Tra il serio e il faceto

Un collega del tutto inatteso

Credo che sia difficile obbiettare all’affermazione secondo la quale la nostra professione ha raggiunto, negli ultimi anni, vette d’impopolarità un tempo sconosciute.

Hanno contribuito a tale esito vari fattori, alcuni riferibili al comportamento di certi colleghi, mediaticamente esposti con atteggiamenti a volte sopra le righe o apertamente faziosi, oppure professionalmente impreparati o ingiustificatamente esosi, e alcuni riferibili agli attacchi provenienti da settori dell’imprenditoria e da organismi quali l’antitrust, che hanno cercato di dipingere un’avvocatura avida, avvinghiata a presunti privilegi, restia a qualsiasi innovazione e insomma arroccata a difesa dei propri interessi, anziché sensibile ai problemi della Giustizia e dei cittadini.

Certo, non siamo ancora ai livelli di pregiudizio nei nostri confronti che hanno conosciuto i colleghi americani, che devono fare i conti con un filone di satira e di storielle incentrato sulla categoria, però anche da noi non mancano ironie e sarcasmi, e soprattutto attacchi mediatici, anche da parte di esponenti governativi e personaggi della televisione.

Alla luce di questo scenario, è apparso davvero singolare quello che hanno riportato i quotidiani on line il 17 aprile scorso.

In tali resoconti gli organi d’informazione hanno dato ampio risalto ad alcuni passi del discorso tenuto ai fedeli da Papa Francesco durante l’udienza generale in Piazza San Pietro, davanti a oltre cinquantamila fedeli. Il Papa, con il suo stile informale e contaminato dal “castellano”, sua lingua madre, ha ricordato l’episodio dell’ascensione di Gesù al cielo, spiegando che “vicino al Padre egli intercede sempre a nostro favore. E’ bello sentire che abbiamo un avvocato. Quando uno è chiamato dal giudice, è in una causa, la prima cosa che fa è chiamare l’avvocato; noi ne abbiamo uno che ci difende sempre, ci difende dalle insidie del diavolo, ci difende da noi stessi, dai nostri peccati. Carissimi fratelli e sorelle, andiamo da questo avvocato non abbiamo paura di andare da lui, di andare a chiedere perdono. Lui ci difende sempre, è il nostro avvocato, ci difende sempre, non dimenticate questo”.

Tuttavia, ha proseguito il Pontefice, per seguire Dio ci vuole una “fedeltà quotidiana alla sua volontà, anche quando richiede sacrificio” e ogni tanto è necessario “cambiare i nostri programmi”. Ma questo lo si può fare nella certezza che “non siamo mai soli, abbiamo questo avvocato che ci attende, che ci difende”. Quindi, ha concluso, se si affida a Gesù la “vita, se ci lasciamo guidare da lui, siamo certi di essere in mani sicure, in mano del nostro salvatore, del nostro avvocato”.

I passaggi di questo discorso, riferiscono gli articoli, sono stati interrotti più volte dall’applauso dei fedeli.

Ritengo che al di là del credo religioso di ognuno di noi, non possa che fare piacere sentire dalla voce del “rivoluzionario” Papa argentino un accostamento così impegnativo, che ha evocato positivamente il ruolo dell’avvocato davanti a un palcoscenico mondiale e a una platea entusiasta.

Questa vicenda mi ha fatto ripensare a una definizione del ruolo dell’avvocato che mi aveva colpito, e che avevo trascritto sulla prima pagina della mia agenda di qualche anno fa: “la difesa trascende l’interesse privato di colui al quale viene prestata e di chi la presta”.

Una definizione in cui il verbo trascendere, grazie a Papa Francesco, sembra assumere ora un nuovo significato.

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Massimo Carrattieri