Speciale Congresso FBE Bologna

Nuove famiglie e nuove sfide

Differenti concetti e discipline dei matrimoni etero e omosessuali: le procedure e le liti internazionali circa la protezione e l’affidamento dei figli

Le nuove declinazioni familiari al tempo della cultura delle differenze: dal matrimonio etero e omosessuale, al rapporto genitori-figli nella pluralità delle relazioni familiari. Il panorama giuridico europeo a confronto


Che cos’è oggi la famiglia

Quando si parla di famiglia viene da pensare, sul piano antropologico e sociologico, ad un gruppo sociale caratterizzato dalla residenza comune, dalla cooperazione economica e dalla riproduzione[1]; sul piano giuridico, a un rapporto di convivenza, di parentela, di affinità, da cui discendono diritti e doveri normati o anche scevri da regolamentazione[2].

Nella società della cosiddetta tarda modernità, a fronte della complessità delle diverse configurazioni in cui si può presentare la famiglia – nucleare, estesa, ricomposta, multipla, senza struttura – si è assistito al passaggio dal tradizionale modello di famiglia fondata sul matrimonio, composta da coppia eterosessuale e da figli biologici (non più oggetto di una specifica centratura), a più modelli familiari/genitoriali differenti e multiformi (coppie/famiglie omosessuali, figli adottati, riconosciuti), che hanno spostato semmai il contesto della tutela dal parenting all’”essere figli”, alla discontinuità tra genitorialità e matrimonio eterosessuale. La funzione genitoriale, dunque, può essere adeguatamente esercitata anche «in contesti familiari in cui i ruoli coniugali non sono necessariamente legati alla differenza di genere dei partner, come nel caso di coppie/famiglie omosessuali (discontinuità tra differenze di genere e differenze di ruolo coniugale)», ma anche «in quei contesti in cui l’identità di genere di uno o di entrambi i genitori non è quella biologicamente determinata ma in via di ridefinizione del genere (famiglie con genitore/i transessuali)».[3]

Si apre così l’orizzonte all’affermazione di nuovi scenari familiari, nei quali si possa affermare l’essere partner e genitore, senza distinzione fra identità o diversità di genere[4].  Si amplificano, nel contesto sociale occidentale, nuclei familiari alternativi a quello matrimoniale tradizionale, nei quali – da più parti si è detto e si è affermato – è il profilo dei genitori ad essere determinante per la crescita dei figli, non tanto la qualificazione sessuale di chi forma la famiglia affettiva.  Una coppia genitoriale etero o same sex o trans sessuale viene, dunque, considerata e valutata come idonea, non tanto in ragione del sesso e del genere dei singoli genitori, quanto perché questi sono capaci di garantire affidabilità, sostegno economico ed affettivo alla prole, competenze di cura e di educazione, in grado d’assicurare alle nuove generazioni una crescita sana ed armoniosa. Ciò che si traduce nel fulcro della responsabilità genitoriale, quale riconoscimento dell’insieme dei rapporti affettivi e di accudimento, regola che vale per i genitori biologici, adottivi, “sociali”, con i correlativi diritti e doveri.

La famiglia, dunque, non è più un’entità immobile (sarebbe del resto illusorio pensarlo), non è una realtà “naturale” da imporre agli individui, quanto piuttosto «una categoria sociale, che non è né fissa, né immutabile nella forma della famiglia tradizionale-convenzionale, eterosessuale e fondata sul matrimonio».[5]

Sarebbe altrettanto illusorio, tuttavia, pensare che la categoria “delle famiglie”, nelle sue differenti configurazioni, possa rappresentarsi esclusivamente come relazione di vita intima e familiare, di scelte e di organizzazione «dell’universo privato delle persone», senza tener conto della costruzione giuridico-politica che ha caratterizzato, nella quasi totalità dei paesi occidentali, il riconoscimento in posizione di eguaglianza dei diversi modelli familiari, ma altresì e soprattutto di eguaglianza all’interno della coppia.

A fronte del riconoscimento dell’autonomia delle persone e della organizzazione familiare, infatti, è comunque indispensabile che ciò avvenga «nei limiti del rispetto dei diritti fondamentali dei suoi componenti», e di alcuni principii di natura generale, quali «la solidarietà, la mutua assistenza, il reciproco rispetto fra i componenti dell’unità familiare» e soprattutto venga assicurato «l’interesse superiore dei figli al cui esclusivo beneficio deve essere esercitata la responsabilità genitoriale». [6]

L’evoluzione dell’istituto familiare nel sistema normativo italiano

Nell’evoluzione della società italiana, nel corso degli ultimi anni, si è assistito al passaggio dalla tradizionale famiglia fondata sul matrimonio, ad altri tipi familiari (alcuni dei quali normati e tipizzati nel nostro ordinamento), quali: – la famiglia nucleare «riferita alla coppia ed agli eventuali figli»; – la famiglia allargata «che ricomprende, a vari effetti giuridici, parenti ed affini»; – la famiglia composta da persone dello stesso sesso civilmente unite[7] «che comprende i membri della coppia ed eventualmente – ma il profilo è controverso – i figli di una parte  dell’unione civile»; – la famiglia non matrimoniale «intesa come convivenza di due partner – di sesso diverso o eguale – ed eventualmente dei loro figli».[8]

Questi ultimi tipi di composizione familiare sono stati recentemente introdotti nel sistema giuridico, precisamente prevedendo la famiglia, altresì, «fondata su una convivenza rilevante ai sensi dell’art. 1 comma 36 della L. 20 maggio 2016, n. 76 e quella costituita da persone dello stesso sesso unite civilmente»[9].

Se, dunque si è legislativamente articolata una varietà di modelli familiari alternativi all’istituto matrimoniale tradizionale, si è altresì assistito alla formazione di altre tipologie di relazioni familiari, che discendono per esempio, «dalla famiglia destrutturata – formata da persone separate o divorziate, ma nondimeno unite dalla presenza di figli comuni».[10]

Si è, così, assistito all’espandersi della rilevanza della cosiddetta famiglia ricomposta, tanto più significativa, se si pensa che essa rappresenta non solo l’unione tra persone che abbiano già formato un precedente nucleo familiare (persone vedove o reduci da precedente divorzio), ma anche «tra persone che abbiano già vissuto un’esperienza familiare fondata sulla convivenza, o che, pur non avendo mai formato una coppia unita, abbiano generato un figlio con una persona diversa dal nuovo partner».[11] Ciò vale tanto per le persone della coppia di sesso diverso, quanto pe quelle di sesso uguale, appalesandosi la crescente importanza della figura del genitore “sociale” non biologico, «con il quale il minore abbia instaurato un significativo rapporto affettivo».[12]

Al riguardo è stato rilevato dalla migliore dottrina che, pur in presenza dell’espandersi dell’importanza della famiglia ricomposta, tuttavia si evidenzia ancora la difficoltà di ricondurre «le complesse fattispecie che di volta in volta si configurano entro il disposto di norme quasi sempre concepite in funzione del paradigma della famiglia fondata sul matrimonio e nelle quali la crisi del rapporto di coppia era considerata nella sola prospettiva del divorzio». Prospettiva che non sembra tener conto di quella fase successiva che ha assistito alla creazione di nuove forme familiari, vale a dire «alla creazione di trame di rapporti assai più complesse», rispetto al modello di una disciplina rimasta per decenni inaltarata, sino ad oggi (cfr Al Mureden, op. cit).

Le unioni civili quali famiglie composte da persone dello stesso sesso; il problema delle adozioni

La disciplina legislativa dell’unione civile, com’è noto, ha avuto il merito di riconoscere forme di convivenza alla coppia formata da persone dello stesso sesso, basata su vincoli affettivi ed economici, alla quale la Legge n. 76/2016 attribuisce, con uno specifico istituto, uno status giuridico analogo, per molti aspetti, a quello conferito dal matrimonio.

Il riconoscimento da parte dell’ordinamento italiano è pervenuto in seguito ad un acceso dibattito, a livello politico e parlamentare, ritenendo dai più arrivato il momento di affermare anche per le persone dello stesso sesso il diritto di formare una famiglia e di avere tutele normativamente garantite.

L’evoluzione del nuovo istituto si è, d’altro canto, inserita ed uniformata nel più ampio panorama offerto dalle legislazioni di molti Paesi dell’area europea, dotati, negli ultimi anni, di sistemi legislativi che riconoscono e garantiscono diritti ai componenti dell’unione civile, sino al riconoscimento del matrimonio

Nell’Unione europea il quadro relativo alla legislazione sulle convivenze è molto variegato. Alcuni Paesi hanno adottato l’unione registrata, denominata anche partnership o coabitazione registrata, che garantisce specifici diritti e doveri anche alle coppie dello stesso sesso, oltre che alle convivenze formate da uomo e donna. I diritti e doveri possono essere identici, lievemente diversi o molto diversi da quelli delle coppie normalmente sposate. La registrazione è a volte aperta anche alle coppie etero non sposate; è il caso della Geregistreerd Partnerschap, unione registrata approvata nei Paesi Bassi, e del PACS (“Patto civile di solidarietà“) approvato in Francia. In alcuni casi invece l’unione civile è ammessa esclusivamente per coppie omosessuali (Germania, §1 Abs.1 LPartG)[13].

Altri Paesi hanno scelto di regolarizzare le unioni civili con la coabitazione non registrata, con la quale alcuni diritti e doveri sono automaticamente acquisiti dopo uno specifico periodo di coabitazione.

Paesi europei come i Paesi Bassi, il Belgio e la Spagna hanno – oltre ad avere approvato il riconoscimento giuridico delle coppie non coniugate di qualunque sesso – anche aperto l’istituto giuridico del matrimonio alle coppie dello stesso sesso, per realizzare la parità perfetta tra etero e omosessuali.

Il legislatore italiano, definendo l’unione civile quale “specifica formazione sociale”, regolando i presupposti e le modalità della sua costituzione (che può essere sia unione civile, convivenza di fatto, convivenza senza formalizzazione), non ha ritenuto di poter riconoscere alle coppie omosessuali e lesbiche uguale diritto al matrimonio, che rimane di esclusiva prerogativa delle persone di sesso diverso. Pur applicandosi il principio di non discriminazione in ragione dell’orientamento sessuale, tuttavia il nostro ordinamento rimane ancorato al modello di matrimonio accolto dalla Costituzione e dal codice civile nella sua originaria stesura del 1942.

Alcuni Paesi europei, quali l’Olanda (2001), la Norvegia (2008), la Svezia (2008), l’Islanda (2010), la Danimarca (2012), hanno per primi superato il modello della registered partnerschip ed hanno esteso la possibilità di contrarre matrimonio alle coppie dello stesso sesso. A tale orientamento, si sono affiancati anche il Belgio (2003), la Spagna (2005), il Portogallo (2010), la Finlandia (2013), la Francia (2013), l’Inghilterra (2013), il Lussemburgo (2014), la Grecia (2015) e l’Irlanda (2015)[14].

L’altro aspetto fortemente dibattuto in Italia è stato quello della possibilità o meno di adottare un figlio per la coppia omossessuale, finendo il legislatore per privilegiare la tesi che esclude per ciascun membro dell’unione civile tale possibilità, forse sul presupposto ed il timore che si potesse incentivare il ricorso alla maternità surrogata o alla PMA eterologa[15].

La novella n. 76/2016, infatti, non consente la possibilità di adozione, essendo stata eliminata dal testo originario, poi licenziato, la precedente previsione (art. 4), che consentiva espressamente la possibilità di adottare nelle forme dell’adozione dei casi particolari ex art. 44 L. 184/83 il figlio del partner dello stesso sesso ed il ricorso all’adozione internazionale.[16]

L’unico riferimento rimasto nel testo legislativo approvato è quello, per vero di ripiego, che recita «resta fermo, quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti», locuzione che, comunque, esclude la possibilità di adozione da parte dei membri (o di uno dei membri) dell’unione civile, sia di adottare il figlio del compagno/a omosessuale e lesbica da questi generato nel corso di altra relazione (c.d. stepchild adoption), sia da parte di entrambi i componenti la coppia omosessuale di adottare i figli di altre persone.

Il tema dei rapporti con la filiazione, tuttavia, e la necessità di offrire tutela ai legami instaurati tra il partner omosessuale e i figli del convivente, hanno posto l’accento sulla interpretazione da dare al richiamo normativo contenuto nell’art. 1 comma 20 della novella, vale a dire «quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti».

Esclusa, pertanto, la possibilità di adozione legittimante e piena, rimaneva da valutarsi la compatibilità dell’art. 44 L. 184/83 con le norme che regolano l’unione civile. Sulla scorta del (pur ambiguo) riferimento a quanto consentito dalla L. n. 76/2016, la giurisprudenza (pur divisa) ha ritenuto che la sola forma di adozione praticabile sia quella di cui all’art. 44, comma 1, lettera d) L. 184/83, che contempla i casi in cui vi è “impossibilità di affidamento preadottivo” del minore, strada percorsa da vari Tribunali per i Minorenni[17], indirizzo recentemente confermato anche dalla Cassazione, affermando che l’adozione in casi particolari può essere dichiarata a prescindere dalla sussistenza di una situazione di abbandono del minore[18].

Accanto alla giurisprudenza formatasi di riconoscimento dell’adozione in casi particolari, si è poi formata altra corrente giurisprudenziale, che ha ritenuto possibile il riconoscimento, nell’ordinamento italiano, di sentenze di adozione piena e legittimante emesse da giudici stranieri, «reputandole non contrarie all’ordine pubblico internazionale[19][20]».

Ed, infine, un’altra via percorsa dalla recente giurisprudenza è stata quella del riconoscimento degli atti di nascita formati all’estero, per attribuire rilevanza ai rapporti di filiazione nell’ambito delle convivenze omosessuali (ex artt. 17, 18 e 19 del d.pr. n. 396/2000 e dell’art. 33 della Legge n. 218/1995)[21].

In ambito europeo, le coppie dello stesso sesso possono accedere all’adozione di minori nei Paesi, quali la Spagna, la Francia, la Germania, il Regno Unito, il Belgio, i Paesi Bassi, il Lussemburgo, la Svezia, la Norvegia, la Danimarca, l’Austria, l’Islanda, l’Irlanda, il Portogallo, la Finlandia, Malta.

Il confronto con gli altri ordinamenti giuridici europei

L’esperienza italiana in tema di unioni civili e di filiazione verrà confrontata nell’ambito di una disamina approfondita, offerta in sede congressuale, sulla evoluzione sociale, sociologica, culturale e giuridica delle relazioni familiari in ambito europeo.

A conclusione di questo breve excursus non pare dubbio che il tema del matrimonio e dell’adozione per persone same sex sia senz’altro controverso e fonte di dibattito nelle varie sfere di indagine, sia essa etica, psicologica e giuridica. E’ altrettanto vero, a parere di chi scrive, che non possano essere i convincimenti personali e le posizioni individualistiche ed ideologiche a definire i confini della legittimità o meno di una relazione di convivenza affettiva e di coppia genitoriale, non necessariamente legata alla differenza di genere dei partner. Si è visto, infatti, come gli ultimi decenni abbiano mutato, con repentino cambiamento, molti degli aspetti in cui si configura e si struttura (o si destruttura) la famiglia, comportando un indispensabile approccio multidisciplinare al fenomeno.  D’altro canto, il significato del termine famiglia, i criteri di definizione sociale, sociologica e giuridica sono in costante mutamento, arricchendo il panorama di nuovi idiomi, rappresentazioni, scenari di tutela giuridica.

Si parla di “famiglia degli affetti”, quale valore della relazione, indipendentemente dalla peculiarità di chi esercita la responsabilità genitoriale, nella sua declinazione sociale, affettiva, di cura.

Accanto al sistema-famiglia come evolutivamente declinato, anche il sotto sistema-filiazione si è arricchito di riformulazioni giuridiche e di profondi mutamenti identitari, potendosi parlare di figli biologici, figli di coppie non sposate, figli di genitori adottivi, figli di coppie ricomposte, figli di coppie omosessuali, figli di coppie transessuali, per fare qualche esempio.

L’occasione del Convegno, nel corso del quale verranno presentate relazioni a confronto sulle tematiche in oggetto, consentirà senza dubbio di sollecitare riflessioni e dibattiti sulle caratteristiche delle differenti relazioni familiari, anche nell’espressione del dubbio e della diffidenza che taluni argomenti possono suscitare. Ciò a partire dalla disamina delle più rilevanti legislazioni nazionali in ambito europeo, della giurisprudenza CEDU con particolare riguardo all’interpretazione dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, delle esperienze in campo giuridico, sociale e sociologico offerte dai rappresentanti invitati di alcuni Stati membri dell’UE.

Un panorama della cultura psicologica, sociologica e giuridica di matrice europea delle relazioni familiari, dunque, nell’accezione più ampia, come sopra rappresentata, vista e confrontata alla luce di una attenta e fluida prospettiva comparatistica.

Il programma scientifico e la disamina comparatistica delle discipline normative europee con riguardo ai nuovi scenari familiari

Il Convegno si propone di riflettere, fondamentalmente, su due argomenti chiave nell’interpretazione degli eventi che riguardano le accezioni della famiglia, come oggi declinata: da un lato, lo stato dell’arte del diritto di famiglia europeo, con le sue implicazioni in termini di affermazione dei diritti delle persone, senza distinzione di genere, a creare una propria famiglia (famiglia etero o omosessuale, matrimonio same sex ed unioni civili); dall’altro, la responsabilità genitoriale verso i figli, la specificità della relazione genitoriale nelle famiglie con due genitori dello stesso sesso, le ricerche sulla genitorialità omosessuale, le controversie sul suo riconoscimento e le implicazioni sulla filiazione.

Con particolare riguardo al tema dell’omogenitorialità, verrà approfondito sia l’aspetto giuridico, nel senso della disamina delle ragioni provenienti dai genitori same sex di riconoscimento delle loro relazioni e dei legami con i figli e di legittimazione fondata sul principio di non discriminazione dei minori, sulla base dell’art. 2 della Convenzione ONU del 1989. Non solo, verrà approfondito il tema, caro alla cultura giuridica, sul concetto del perseguimento dell’interesse superiore del minore, nella prospettiva di ricoscimento di forme di filiazione che non presentino una differenziazione fra la linea paterna e materna, con le conseguenze sul piano dell’appartenenza genealogica e di equilibrio psico-fisico del minore; sia l’aspetto psicologico, con una disamina delle varie posizioni assunte, nei recenti anni, dalla psicanalisi sulla questione della omogenitorialità (il problema della non accettazione e della diffidenza sociale verso figli di coppie omosessuali).

Non da ultimo, saranno oggetto di confronto le esperienze transnazionali su delicate questioni relative alle costruzioni di combinazioni variabili dei ruoli genitoriali, al di là dei legami biologici e dei ruoli del materno e del paterno, dalle quali possono derivare: –a) coppie gay o lesbiche con figli nati dalla precedente unione eterosessuale di uno dei partner: – b) coppie omosessuali con figli nati mediante le tecniche riproduttive (NTR): fecondazione medicalmente assistita o autoinseminazione, per le donne, gestiazione di sostegno (surrogacy) per gli uomini; – c) coppie omosessuali in cui sono presenti figli nati da una precedente relazione omosessuale; – d) coppie omosessuali con figli adottivi; – e) famiglie multigenitoriali costituite da coppie omosessuali con figli nati mediante le NTR, che condividono la genitorialità (con gradi e modalità diverse di coinvolgimento), o con il donatore di seme (nel caso di coppia dei lesbiche), o con la portatice-madre surrogata (nel caso di coppia di gay).[22]

Il programma scientifico ha, dunque cercato di spaziare nell’ambito europeo del diritto familiare, penale, processuale internazionale privato e minorile, oltre che psicologico e sociologico, offrendo una ricca disamina comparata sui temi qui elencati (rinviando nello specifico al programma di prossima definizione):

  1. Principii comuni del diritto europeo di famiglia.
  2. Legislazioni europee a confronto: Regno Unito, Italia, Bulgaria, Belgio.
  3. Liti internazionali e aspetti comparatistici nelle relazioni familiari e genitoriali. La giurisprudenza della CEDU e della Corte di Giustizia Europea.
  4. Filiazione, Omogenitorialità, Successioni. Aspetti penalistici: i reati contro la famiglia nella UE.
  5. Aspetti giuridici, psicologici e sociologici. Il ruolo della mediazione familiare in ambito europeo.

Interverranno prestigiosi relatori, provenienti da vari Paesi dell’ambito europeo, esperti di diritto, di psicologia, di sociologia.

Il confronto multidisciplinare si propone di conferire all’esperienza comparata un’occasione di analisi sul tema fra i più coinvolgenti e complessi, quale è quello delle relazioni familiari.

Una riflessione finale: quale futuro?

Allo stato attuale, come visto, la nostra legislazione non prevede un riconoscimento giuridico pieno ed automatico (offrendo la sola giurisprudenza, quale unica soluzione, il ricorso interpretativo offerto dall’art. 44, comma 1, lettera d) L.184/83) di status alla filiazione omogenitoriale, di per sé comportando che in Italia la famiglia composta da persone dello stesso sesso sia ancora considerata una “categoria” familiare in corso di realizzazione.

Ciò avviene, nonostante la varietà delle costellazioni familiari presenti ormai nel panorama sociale, la variegata organizzazione delle famiglie, la constatazione di come le relazioni di affetto prescindano dal vincolo e dal sesso che unisce i genitori e dal modello di famiglia in cui il minore è inserito. Quello che conta, sia sul piano psicologico che sociale, è che il minore stia bene nella famiglia in cui vive, che chi si prende cura di lui eserciti una responsabilità genitoriale consapevole e completa, poiché questo è il principio cardine che proviene dalle linee guida delle Convenzioni internazionali di protezione dei minori e dalle direttive sovranazionali, principio che ha già ispirato la strada percorsa dal legislatore italiano per attuare la riforma della filiazione (L. 10 dicembre 2012, n. 219).

Nel volgere lo sguardo a prospettive future per il sistema giuridico italiano, da più parti si auspica in una revisione preannunciata dell’istituto della adozione, dal quale vengano segnali di cambiamento. In modo particolare, si dovrebbe profilare, perseguendo la finalità del superiore interesse del minore ad essere amato ed inserito in un nucleo familiare, il superamento del requisito del matrimonio degli adottanti e l’apertura dell’adozione piena alle coppie non coniugate, purché stabilmente conviventi, e alla persona singola.[23]

Tale prospettiva comporterebbe una qualche apertura, in applicazione del principio di non discriminazione, alle coppie conviventi dello stesso sesso e alle persone singole in ragione della loro omosessualità, sempre previa verifica dell’idoneità e della valutazione del caso concreto, affinché si realizzi l’interesse del minore. [24]

Ad oggi, com’è noto, la cultura di matrice europea ed occidentale presenta delle caratteristiche peculiari e diverse applicazioni nei differenti paesi, rivelando comunque, sia pure in modo incompiuto e non senza contraddizioni, che la direzione intrapresa si muove verso il riconoscimento delle relazioni familiari comunque identificate (eterosessuale, omosessuale), purché al loro interno si esprima la responsabilità genitoriale adeguata e rispondente a soddisfare i bisogni della prole.

Avv. Stefania Tonini 
Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Bologna
Coordinatore scientifico del Congresso

[1] Murdock (1949)
[2] Vocabolario Treccani.
[3] Maria Garro e Alessandra Salerno “Genitori e figli nei nuovi scenari familiari”, Ed. Franco Angeli, 2014.
[4] Roberta Bosisio e Paola Ronfani “Le famiglie omo genitoriali”, Ed. Carocci, 2015.
[5] Roberta Bosisio e Paola Ronfani, op.cit.
[6] Roberta Bosisio e Paola Ronfani, op.cit.
[7] Legge 20 maggio 2016, n. 76, recante “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e la disciplina delle convivenze”.
[8]  Michele Sesta “Manuale di diritto di famiglia”, Ed. Cedam, 2016
[9] Enrico Al Mureden “Le famiglie ricomposte tra matrimonio, unione civile e convivenze”, in “Famiglia e Diritto”, n. 10/2016
[10] Enrico Al Mureden, op. cit.
[11] Enrico Al Mureden, op. cit.
[12] Enrico Al Mureden, op. cit.
[13] Cfr Wikipedia on line, “Unione civile”.
[14] Michele Sesta, op. cit.
[15] Alessandra Arceri, “Unioni civili, convivenze, filiazione”, in “Famiglia e Diritto”, n. 10/206
[16] Alessandra Arceri, op. cit.
[17] Tribunale per i Minorenni di Roma, sentenza del 30 dicembre 2015 Pres. Cavallo; Corte d’Appello di Milano, sentenza del 9 febbraio 2017 (pres. Canziani, est. Domanico); Cass. civ. 22 giugno 2016, n. 12926, Tribunale Minori Venezia 31 maggio 2017, Tribunale per i Minorenni 6 luglio 2017.
[18] Corte di Cassazione, sentenza n. 12962 del 2016.
[19] Alessandra Arceri, op. cit.
[20] Tribunale d Firenze 2017, Corte d’Appello di Roma 2017
[21] Cass. civ. 15/06/2017 n. 14878.
[22] Roberta Bosisio e Paola Ronfani, op.cit.
[23] Cfr Osservazioni di C M. Bianca nell’ambito dell’indagine conoscitiva in tema di adozione, svolte nella seduta della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati del 23 maggio 2016.
[24] Cfr Autori vari “La filiazione nella coppia omosessuale”10/02/2017.

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Stefania Tonini