che abbia assistito congiuntamente coniugi o conviventi in controversie di natura familiare deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno di essi in controversie successive tra i medesimi. 5. L’avvocato che abbia assistito il minore in controversie familiari deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno dei genitori in successive controversie aventi la medesima natura, e viceversa. 6. La violazione dei divieti di cui ai commi 1 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi. La violazione dei doveri e divieti di cui ai commi 2, 3 e 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.

Nel caso in esame il richiedente ha dapprima assistito la società in bonis, assistendo la stessa in fase pre fallimentare, successivamente la società è stata posta in liquidazione coatta amministrativa, ed il richiedente ha ricevuto l’incarico da parte di un creditore della società stessa di promuovere opposizione allo stato passivo predisposto dagli organi della procedura.

Da qui sorge il quesito se assumere la nuova difesa possa considerarsi deontologicamente corretto.

Va premesso che il richiedente non precisa un dato importante, ossia se tra la costituzione in giudizio a favore della società in bonis (o meglio tra la chiusura del rapporto professionale con la società in bonis, rapporto che potrebbe anche non essersi esaurito con la predetta attività) e la ipotetica assunzione del mandato per promuovere la opposizione allo stato passivo siano passati o no i due anni previsti dall’art. 68 comma 1 CDF. Il dato rileva perché in caso negativo il richiedente non potrebbe assumere la nuova difesa.

Poiché il richiedente chiede parere al COA è da supporre che i due anni non siano trascorsi, e quindi  si procede nella redazione del presente parere tenendo fermo tale presupposto, seppure solo sul piano teorico ed ipotetico.

Nel merito pare al Consiglio che in riferimento al primo comma dell’art. 68 sul piano formale e letterale non sussista incompatibilità ex art. 68 del Codice deontologico forense.

La procedura di liquidazione coatta amministrativa è una procedura di carattere pubblico destinata ad alcune particolare imprese caratterizzate dalla particolare dimensione e da rilievo pubblico (banche, assicurazioni, ecc); i suoi organismi hanno funzioni pubblicistiche, il commissario è considerato pubblico ufficiale, ed ha la rappresentanza legale. L’imprenditore è spossessato di ogni sua funzione sia materiale che giuridica. Il Commissario opera nell’interesse non dell’imprenditore (colui che originariamente aveva conferito il mandato al richiedente), ma della massa dei creditori.

Si può dunque concludere che la procedura della liquidazione coatta amministrativa è soggetto giuridico formalmente diverso dalla società, per cui – in questa prospettiva – si esula dalla norma in esame.

Sul piano sostanziale invece parrebbe utile ed opportuno un maggiore approfondimento per comprendere il concreto svolgersi della vicenda in esame.

In particolare, il Consiglio osserva che il secondo comma dell’art. 68 recita: “2. L’avvocato non deve assumere un incarico professionale contro una parte già assistita quando l’oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza.“.

Se si ritiene di dare maggiore rilevanza a tali previsioni, al di là dell’aspetto formale, volendo dunque evitare che un avvocato utilizzi strumentalmente informazioni ottenute in forza di un mandato adempiuto al fine di adempiere ad un diverso successivo incarico, ebbene in tale prospettiva il caso sottoposto potrebbe configurare un caso di incompatibilità “sostanziale”, dato che sicuramente il secondo incarico non può ritenersi estraneo al primo; in ogni caso di certo si è di fronte ad una ipotesi di inopportunità sul piano generale del rapporto tra le parti in gioco e sulla trasparenza dei loro rapporti.

Infine il Consiglio deve considerare quanto previsto dal terzo comma dell’art. 68: “3. In ogni caso, è fatto divieto all’avvocato di utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito“.

Si dovrebbe dunque accertare se il richiedente, nell’espletamento dei due mandati professionali, possa incorrere nella violazione di tale disposto.

Per giungere ad una compiuta consapevolezza in tal senso sarebbe opportuna una più approfondita conoscenza degli atti presupposti della vicenda in esame, vale a dire l’atto di costituzione redatto originariamente per la società in bonis, ed il successivo ricorso di impugnazione dello stato passivo.

Solo dall’esame degli atti indicati sarebbe possibile comprendere se esistano dei concreti e sostanziali profili di incompatibilità o inopportunità tra i due diversi incarichi, ossia se per la promozione del ricorso di opposizione il richiedente abbia utilizzato dati ed informazioni raccolte in ragione dell’attività svolta ai fini della redazione dell’originario atto di costituzione per la società.

Si rende pertanto parere nei termini sopra indicati.

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